Sciascia e i natali di padre Pirrone a San Cono
Data: Domenica, 09 novembre 2008 ore 19:52:58 CET
Argomento: Rassegna stampa


 Sulla rivista “Nuovo mezzogiorno” del dicembre 1962 appare un articolo di Leonardo Sciascia dal titolo: “Gli ozi di San Cono”, nel quale l’autore cerca di spiegarsi, e di spiegare ai suoi lettori, il motivo per il quale Giuseppe Tomasi di Lampedusa abbia fatto nascere padre Pirrone, uno dei personaggi del suo “Il Gattopardo”, proprio a San Cono: “I natali di padre Pirrone erano rustici: era nato infatti a San Cono, un paese piccino piccino che adesso, in grazia degli autobus, è quasi una delle stie-satelliti di Palermo, ma che un secolo fa apparteneva, per così dire, a un sistema planetario a sé stante, lontano com’era quattro o cinque ora carretto dal sole palermitano”. L’articolo è intanto importante per togliere definitivamente il dubbio circa l’attribuzione del toponimo perché quelle “quattro o cinque ore carretto” che lo distanziavano ai tempi di don Salina dal sole palermitano hanno fatto ritenere a tanti trattarsi d’altro luogo non già del nostro San Cono, all’estremo limite della provincia di Catania e lontano quindi dalla capitale non meno di “venti ore-carretto”. E infatti Sciascia aggiunge: “La geografia del Gattopardo è di memoria e di fantasia insieme: luoghi che si compenetrano e fondono in altri, nomi giocati sulla mappa della Sicilia come su una scacchiera. Donnafugata, paese realmente esistente in provincia di Ragusa, è nel Gattopardo un paese che risulta dalla fusione di Santa Margherita Belice e Palma Montechiaro. Così San Cono, paese in provincia di Catania.” Ma la domanda che si pone è soprattutto questa: perché proprio San Cono? “Forse”, scrive “in grazia del suo nome, indubbiamente suggestivo, palezzeschiano. Ma forse nella memoria del Tomasi agì anche un elemento più intrinseco: il fatto che San Cono ha fama di paese dedito a medicina erboristica e omeopatica, a pratiche magiche, a fatture.” Che sarebbe una spiegazione possibile se questa fama fosse confermabile nella tradizione orale e culturale del paese. Invece, pensiamo, il motivo è da ricercare altrove ed esattamente nel fatto che il Tomasi "aveva concepito e scritto gran parte del suo romanzo" a Capo d' Orlando, nella dimora del cugino Lucio Piccolo. Ora Capo d'Orlando dista pochi chilometri da Naso dove nacque ed è sepolto proprio il Santo Cono che è anche il patrono del comune catanese che dedica al Santo suggestivi e particolarissimi festeggiamenti, noti ai nasitani da sempre in pellegrinaggio a San Cono in occasione della festa. Inoltre proprio Lucio Piccolo era affascinato, come dice Vincenzo Consolo, da un libro di Carlo Incudine, edito nel 1881, sempre sul Santo Cono dal titolo “Naso illustrata”. Il Tomasi dunque sicuramente, durante la sua lunga permanenza dal cugino per scrivere il romanzo, avrà avuto fra le mani il testo di Incudine. Così altrettanto sicuramente dei particolari riti in onore del Santo a San Cono gli avrà parlato sempre Piccolo, insieme col paese che ne porta il nome. E se già questo solo fatto potrebbe essere sufficiente ad indurre il Tomasi a recarsi a San Cono e descriverlo, aggiungiamo che proprio nel 1952, durante la stesura del romanzo, una serie di delitti di mafia, avvenuti proprio nelle campagne di San Cono, per qualche mese tennero il paese sulle prime pagine di tutti i giornali d’Italia facendolo quindi conoscere al di là del suo esiguo territorio. E spia di questi fatti di sangue è il mestiere del padre di don Pirrone che, come sovrastante, aveva saputo evitare delle infermità che di "botto colpivano" invece i più sprovveduti: un colpo di lupara! Sta in questo, crediamo, la scelta del nostro San Cono e non nel suo essere dedito a pratiche magiche e a fatture, seppure il dato palazzeschiano avrà potuto avere una sua poetica influenza. L’unico indizio che porta Sciascia per avvalorare la sua tesi è una donna anziana che sarebbe dedita a tali conoscenze. La ricordiamo perfettamente, ma caso vuole che fosse calabrese e l’unica arte sua era quella di sistemare le slogature in cambio di qualche uovo, togliendo clienti ai meno esperti barbieri.

PASQUALE ALMIRANTE







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