Kandinsky, il colore vissuto come religione
Data: Domenica, 09 novembre 2008 ore 17:28:46 CET
Argomento: Redazione


Con l’ascesa al potere di Hitler e la chiusura della scuola da parte dei nazisti, Kandinsky non solo abbandonò la Germania nel 1933, ma poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale decise anche di rinunciare alla cittadinanza tedesca, assunta nel 1928, per prendere quella francese. Delle 95 grandi tele esposte nella mostra intitolata “Kandinsky – Absolut.Abstrakt”, 30 provengono da altri musei di tutto il mondo, compreso quello di Mosca, mentre per la prima volta viene esposta anche l’intera opera grafica del pittore, 220 lavori.

La mostra si apre con il grandioso dipinto del 1907, intitolato “La vita colorata”, una paradisiaca visione della cultura e della società russa, seguita tre anni dopo dal “Primo acquarello astratto”, un manifesto programmatico della rivoluzione artistica avviata. “Se il destino mi lascia abbastanza tempo”, aveva scritto all’epoca Kandinsky, “scoprirò una nuova lingua internazionale, che sarà eterna e si svilupperà in eterno, ma non è l’Esperanto. Il suo nome è pittura, una vecchia parola che è stata maltrattata, poiché in realtà si dovrebbe parlare di copiatura. Fino ad oggi si è solo copiato e nella composizione il colore è stato usato raramente, ma quando ciò è avvenuto si è trattato di un fatto inconsapevole”.

A partire da quel momento Kandinsky aveva varcato definitivamente il Rubicone della pittura, decidendo di fare del colore la sua religione artistica e spiegando che “non bisogna servirsi del colore, ma mettere tutto al suo servizio”. La prova concreta di ciò che intendeva la diede nel ciclo di pitture dedicate alla sua città, Mosca, in cui all’inizio il Cremlino è raffigurato com’è, poi si trasforma in due torri sghembe, prima di diventare irriconoscibile in un turbinio di colori. Dopo aver fondato nel 1911 a Monaco insieme a Franz Marc il circolo artistico “Der Blaue Reiter”, il cavaliere azzurro, potente motore artistico della pittura astratta, allo scoppio della Grande Guerra il discendente di una grande famiglia borghese aveva fatto ritorno in Russia, dove insegnò in diverse accademie statali.

Con la Rivoluzione d’Ottobre nel 1917 Kandinsky vide andare in fumo tutto il cospicuo patrimonio di famiglia, ma fu probabilmente la forte limitazione di espressione artistica imposta dal regime bolscevico a fargli scegliere definitivamente la via dell’esilio, accettando l’invito di Walter Gropius di andare a insegnare nella sua Bauhaus a Weimar.





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