RACCONTA LA TUA SCUOLA
Data: Giovedì, 13 novembre 2008 ore 08:07:23 CET
Argomento: Redazione


Ed  eccovi le riflessioni di Letizia Cucchetti, II B, L.S. “Leonardo”, ind. Linguistico DI GIARRE

Da Milano a Roma, da Torino a Palermo: il movimento che vuole dire no al decreto Gelmini sembra continuare incessantemente a manifestare il proprio dissenso con slogan e scioperi in piazze, stazioni e strade cittadine. Ma a niente sono serviti i lunghi cortei e le diffuse occupazioni: il decreto, concernente “disposizioni urgenti per il diritto allo studio, il reclutamento del personale e l’efficienza del sistema”, è stato ugualmente approvato, nel pomeriggio del 6 novembre, dal Consiglio dei Ministri presieduto a Palazzo Chigi da Altero Matteoli, con lo scopo, forse, di ammansire la protesta dilagata da scuole e atenei nelle piazze italiane. Ma, a giudicare dalle reazioni, sembra proprio che il decreto questi moti li stia provocando invece di placarli... Sembra proprio una controriforma: verrà introdotto il maestro unico nelle scuole elementari, tornerà il voto in condotta dal quale dipenderanno bocciatura e promozione, verranno tagliati posti di lavoro all’interno delle strutture pubbliche d’istruzione, verranno create apposite classi differenziali per ragazzi stranieri. Personalmente riesco a tollerare il 5 in condotta, i voti decimali, la durata quinquennale dei libri di testo; ma quando mi si parla di divisione degli alunni in classi per italiani e classi per stranieri non riesco a ragionare razionalmente sul perché di questa scelta. Sarò forse io? O sarà proprio il cambiamento ad essere inutile se non dannoso?Tutti hanno il diritto allo studio, ma anche il diritto ad interagire e socializzare con le altre persone; la stessa Costituzione sancisce che non devono esserci distinzioni di sesso, razza, colore, religione, lingua, e che anzi lo stesso Stato dovrebbe rimuovere gli ostacoli che provocano queste discriminazioni. Un ragazzo, tredicenne o diciassettenne che sia, non riuscirà mai ad integrarsi pienamente, ad interagire con gli altri se messo in isolamento. Può sembrare scontato, ma a me piacerebbe avere in classe con me dei compagni diversi per cultura, paese, pensiero. Il fatto che siano loro a venire in Italia non vuol dire che sono loro a dover imparare da noi: a volte può succedere il contrario.
Parlando di maestro unico non vedo quale sia il vantaggio di apportare questa modifica; qualcuno dice che quaranta anni fa si faceva scuola così e che i ragazzi risultavano più preparati di quelli odierni; ma siamo nel 2008: cambia la società, cambiano le esigenze, cambiano i ragazzi stessi. Ve lo immaginate nell’odierna società della conoscenza un maestro tuttologo? E poi, chi pensa ai professori precari che si ritroveranno a casa disoccupati perché ritenuti poco capaci di insegnare dopo anni di “onorata carriera scolastica”? Questa non è più scuola...O almeno non è quella che fa per me. Il ripasso mattutino prima del suono della campana, l’attesa del professore, il cambio dell’ora, l’ansia delle interrogazioni, i foglietti e le <<soffiate>> dei compiti in classe, le lezioni diverse dalle solite spiegazioni noiose, i dibattiti, i confronti, le battute fra compagni e professori: sono queste le cose che mi fanno entrare in classe allegramente e sono queste le cose che non cambierei mai… Quindi, lasciamo la politica da parte e concentriamoci maggiormente su qual è il vero ruolo della scuola: non quello di inutile e noioso luogo dove i ragazzi vanno solo perché devono farlo, solo per ottenere un pezzo di carta, ma quello di “educatrice di qualità” che insegni ad usare il proprio potenziale, che prepari il ragazzo alle situazioni avverse che la vita riserva e che riesca a formarlo sotto il profilo umano.
Letizia Cucchetti, II B, L.S. “Leonardo”, ind. Linguistico







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