Egregi professori, magnifici rettori, la scuola italiana è una tragedia.
Data: Venerdì, 31 ottobre 2008 ore 14:00:53 CET
Argomento: Rassegna stampa


dal sito La Stampa di Torino

A fronte della tragedia della scuola, le discussioni di questi giorni sono invece una comme¬dia, surreale e cacofonica.
Parlano tutti assieme, con-fusamente, incoerentemen-te, a voce alta, come i con-certisti di Prova d'orchestra di Fellini. Gli studenti in piazza la-mentano correttamente che l'educazione che ricevono garantirà loro un futuro sen¬za opportunità.
E così an¬che quei genitori e quegli an¬ziani professori che dalla piazza sperano di aggrap¬parsi al traino della gioven¬tù di figli e studenti. Ma né studenti, né genitori, né pro¬fessori chiedono diretta¬mente un sistema educativo di qualità.
Chiedono piutto¬sto solo maggiori finanzia¬menti per l'educazione. a non è affatto di fondi che il si¬stema necessita. L'Italia spen¬de per la scuola, dalla materna alle superiori, una percentuale del Pil essenzialmente pari al¬la media Ocse (dati riferiti al 2005, da Ocse, Education at a Glance, settembre 2008).
Per l'università la spesa annuale per studente, depurata dal numero eccezionale di fuori-corso, è addirittura inferiore solo a quella di Stati Uniti, Svizzera e Svezia.Il ministro Gelmini, da parte sua, invoca una «scuola della serietà, del merito».
Paro¬le sante. Ma poi finisce per tagliare i fondi in-discriminatamente.
Per le scuole che funzio¬nano così come per quelle che non funziona¬no. Per il Nord, dove le superiori sono in me¬dia a livelli europei, cosa come per il Sud, do¬ve sono peggio di molti Paesi in via di svilup¬po (Pisa, 2006). Il ministro propone inoltre di trasformare le università in fondazioni. Ottimo.
Ma poi prevede di garantire fondi pubblici di perequazione per le università peggiori, quelle che non riescano ad attrarre fondi privati attraverso le fondazioni stesse.
I rettori universitari minacciano le dimis-sioni di gruppo per protesta.
Lo fanno ogni volta che sentono parlare di tagli. Nel no-vembre 2006 lamentavano un'insufficiente crescita del fondo di finanziamento, che avrebbe portato al «blocco degli atenei, dei servizi, la cancellazione del futuro per i no- stri giovani». Oggi si legge nella mozione del¬la Conferenza dei Rettori, approvata all'una¬nimità nel luglio scorso: «L'università non reggerà l'impatto. Una situazione che (...) porterà inevitabilmente l'intero sistema uni¬versitario pubblico al dissesto».
Davvero le amministrazioni universitarie non hanno alcuna colpa della lievitazione dei costi del sistema? Qualcuno ha sentito i retto-ri minacciare le dimissioni per sensibilizzare l'opinione pubblica sul fatto che le nuove rego¬le per i concorsi inducano a promozioni in massa (dal 1999 al 2006 il numero di professo¬ri ordinari è cresciuto del 54 per cento)? E sul fatto che nuovi atenei sorgono come funghi nelle sedi più improbabili?
E sulla proliferazio¬ne di inutili corsi di laurea? Qualcuno ha senti¬to i rettori minacciare le dimissioni per richie¬dere finanziamenti basati sulla qualità dei lo¬ro atenei? Nel 2007 la quota percentuale dei fi¬nanziamenti assegnata sulla base dei «risulta¬ti» era del 2,2 per cento; il 97,8 per cento di¬stribuito invece sulla base della spesa storica, cioè favorendo chi ha speso di più, e non me¬glio, in passato.
Gli insegnanti di elementari, medie e supe-riori si preoccupano di difendere le proprie prerogative sindacali senza considerazione al-cuna per la qualità del servizio educativo che sono pagati per offrire.
Rifiutano ogni mecca-nismo di valutazione del proprio operato e quindi ogni meccanismo di premio per la qua¬lità dell'insegnamento. Nel 2007, ad esempio, hanno osteggiato con successo i test dell'Isti¬tuto Nazionale di Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e di Formazione (In¬valsi), voluti dall'allora ministro Moratti.
Infine l'opposizione ha da tempo affrontato i problemi della scuola hi modo ideologico, proteggendo le rivendicazioni egualitarie de¬gli insegnanti, in effetti favorendo la mediocri¬tà del sistema educativo. Il precedente mini¬stro Mussi, ad esempio, ha lasciato inutilizza¬to il sistema di valutazione dell'università Ci¬vr, nonostante questo avesse funzionato con successo (o forse proprio per questo). La scuola e l'università pubblica in Italia non hanno bisogno di più fondi. Hanno biso-gno di fondi distribuiti in funzione della quali- tà.
Per questo è necessario un sistema di valu¬tazione di scuole e insegnanti, e meccanismi efficienti di incentivo basati su queste valuta¬zioni. Purtroppo nessuno degli attori principa¬li della commedia che si sta svolgendo oggi in Italia sembra comprenderlo.

alberto.bisin@nyu.edu







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