Metafisica come mistero della pittura
Data: Venerd́, 21 novembre 2008 ore 14:36:44 CET
Argomento: Redazione


Circa cento tra dipinti e disegni, divisi in sei sezioni tematiche, compongono l’esposizione: ‘Mitologia e archeologia’, ‘I d’après dai grandi maestri’, ‘La grande pittura’, ‘Da Rubens’, ‘La Neometafisica’ e ‘Opere su carta’. De Chirico è stato un’artista che la critica non ha mai apprezzato completamente. “De Chirico è la prova vivente - ha commentato Giovanna dalla Chiesa, autrice di un altro saggio contenuto nel catalogo - di come il genio dell’artista sopravviva a qualsiasi tipo di faida politica e mercantile. La sua sorte è frutto del grande provincialismo dell’Italia negli anni ‘30, ma anche dell’influenza del cubismo nei mercanti francesi, che poi passarono tutti a sostenere il surrealismo. De Chirico è stato combattuto soprattutto per questo”.

La mostra parte idealmente dal 1919. “In quell’anno - ha spiegato Mario Ursino, curatore dell’esposizione - De Chirico visita la Galleria d’arte moderna e scrive un articolo di fuoco in cui ha parole negative per gli artisti e per il museo. Contemporaneamente in quell’anno aveva visitato la Galleria Borghese e aveva ammirato un quadro di Tiziano rimanendone colpito. Il mistero della metafisica
Canzone Meridionale

non è altro che il mistero della pittura, della tecnica”.   Sapeva di essere immortale. O meglio, sapeva che tale l'avrebbe reso il contenuto sublime della sua arte: solida, silenziosa, immobile. Pittura enigmatica e sospesa.
Ai tempi di Picasso e Apolinnaire Giorgio De Chirico respinge le avanguardie e le astrazioni cubiste del primo Novecento: torna al mare e ai templi della Grecia dove era nato (Volos 1888), alle basiliche deserte, alle rovine dell'antica Roma, ai sogni e agli incubi dell'arte rinascimentale, «fenomeno di bellezza metafisica cha ha qualcosa di primaverile e di autunnale nel tempo stesso».
Nel museo di Villa Borghese, a Roma, scopre Tiziano e si dispone all'antico. Ettore e Andromaca, il Pensatore, gli Archeologi, le Muse inquietanti sono eroi passati e futuri, figure mitiche pietrificate, decontestualizzate. Manichini, involucri senza volto, senza braccia, senza mani, che rappresentano l'enigma. Metafisici e poetici. Che richiamano Nietzche per l'atmosfera sospesa, per le ombre e le prospettive che sono strumenti visivi per l'artista, di indagine esistenziale per il filosofo. Nella prima sezione "Mitologia e archeologia" della mostra De Chirico e il museo con cui la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma celebra l'artista a trent'anni dalla morte, il mondo antico penetra in tutte le opere. E l'imitazione ne rende visibile l'essenza.

Curata da Mario Ursino, l'esposizione, organizzata in collaborazione con la Fondazione Giorgio e Isa De Chirico, rivela la parte meno conosciuta di del maestro, mostrando opere mai viste, che De Chirico conservava nel suo studio romano e che per Federico Zeri erano "monumenti insigni". Tele dipinte alla maniera di Durer (Lucrezia), Raffaello (La gravida), Michelangelo (dal Tondo Doni): d'aprés, ovvero citazioni del passato. Come il Bacco che riprende la tela di Guido Reni o la Marina ispirata alle Scogliere di Etretat di Courbet. Imitazioni, prove di decadimento e di cattivo spirito dell'artista per Breton e tutto il surrealismo.
La sezione dedicata alla grande pittura mostra rielaborazioni di Ingres, Velàzquez, Renoir, Delacroix, Bocklin. E un inedito, scenografico, Capriccio veneziano alla maniera di Veronese eseguito negli anni in cui De Chirico concentra la sua passione e l'interesse per il colore, per l'olio fiammingo che gli fornisce pennellate serpentinate. E lo conduce a Rubens, modello di studio e di ispirazione. Perché un capolavoro è un'immagine antica sotto una veste nuova. Il prodotto di una fantasia che trasforma ciò che vede: ecco Ninfa e tritone, la Ballata mitologica, La battaglia, Nudo con velo, Testa di donna piangente.

Tra gli anni Sessanta e Settanta torna ai temi della Metafisica, a quella pittura nata nel 1910 con L'enigma di un pomeriggio di autunno in cui spazio e tempo si fossilizzano. Ricapitola temi già trattati: i gladiatori, il pittore di cavalli, il bockliniano ritorno al castello appartengono al capitolo della Neometafisica. Coniuga l'esperienza teatrale allo studio del Barocco e dipinge la scena dell'Interno metafisico con mano di David: oggetti accatastati come memorie, al centro la mano destra del David di Michelangelo e a contenere il tutto due volute che «sembrano smontate dalla lira di Apollo».
E visto che il mestiere di pittore non può prescindere dagli insegnamenti dei maestri antichi che consentono di penetrare il segreto della pittura, bisogna riconsiderare il disegno: «arte divina, base di ogni costruzione plastica, scheletro di ogni opera buona». Gli studi e gli schizzi di De Chirico in mostra consegnano al pubblico la sua definitiva idea dell'arte.
De Chirico e il Museo
Mostra a Roma
Dal 20 novembre 2008 al 25 gennaio 2009
Galleria nazionale d'arte moderna
Viale delle Belle Arti, 131







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