JOHN STUART MILL E LA LOGICA DELLA LIBERTA'
Data: Mercoledì, 12 novembre 2008 ore 09:02:40 CET
Argomento: Rassegna stampa


John Stuart Mill e la logica della Libertà

di Roberto Lolli*

 

Per molti motivi John Stuart Mill (1806-1873) è un pensatore che merita di essere affrontato all’interno di un percorso didattico dedicato alla riflessione sulla libertà.

Generalmente soffocata dalla contrapposizione tra l’idealismo di area germanica e il positivismo di area francese, l’area anglosassone, così cruciale per il pensiero del Novecento, può essere proficuamente rappresentata, nella contestualizzazione del XIX secolo, proprio da Mill, che si presenta come un filosofo attento sia alla gnoseologia che alla teoria etico-politica. Da questo punto di vista, infatti, Mill prosegue la tradizione di Ockham, Bacon, Hobbes e Locke e anticipa l’impegno epistemologico e politico di Popper, evidenziando un tratto comune della filosofia britannica, vale a dire la fondazione del discorso politico a partire dall’accertamento dei limiti della conoscenza.

 

La riforma dell’utilitarismo

L’induttivismo empirista che John Stuart Mill elabora nel Sistema di Logica (1843) è la premessa necessaria alla teoria etica del saggio L’utilitarismo (1861), nel quale la revisione critica delle dottrine di Jeremy Bentham (1748-1832) aprono la strada a una visione morale della libertà dell’uomo.

A differenza di Bentham, il cui neoepicureismo assolutamente individualista giungeva a negare la validità del concetto di 'diritti umani' formulato dalle Dichiarazioni universalistiche dei rivoluzionari americani e francesi, Mill sostiene che la felicità individuale si può conciliare con quella generale e non vi sia conflitto tra queste due sfere. Ciò, però, a patto che il perno dell’intera società politica sia il concetto di libertà. Proprio il saggio Sulla Libertà (1859) è essenziale per comprendere questo snodo: la felicità nei sistemi illibertari o è solo dello Stato, o non è di questo mondo e il dolore politico, l’oppressione, non sono che alcune delle molte forme del male che in questa vita si deve sopportare per la sola vera felicità ultraterrena. La libertà, per i fautori di questa visione, è un privilegio che spetta solo agli 'eletti', vale a dire i monarchi col supporto della Chiesa (per i teorici del tradizionalismo della Restaurazione, come De Bonald e De Maistre) oppure coloro che sono davvero in grado di partecipare con cognizione di causa alla vita politica (per i teorici liberali ottocenteschi dei sistemi parlamentari a suffragio ristretto come Benjamin Constant).

 

Democrazia e Libertà

Mill, invece, sostiene la causa dell’eguaglianza degli esseri umani e prospetta una soluzione che garantisca la libertà sia al cospetto dell’Autorità di uno solo o di pochi (le monarchie restaurate o le oligarchie parlamentari), sia di fronte a quella dei molti, la cosiddetta 'tirannide della maggioranza', per usare l’espressione di Tocqueville ne La democrazia in America. Chiunque sia a reggere lo Stato – uno, pochi o molti – è assolutamente essenziale che sia garantita la libertà del singolo e il suo diritto alla felicità. Che l’individuo sia felice individualmente è stato tradizionalmente considerato un fattore eversivo: il perseguimento dei fini particolari del singolo è contrapposto al perseguimento del Bene Comune che solo i reggitori 'prescelti' sarebbero in grado di cogliere. Le cose non stanno affatto così, secondo Mill, anzi: in primo luogo, perché la nozione di Bene Comune è inattingibile per la nostra conoscenza che al massimo può giungere a costruirla come astrazione a partire da beni singoli noti (questo è ricavato dal Sistema di Logica); in secondo luogo, gli individui sono capacissimi di riconoscere che la felicità individuale è inscindibile da quella collettiva, non solo in occasioni estreme come la guerra o le catastrofi (questo si desume dal saggio sull’utilitarismo); infine la libertà di tutti è la sola autentica garanzia della libertà di ciascuno e ciò implica un ulteriore sfondamento delle barriere poste al processo di emancipazione: oltre al processo in atto alla metà dell’Ottocento per la liberazione degli schiavi, il filosofo ritiene indispensabile avviarne un altro, quello per la rivendicazione dei diritti politici delle donne.

 

L’emancipazione femminile

Non bisogna cadere nell’errore di estrapolare ingenuamente Mill dal suo periodo storico, attribuendogli posizioni più moderne di quelle effettivamente dimostrate, né pretendere che un pensatore vissuto in un periodo di transizione si trovi con entrambi i piedi già al di qua del guado: quando il filosofo inglese pubblica il saggio su L’asservimento delle donne (1869, ma composto nel 1861) la sua posizione è ancora lontana dalla riflessione più matura e più approfondita di Simone de Beauvoir (Il secondo sesso, 1949) e del femminismo novecentesco. Tuttavia, John Stuart Mill è già molto moderno nella sua intenzione di riparare un torto millenario, denunciando una struttura di oppressione grandemente radicata nella società, senza la cui eliminazione una democrazia non potrà mai dirsi veramente promotrice di libertà. Il pericolo della 'tirannide della maggioranza' denunciata da Tocqueville come insito nei regimi del popolo privi di correttivi quali la libera informazione e il decentramento del potere, vale – secondo Mill – non solo quando si tratta del potenziale prevalere dei più poveri sui più ricchi, ma anche e soprattutto per la condizione femminile.

Il filosofo inglese, ad appena diciassette anni, era stato arrestato e condannato per attività di propaganda relativa alle pratiche contraccettive: l’emancipazione delle donne passa attraverso una pianificazione familiare consapevole, la possibilità di avere tempo per sé, per coltivare gli studi, per costruirsi una posizione nella società e poter avere voce in politica. Se una catena è forte come l’anello più debole, la catena che deve proteggere la libertà e la democrazia come spirito di una società sana e felice deve pensare soprattutto, secondo Mill, a creare le premesse per l’emancipazione della donna dalla schiavitù nella quale, ignoranza e Autorità – binomio inscindibile – l’hanno oppressa per secoli.

Confutazione delle verità a priori che legittimerebbero le forme di oppressione, riconoscimento dei diritti universali alla felicità privata e libertà politica per tutti: un messaggio, quello di John Stuart Mill, su cui è doveroso far discutere i giovani in una scuola che voglia progettare forme sempre più efficaci di democrazia.

 

*Insegna Filosofia e storia presso il Liceo scientifico 'A. Roiti' di Ferrara. Ha curato con P. Salandini l'opera di storia della filosofia Filosofie nel Tempo, diretta da Giorgio Penzo, 4 voll., Roma, SpazioTre, 2000-2006.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







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