RESOCONTO DELLA SEDUTA DI OGGI IN SENATO: APPROVAZIONE DEL DL 137
Data: Mercoledì, 29 ottobre 2008 ore 19:15:56 CET
Argomento: Comunicati


Mercoledì 29 ottobre 2008 - 80ª seduta pubblica (antimeridiana)
(La seduta ha inizio alle ore 9:00).


Il Senato ha definitivamente convertito in legge il decreto-legge n. 137 (ddl n. 1108), recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università. In sede di dichiarazione di voto finale, il sen. Pistorio (MPA) ha motivato con ragioni di lealtà politica e di vincolo di mandato il voto favorevole al decreto, anche se il ricorso alla decretazione d'urgenza e le politiche restrittive di bilancio rischiano di impedire lo sviluppo delle aree più svantaggiate del Paese. Voto contrario è stato invece dichiarato dal sen. D'Alia (UDC-SVP-Aut), che ha imputato al provvedimento un approccio ragionieristico che attesta l'assenza di un vero disegno riformatore, di fatto producendo un taglio indiscriminato di risorse che, oltre che colpire la cultura, la ricerca e il sapere, si scaricherà pesantemente sui bilanci delle famiglie. Contrario anche il sen. Belisario (IdV), che ha accusato il Governo di avere impedito, con il proprio arroccamento, ogni possibile confronto propositivo, con il solo intento di indebolire la scuola pubblica, come hanno ben compreso i tanti studenti e docenti che stanno conducendo una battaglia pacifica, non ideologica ed apartitica in difesa della scuola e dell'università. A favore del provvedimento si è invece dichiarato il sen. Bricolo (LNP), che considera il decreto un primo passo per una riforma organica di cui la scuola e le università hanno bisogno e che si inscrive nel più complessivo disegno riformatore che il Governo Berlusconi ha già avviato per corrispondere alle esigenze di un Paese distrutto dal centralismo e dall'assistenzialismo imposti dai Governi di centro-sinistra. Forte contrarietà è stata invece manifestata dalla sen. Finocchiaro (PD), secondo cui il decreto non delinea alcuna riforma essendo soltanto l'applicazione dei tagli disposti dal Ministro dell'economia che ha deciso di sacrificare sull'altare del contenimento della spesa proprio le risorse destinate all'istruzione, al sapere, alla ricerca e dunque al futuro del Paese. Il disegno del Governo e l'opaco silenzio del Ministro dell'istruzione non hanno però considerato la straordinaria mobilitazione spontanea di studenti, docenti e famiglie che certamente non si fermerà con la conversione del decreto in esame. Convinto voto favorevole è infine stato dichiarato dal sen. Quagliariello (PdL), che ha sottolineato come la razionalizzazione contabile sia necessaria per dare certezza a progetti riformatori che vogliano davvero migliorare il sistema scolastico, restituire dignità ed autorevolezza agli insegnanti, adeguare i loro stipendi al livello europeo, resistere alle corporazioni. Quello che è certo è che il Governo e la maggioranza non intendono sottoporre a criteri di mera economicità il futuro dei ragazzi italiani e vogliono invece assicurare la difesa di una maggioranza silenziosa che già oggi chiede di poter vedere garantito il proprio diritto allo studio. I sen. a vita Cossiga e Colombo (UDC-SVP-Aut) hanno motivato le loro opposte intenzioni di voto, contrario il primo soprattutto in considerazione dell'insopportabile strumentalizzazione della protesta in atto, favorevole il secondo stante la lontananza del provvedimento dai sentimenti e dalle attese degli studenti.
 
 
Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge:
(1108) Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (Approvato dalla Camera dei deputati) (ore 9,04)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1108, già approvato dalla Camera dei deputati.
Ricordo che è in corso la trasmissione in diretta televisiva.
Ricordo altresì che nella seduta di ieri si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno riferiti agli articoli del decreto-legge.
Passiamo alla votazione finale.
Prego i colleghi di ascoltare chi interviene ed invito coloro i quali non dovessero essere interessati a lasciare l'Aula.
PISTORIO (Misto-MPA). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Prego i colleghi di ascoltare il senatore Pistorio e invito coloro che non fossero interessati all'intervento a lasciare l'Aula.

PISTORIO (Misto-MPA). Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, questo è l'ennesimo provvedimento di estrema rilevanza politica, economica e sociale che viene proposto al Parlamento attraverso lo strumento del decreto-legge.
Ritengo pienamente legittima la scelta, signor Ministro, ma allo stesso tempo credo che questo strumento non sia il più idoneo a favorire la dialettica più ampia e diffusa, sia nel rapporto politico tra maggioranza e opposizione, sia all'interno della stessa maggioranza. Ciò perché le condizioni che lo determinano, cioè la necessità e l'urgenza, certo ricorrono, ma dovrebbero ricorrere con eccezionalità, lasciando invece che l'esercizio della funzione legislativa sia affidato al Parlamento secondo le regole classiche della tradizione parlamentare.
Dico anche questo, signor Ministro, perché il mio movimento politico, l'MPA, è parte convinta della maggioranza che sostiene il Governo, ma non partecipa al Consiglio dei ministri e, per come si è svolta sino ad oggi l'attività legislativa, di fatto non partecipa alla fase di definizione dei provvedimenti, potendo soltanto intervenire successivamente per sostenerne il contenuto, che troppo spesso ha inciso negativamente sugli interessi reali che rappresentiamo, in modo particolare quelli del Mezzogiorno del Paese.
Voglio ricordare al Governo che all'inizio della legislatura una serie di decreti -legge hanno determinato effetti molto negativi sugli interessi dei nostri territori, a cominciare da quello relativo all'abolizione dell'ICI, che è stato coperto finanziariamente recuperando le risorse destinate alle infrastrutture viarie in Sicilia e in Calabria e quelle alle opere sostitutive del ponte sullo Stretto che il Governo Prodi decise non fosse prioritario; per continuare con il cosiddetto milleproroghe per arrivare a questi altri provvedimenti nei quali parte rilevantissima è l'utilizzo del FAS: l'ultimo che abbiamo avvistato è il decreto-legge n. 162 che il Senato dovrà esaminare, nel quale si prevede l'utilizzo di oltre un miliardo di euro del FAS (Fondo per le aree sotto-utilizzate) per coprire i maggiori oneri derivanti dall'incremento dei costi per l'attività delle imprese dell'edilizia. Non vorrei che il FAS fosse concepito come una sorta di bancomat pronto cassa per far fronte a tutte le esigenze di finanza pubblica che emergono in questo periodo. Anche perché la crisi economica con la quale facciamo i conti sta rendendo queste condizioni di emergenza talmente diffuse e frequenti da rischiare di compromettere, attraverso l'utilizzo di questo strumento, la possibilità di avviare quelle politiche di sviluppo delle aree più deboli e bisognose d'attenzione da parte del Governo.
Se vogliamo poi inserire questo ragionamento nel contesto più ampio, dei processi di riforma costituzionale di stampo federalista, che peraltro noi condividiamo - lo riconfermo - sia nelle premesse culturali che nei contenuti giuridici, rischiamo una miscela esplosiva. Infatti, poiché questa prospettiva pretende un confronto tra territori e una sorta di competizione tra gli stessi, se noi a quelli più deboli facciamo mancare gli strumenti per il loro sviluppo, per il recupero di quel divario drammatico che caratterizza oggi il nostro Paese, in questo combinato disposto di premesse di federalismo fiscale e di politiche di emergenza che sottraggono risorse al Mezzogiorno, spacchiamo il Paese in modo definitivo.
Lo dico perché comprendo le esigenze delle politiche di bilancio e di razionalizzazione e la mia Regione - caro signor Ministro, lei lo sa, me lo ha ricordato una mattina in un incontro che abbiamo avuto - si sta misurando con politiche di risanamento e di rigore durissime, che afferiscono alla spesa sanitaria, alla riduzione di quella elefantiaca e costosissima burocrazia regionale, al sistema delle società partecipate o integralmente in capo alla Regione o al tema complessivo dei tagli di bilancio.
Io spero - è una piccola digressione, ma me la consento - che la stessa coalizione che qui governa abbia la medesima attenzione e solidarietà di quella che qui noi attribuiamo al Governo in quel contesto difficilissimo, dove scelte inderogabili sono necessarie per poter reggere il confronto con il sistema Paese, nella prospettiva di un federalismo solidale atto a garantire una nuova stagione di sviluppo al Paese. Signor Ministro, vorrei che la stessa condivisione che lì ci viene richiesta (ossia la partecipazione di tutti i pezzi della coalizione a quello sforzo di risanamento e di impegno rigoroso alla modernizzazione) assista anche la dialettica politica in questo ambito perché si possa essere partecipi degli sforzi che si stanno compiendo anche in sede nazionale.
Lei sa che non ci siamo sottratti al confronto con lei e che alla Camera i miei colleghi hanno svolto un'azione di stimolo, ma comprende bene che se un decreto legge viene poi blindato anche con il voto di fiducia gli spazi di interlocuzione sono davvero inesistenti. Signor Ministro, sto apprezzando moltissimo il suo sforzo e voglio dirle che provvedimenti come quello in esame (il quale comprende interventi certamente molto incisivi, ma che non rappresenta una riforma organica della scuola, come lei spesso ricorda, perché in esso prevalgono le politiche di bilancio, e io le ho spiegato prima perché condivido e comprendo la fatica di scelte ispirate a tali politiche in questa fase) debbono essere accompagnati dal massimo di attenzione, ascolto e condivisione, per quello che è possibile.
Qualche giorno fa, in quest'Aula, lei ci ha garantito che si sarebbe resa disponibile a tutte le interlocuzioni. Ora lei è perfettamente libera di giudicare come preferisce le manifestazioni (è nella sua autonomia politica e intellettuale), ma io credo che un disagio di questa natura, per quanto certo alimentato strumentalmente dall'opposizione, debba suggerire un di più di riflessione e di attenzione alle ragioni che le vengono proposte, a cominciare dalle nostre.
I princìpi di eguaglianza si coniugano infatti in modo diverso. C'è l'eguaglianza formale e c'è quella sostanziale: a condizioni paritarie si applicano misure eguali, ma a condizioni fortemente differenziate è un'ingiustizia utilizzare criteri omogenei. In termini di razionalizzazione, lei sa quali sono le Regioni che pagheranno il prezzo più alto di questo provvedimento? Saranno la Sicilia, la mia Regione, e la Campania, ossia Regioni deboli economicamente, in cui il tema occupazionale è drammatico e la scuola spesso supplisce alla debolezza del tessuto sociale.
Sono convinto che tutto è migliorabile e so che abbiamo iniziato un percorso per quanto concerne la riforma della scuola e dell'università. Mi auguro che il tipo di sollecitazione che voglio offrirle lealmente sia un piccolissimo stimolo perché lei possa svolgere al meglio e nell'interesse complessivo questo suo ruolo così faticoso, per il quale non la invidio.
Signor Presidente, ho quasi concluso. Desidero solo dire al Ministro che nella mia Regione qualche settimana fa l'intero Parlamento regionale (e io sono orgoglioso di averne fatto parte), compreso il Gruppo parlamentare del suo partito, che è il più numeroso, ha chiesto all'unanimità al Presidente della Regione di adire la Corte costituzionale per sollevare conflitto con riguardo alle prerogative statutarie che si riterrebbero lese da questo provvedimento.
Io non voglio seguirlo in questo percorso. Non voglio esprimere, come il PdL siciliano, un giudizio negativo su questo provvedimento. Voglio far valere ancora una volta i princìpi di lealtà e i vincoli elettorali. Ho letto di un importante intervento del presidente Schifani di lunedì a Palermo sulla moralità della politica e sul dovere dei politici di rispettare i vincoli di mandato: lo apprezzo molto.
Per questa ragione, signor Ministro, signori del Governo, per questo vincolo, voterò oggi a favore del provvedimento, lealmente rispetto al patto elettorale che il mio Movimento ha sancito con il presidente Berlusconi e con l'intera coalizione; ma qualche volta vorrei poter votare un provvedimento perché sono convinto anche dei contenuti che esso porta. (Applausi dei senatori Oliva e Cintola).
D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, signora Ministro, noi voteremo contro questo provvedimento. La scuola, l'università e l'intero sistema della formazione italiana non sono patrimonio di questa o di quella parte politica. Concordiamo infatti con il Capo dello Stato e con i suoi reiterati inviti al dialogo e al confronto. Per noi la scuola, l'università e la ricerca scientifica sono l'anima della Nazione e sono di esclusiva proprietà delle famiglie italiane, che hanno diritto di partecipare attivamente al miglioramento della qualità e della quantità dell'offerta formativa. Mi riferisco alle nostre famiglie, signora Ministro, quelle che fanno fatica ad arrivare a fine mese e che oggi subiscono l'attacco ai propri risparmi per effetto della crisi dei mercati finanziari, della crisi economica e produttiva e dell'inflazione; quelle famiglie abbandonate dal Governo, che non solo non produce adeguate politiche fiscali in loro soccorso, ma che oltretutto le emargina e le penalizza. Da domani le nostre famiglie avranno un problema in più, quello di dover supplire con le proprie ridotte risorse economiche ai tagli che questo Governo e questa maggioranza hanno attuato nel settore della scuola, dell'università e della ricerca scientifica.
Ma come vi è saltato in testa di fare cassa con i soldi dell'istruzione? E come avete pensato di affrontare un tema importante e cruciale per il futuro del Paese non con una riforma organica, di cui c'è bisogno, ma con una manovra finanziaria che taglia le risorse in maniera indiscriminata, mettendo sullo stesso piano realtà formative efficienti e realtà formative inefficienti, confondendo - come direbbe il ministro Brunetta - i fannulloni con lavoratori veri? Come si fa a parlare di università senza distinguere gli atenei, le facoltà e i dipartimenti meritevoli da quelli che hanno prevalentemente gettato al vento fondi pubblici?
Con questo approccio ragionieristico state facendo di tutta l'erba un fascio, senza affrontare le questioni centrali della formazione culturale dei nostri giovani. Per questo diciamo che non si può disporre della scuola e dell'università senza parlarne con i genitori, con gli studenti, con i docenti e con gli enti locali, che si vedranno scaricati ulteriori costi economici e sociali, ad esempio a seguito del taglio del tempo prolungato. Non si può fare una riforma a spizzichi e bocconi, al solo scopo di adeguare le strutture del suo Ministero, onorevole Gelmini, alle disposizioni impartite dal ministro Tremonti con la manovra finanziaria di qualche mese fa. Ci state costringendo a ricostruire un puzzle di interventi tutti negativi.
Consideriamo, ad esempio, la ricerca: il decreto-legge che affrontiamo oggi non si occupa di nessuna vera urgenza, né per l'istruzione, né, tanto meno, per l'università. Dedica due articoli, il 6 e il 7, ad aspetti marginali. Si tratta di interventi ben lontani dal poter incidere sull'emergenza in cui versa il sistema universitario in Italia: pochi soldi spesi male, nessun sistema di valutazione e mancanza di meritocrazia.
State mettendo a rischio tanto le università, quanto gli enti pubblici di ricerca, se consideriamo in maniera unitaria l'impatto delle misure adottate con il decreto-legge n. 112 del 2008, con le disposizioni che bloccano le assunzioni dei precari introdotte con l'articolo 37-bis del collegato alla finanziaria e con i tagli previsti in finanziaria. Il decreto-legge n. 112 del 2008, signora Ministro, è la madre di tutte le riforme mancate. Gli effetti delle misure per il contenimento della spesa nel pubblico impiego sulle dotazioni finanziarie dell'università nel quinquennio sono stimabili in una riduzione complessiva di oltre 1,4 miliardi di euro, senza alcuna distinzione tra atenei virtuosi e non.
Come si può andare avanti così? Aggiungo che voi trattate i precari degli enti pubblici di ricerca, che sono lavoratori di elevata professionalità e tengono in piedi la ricerca in Italia, come i precari di tutta la pubblica amministrazione; gli enti di ricerca hanno personale con contratto a tempo determinato il cui rapporto è del tutto peculiare rispetto alle altre amministrazioni, in quanto, essendo prevalentemente costituito da ricercatori e tecnologi, è altamente qualificato e consente agli enti, utilizzando anche risorse reperite sul mercato della ricerca, diverse quindi dal fondo di finanziamento ordinario, di realizzare contratti e progetti di ricerca commissionati da istituzioni pubbliche nazionali, regionali, locali, dall'Unione europea e da soggetti privati. Tutto ciò lo state smantellando, e non parliamo di spese improduttive, parliamo di spese produttive che riguardano il futuro del nostro Paese e delle nostre famiglie.
Non siamo bravi in matematica, signora Ministro, ma è difficile pensare che un taglio di 7,8 miliardi di euro a scuola e università nel prossimo triennio possa garantire maggiori servizi agli studenti e alle famiglie italiane e una retribuzione migliore al personale docente. Facciamo fatica a pensare che la riduzione di 87.341 posti di personale docente e di 44.500 posti di personale ATA garantirà maggiori servizi agli studenti e più tempo prolungato, insomma per dirla con il Premier: «Più scuola per tutti».
No. La matematica però non è un'opinione e i dati certificati dal suo Ministero segnalano una profonda rivoluzione nel complesso del sistema educativo italiano non guidato da una strategia e da una priorità d'intervento nell'interesse del Paese, ma dall'esigenza di tentare di tenere in sesto i conti pubblici sempre e solo in danno delle famiglie italiane. Se ci aveste proposto, signora Ministro, di reinvestire nella scuola e nell'università tutti i 7,8 miliardi di tagli previsti dai vostri provvedimenti, avremmo votato a favore. Lei in un'intervista ha dichiarato che dalle opposizioni non è venuta alcuna proposta concreta, ma quali proposte si possono fare se non sappiamo qual è il progetto del Governo o se il progetto esce come il coniglio dal cilindro ad ogni piè sospinto, a spizzichi e bocconi? E poi su che cosa dovremmo confrontarci, signora Ministro? Su chi mandare prima a casa, se il personale ATA o gli insegnanti? Su quali istituti scolastici tagliare? Su quali priorità? Su quali interventi?
Credo che dobbiamo fare una riflessione diversa. Perché, signora Ministro, avete iniziato dalla scuola primaria? È noto che la nostra scuola primaria è tra le migliori al mondo e ci viene invidiata dai nostri partner europei. Noi non siamo innamorati della disputa tra maestro unico e maestro prevalente: è una diatriba lessicale nella quale lei, signora Ministro, ed il Presidente del Consiglio vi siete avventurati per tentare di ridimensionare le polemiche e la portata devastante della vostra riforma.
La scuola italiana non è tutta allo sfascio, esistono anche istituti di scuola secondaria eccellenti. Il sistema di istruzione e di formazione, tuttavia, deve essere modernizzato secondo alcuni irrinunciabili presupposti: la gradualità degli interventi, la continuità delle modifiche, la moderazione dei cambiamenti, il miglioramento della qualità e la valorizzazione del merito. Occorre reinvestire le risorse per avere più aule, insegnanti meglio pagati, un sistema di selezione e valutazione dei docenti più severo ed efficiente, insomma più diritto allo studio. Di tutto ciò nei vostri provvedimenti fino ad oggi non c'è la benché minima traccia.
Noi condividiamo, signora Ministro, anche il coraggio con il quale lei ha posto alcune questioni, ma lei dice delle cose e la realtà del ministro Tremonti è un'altra e per questo possiamo solo darle solidarietà umana, ma non politica. Siamo d'accordo su "Cittadinanza e Costituzione", siamo d'accordo sul ripristino del voto in condotta, siamo d'accordo sul grembiule, siamo d'accordo sulla necessità di calmierare la speculazione infernale per le famiglie italiane sui libri di testo. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-Aut). Su questo ha il nostro sostegno, ma dobbiamo anche porci alcuni interrogativi e il primo fra tutti è questo: se le avessero dato 800 milioni di euro a fronte di un taglio di 7,8 miliardi in tre anni lei avrebbe potuto introdurre norme che prevedono la detrazione integrale fiscale per tutte le famiglie italiane relative alle spese per la scuola dell'obbligo, prime fra tutte quelle per i libri di testo. Non si possono fare le riforme senza avere un minimo di disponibilità finanziaria: è come fare le nozze con i fichi secchi e qui non ci sono neanche i fichi secchi.
E aggiungo, signora Ministro, e concludo: le tasse universitarie nel nostro Paese sono basse per tutti, ricchi e poveri. Il 24 per cento degli studenti universitari proviene dal 20 per cento delle famiglie più ricche, mentre solo 8 per cento proviene dal 20 per cento delle famiglie più povere. Su questo bisogna intervenire, sui meccanismi strutturali e non sui tagli lineari che indiscriminatamente creano diseguaglianze ulteriori e non tutelano in maniera adeguata.
Signora Ministro, voteremo contro anche perché non è giusto che in questo Paese si trovino 1.200 milioni di euro per ripianare i debiti del Comune di Roma e di Catania e non si trovino le risorse per poter tutelare le famiglie italiane nel mondo della scuola. È una vergogna. E noi di questo siamo indignati. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV).
Non è possibile, signora Ministro, che non si capisca qual è il modello di scuola. Conosco la sua sensibilità. Però, non credo che il progetto culturale per la formazione italiana possa sintetizzarsi nella battuta del pedagogo Borghezio che ha detto che è meglio dare un lecca-lecca che la Costituzione agli studenti italiani. Questa è l'ennesima vergogna. Per queste ragioni, voteremo contro. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut, PD e IdV. Congratulazioni).
BELISARIO (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BELISARIO (IdV). Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli senatori, intervengo a conclusione di un deludente dibattito sulla conversione in legge del decreto n. 137, ormai purtroppo noto come decreto Gelmini per lasciare agli atti del Parlamento ed alla considerazione della pubblica opinione il rammarico e le preoccupazioni dell'Italia dei Valori; dibattito deludente dicevo perché abbiamo assistito all'arroccamento su questo decreto da parte sua e del Presidente del Consiglio, sottraendo al Parlamento, non dico alla mia parte politica ma al Parlamento, la possibilità di un confronto propositivo, magari duro negli accenti ma con la possibilità di introdurre modifiche e miglioramenti.
Ma questo è il metodo del Governo e della maggioranza che lo sostiene, insensibile ad ogni volontà pur mantenendo marcate le differenze di fare davvero il bene del nostro Paese. Ma tant'è! Ma deve stare tranquillo il signor Presidente del Consiglio che continua a sfuggire il confronto parlamentare, stia tranquillo, partecipi alle conferenze-stampa in tutte le parti del mondo! Contrariamente a quanto egli si augura, l'Italia dei Valori non si abituerà alle sue spocchiose provocazioni né al tentativo di ridurre i due rami del Parlamento ad esecutori acefali dei diktat dell'Esecutivo.
Abbiamo provato a comprendere le ragioni e le esigenze del Governo di prevedere per decreto il pastrocchio che poi è arrivato al nostro esame. Ma mi creda, ministro Gelmini: per tutti gli sforzi che abbiamo fatto non ci siamo riusciti. Una norma entrata in vigore ad anno scolastico ormai avviato e quindi senza la necessaria valutazione di impatto, la mancanza di ogni confronto con le parti interessate, ma soprattutto la grave volontà di indebolire la scuola pubblica con un testo di legge banale, sgangherato e inutile.
Vedete, colleghi di maggioranza: non è in discussione la libertà di insegnamento né la possibilità di dare vita ad una scuola o ad una università private. La Costituzione, che pur va rispettata nella sua integrità, in proposito parla chiaro. Ma state cercando di indebolire la scuola pubblica, questo ormai è evidente, che è scuola democratica per definizione, che ha - come ricordava il più volte citato, a volte anche abusato Calamandrei - un carattere unitario: la scuola di tutti crea cittadini e non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti, né liberali, né nordisti, né sudisti.
Dicevo all'inizio del mio intervento che vi era nel mio Gruppo tutta la delusione per un decreto scritto in via XX settembre e che ella, Ministro, ha intestato al suo Dicastero per obbligo burocratico.
Sono state sventolate come innovazione e vere svolte la reintroduzione del grembiulino, il voto in condotta come deterrente per combattere il bullismo, il ritorno ai voti. Comprenderà bene, signora Ministro, la pochezza di queste novità. Non siamo contrari in via di principio a queste note di colore, che tali restano, ma pensa davvero che basti il grembiule per livellare le differenze sociali? Ed è veramente convinta che mettendo voti ma omettendo una puntuale valutazione dello studente si migliorano le sue capacità di apprendimento? Quanto poi al bullismo, è un fenomeno che non appartiene alla scuola in quanto tale ma ormai sta diventando un deprecabile fenomeno sociale, come la violenza negli stadi, per intenderci, e più in genere ogni forma di aggressione insensata alle regole di convivenza. Non basta quindi il voto in condotta che mira di fatto solo ad espellere gli studenti inquieti dalla scuola stessa ma è importante una parallela opera per il loro coinvolgimento nelle attività del gruppo. Voglio qui ricordare lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998, che tende a sottolineare la funzione educativa della sanzione disciplinare, rafforzando la possibilità di recupero dello studente attraverso attività di natura sociale e culturale, in generale a vantaggio della comunità scolastica.
Sul maestro unico poi avete detto una serie di ovvietà senza pari. Negli ultimi vent'anni le ricerche di psicologia applicata dello sviluppo hanno illustrato la complessità e la ricchezza dei processi mentali ed emozionali del bambino, ma, invece di favorire più figure pedagogiche che si relazionassero con lui per un insegnamento plurimo e specializzato, in ragione della forte evoluzione della comunicazione delle forme di apprendimento, si ritorna al maestro tuttologo. Annullare le ore di compresenza significa quindi offrire minori opportunità di diversificazione della proposta educativa.
Vede, signora Ministro, questo è un decreto che in pratica, lo diceva l'oratore che mi ha preceduto, si allinea alla politica dei tagli alla quale dall'inizio di legislatura il Governo cui lei appartiene uniforma tutta la sua manovra. Infatti - ovviamente con un'informazione data da lei e dal Presidente del Consiglio assolutamente deviata - si dice: se si fa la riforma delle elementari, che c'entra la protesta delle università? Evidentemente tutti i provvedimenti vanno collegati e letti in sequela e non in forma dissociata. Pensiamo, per esempio, alla legge n. 133 dell'agosto 2008, al blocco delturnover nelle università, che determinerà l'impossibilità di accesso ai giovani ricercatori e l'innalzamento dell'età media dei docenti a 55 anni, la possibilità di trasformare le università in fondazioni private, che causerà l'annullamento dei principi costituzionali sul diritto allo studio, l'accesso ai finanziamenti privati, con il rischio di limitare la libertà di ricerca.
Ecco allora che noi la invitiamo a restituire alla scuola la sua natura, la sua mission: organo centrale della democrazia per risolvere i problemi fondamentali della democrazia. Investendo nella scuola noi miglioriamo le future generazioni.
Infine, voglio fare un accenno alla tecnica informativa del «dai e vai», ringraziando anche le Forze dell'ordine per l'attenzione con cui hanno gestito questa situazione delicata, e che il Governo, mi creda, Ministro, ha cercato di incendiare. Non è una protesta né sessantottina, tutta ideologica, né del 1977, ancora densa di richiami alle ideologie.
Questa è una protesta pacifica, una protesta che parte dal basso, una protesta orizzontale che non è controllata da nessuna formazione politica perché gli studenti, le famiglie, i docenti sono cittadini italiani e, in quanto tali, hanno il sacrosanto diritto di chiedere, insieme a noi e insieme al Parlamento tutto, una scuola migliore.
Per questo ieri eravamo profondamente delusi, eravamo profondamente arrabbiati, eravamo profondamente distaccati da quanto avveniva in quest'Aula, perché ritenevamo il Parlamento distinto e distante da quanto avviene nella società italiana. Io mi appello al Parlamento perché faccia sentire la propria voce, maggioranza e minoranza insieme, per richiamare il Governo alle proprie responsabilità su questi temi.
Sia chiaro, noi non abbandoneremo la scuola. L'Italia dei Valori continuerà, come ha fatto nei giorni scorsi, a schierarsi nelle piazze accanto agli studenti, ai docenti e alle famiglie anche dopo la deprecabile approvazione di questo decreto. Invitiamo il Parlamento, in un momento davvero d'orgoglio, a riflettere nell'interesse del Paese. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).
BRICOLO (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRICOLO (LNP). Signor Presidente, prima di entrare nel merito del provvedimento, voglio ricordare a tutti il motivo per cui noi della Lega Nord siamo entrati in questo Governo. Vogliamo raggiungere un obiettivo ben preciso: quello di cambiare questo Paese. Un Paese che è ancora assistenzialista e centralista e che, per questo, ha prodotto il più alto debito pubblico d'Europa; un Paese bloccato dalla burocrazia e dai sindacati, un Paese che negli anni ha sempre annunciato riforme che però non ha mai realizzato. Noi queste riforme le vogliamo realizzare, questo Paese lo vogliamo cambiare, il Nord non è più disposto ad aspettare. (Applausi dal Gruppo LNP).
Le riforme sono ancora più urgenti perché questo Governo ha anche il compito di intervenire per sanare i danni fatti dal Governo che lo ha preceduto. Ricordo a tutti che fino a pochi mesi fa c'era, per nostra sfortuna, il governo Prodi, quello che è ancora ricordato dalla stragrande maggioranza dei cittadini che vivono in questo Paese come il peggiore Governo della storia della Repubblica. (Applausi dal Gruppo LNP).
Pur di governare, il Governo Prodi-Veltroni è sceso ai peggiori compromessi. Si faceva ricattare dalla sinistra comunista di Bertinotti e Diliberto ma non solo, anche da Di Pietro, Mastella e Pecoraro Scanio e soprattutto era costretto a chiedere il voto a Luxuria, a Caruso e agli ex terroristi. (Applausi dal Gruppo LNP). Nel frattempo, mentre loro così governavano, la criminalità aumentava, Alitalia sprofondava nei debiti, Napoli e la Campania venivano sommerse dai rifiuti, aumentavano gli sprechi e i buchi nei bilanci delle Regioni del Sud e i problemi nel mondo della scuola. Bene, noi cinque mesi fa siamo partiti da questa drammatica situazione e alcuni problemi li abbiamo già risolti. Oggi affrontiamo quelli del mondo della scuola.
Dalla sinistra non è arrivata nessuna proposta costruttiva: solo critiche e falsità. Su questi temi, che interessano tutti perché riguardano il futuro della scuola dei nostri figli e delle nuove generazioni, ci saremmo aspettati, lo dico molto chiaramente, un'opposizione più matura. Purtroppo così non è, ne prendiamo atto e dunque andremo a realizzare queste riforme da soli. Di falsità, dicevo prima, ne avete dette tante. È giusto ora fare chiarezza nel merito del provvedimento. Avete detto che verrà ridotto o abolito il tempo pieno e così non è: con l'introduzione del maestro prevalente ci saranno più insegnanti a disposizione e in cinque anni ci saranno 5.750 classi in più con il tempo pieno, senza costi aggiuntivi per le famiglie. Avete detto che alle elementari scomparirà l'inglese: anche questo è falso. Infatti, accanto al maestro prevalente, rimarrà l'insegnante di inglese e anche quello di religione. (Commenti delle senatrici Garavaglia Mariapia e Soliani).
Avete detto che verranno chiuse le scuole di montagna: falso. Nessuna scuola di montagna sarà chiusa, ma sarà unificato il solo personale amministrativo. Avete detto che saranno tagliati gli insegnanti di sostegno: falso anche questo. né il piano programmatico, né il decreto parlano di tagli agli insegnanti di sostegno. D'ora in poi, colleghi senatori, la scuola non sarà mai più uno «stipendificio», come l'hanno voluta questa sinistra e i sindacati. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
Nel nostro Paese abbiamo 200.000 insegnanti in più che in Germania, con una media di un docente ogni nove alunni: un record in Europa. Questi insegnanti sono anche mal pagati, con il risultato di avere un corpo docente poco motivato e poco rispettato. Sarà così bloccato il turnover e gli insegnanti meritevoli saranno incentivati e meglio pagati, a garanzia di un servizio scolastico migliore e più efficiente.
Il decreto introduce poi una norma - che ieri avete contestato e cercato di cancellare - che prevede meno spese sui libri di testo, grazie soprattutto al ministro Umberto Bossi che per primo ha avanzato la proposta. (Applausi dal Gruppo LNP). D'ora in poi le scuole potranno adottare solo quei libri di testo che rimarranno invariati per cinque anni. Le famiglie spenderanno dunque meno soldi per l'acquisto dei testi scolastici.
Il decreto Gelmini è solo la prima parte di una riforma molto più ampia che andrà a razionalizzare le spese, a tagliare gli sprechi e, per quanto ci riguarda, a fare in modo che vi siano meno insegnanti ma meglio retribuiti, selezionati per merito e reclutati a livello regionale (Applausi dal Gruppo LNP).
Mi rivolgo, dunque, al ministro Gelmini: se tali rimarranno i suoi obiettivi saremo sempre dalla sua parte. Devo dirle però molto francamente che non abbiamo apprezzato una sua intervista, pubblicata qualche giorno fa, in cui dichiarava che sulla scuola il suo modello è Obama. Non l'abbiamo apprezzata. (Commenti dai banchi del PD). Si riferiva al candidato democratico alle presidenziali negli Stati Uniti: una brutta intervista, signor Ministro, che non voglio commentare nel merito. I giornali a volte fanno forzature ed è vero che i Ministri si giudicano per quello che dicono e propongono in Parlamento.
Le sue dichiarazioni in Aula le abbiamo sempre condivise e dobbiamo anche ringraziarla per il contributo che ha dato, sempre in Aula, in questo caso alla Camera dei deputati, per l'approvazione della mozione della Lega Nord sull'istituzione delle cosiddette classi ponte nelle scuole. La sinistra, tanto per cambiare, le ha contestate, perché secondo loro sono razziste e portano alla xenofobia. Mi permetto di ricordare a tutti che in Francia le classi ponte ci sono da venti anni, così come nella Spagna rossa di Zapatero e in altri Paesi europei. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
Le classi ponte servono, colleghi dell'opposizione, ad integrare e non a discriminare, ad aiutare gli alunni extracomunitari che non conoscono una parola della nostra lingua, senza però penalizzare chi già la conosce.
Chiederemo anche come Lega Nord la regionalizzazione dei concorsi per gli insegnanti. (Commenti dai banchi del PD). Avremo così insegnanti che insegneranno nella propria regione, radicati dunque sul territorio, che ne conoscono le lingue locali e in grado così di interagire meglio con gli alunni e i loro famigliari (Vivaci commenti dai banchi del PD. Applausi dai Gruppi LNP e PdL). Ciò vuol dire, tanto per essere chiari, che avremo finalmente insegnanti veneti in Veneto, lombardi in Lombardia, piemontesi in Piemonte e siciliani in Sicilia. (Applausi ironici del senatore Marco Filippi. Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
Le iniziative della Lega Nord sul mondo della scuola non si fermeranno certo qui. Ci batteremo sempre affinché l'insegnamento nelle nostre scuole sia garantito nel rispetto delle nostre tradizioni, della nostra storia e della nostra cultura. Lo dico soprattutto per quei genitori di bambini extracomunitari che sono venuti a casa nostra con la pretesa di imporre le loro regole nelle nostre scuole. Mi riferisco, ad esempio, a quelli di religione islamica che ci chiedono di togliere i crocifissi nelle classi. (Applausi dal Gruppo LNP). Lo dico anche a certi insegnanti di sinistra che in passato lo hanno fatto. Noi non lo permetteremo mai e la Lega Nord si batterà per questo. I crocifissi rimarranno nelle Aule e ai bambini continueremo ad insegnare i canti di natale e a costruire i presepi. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).
Chiudo il mio intervento, signor Presidente, ricordando ai giovani che sono fuori a manifestare che garantiremo sempre a tutti il sacrosanto diritto a manifestare le proprie idee, sia nelle scuole, sia al di fuori di esse.
Siete liberi di farlo, cari ragazzi, nel rispetto, però, anche di chi non la pensa come voi. Attenti, state attenti ai cattivi maestri, ce ne sono tanti in giro; attenti a quelli che vi vogliono usare. Mi rivolgo, dunque, ai colleghi dell'opposizione: se qualcuno di voi sta pensando di riproporre il clima del '68 nel nostro Paese si fermi subito. Non è soffiando sul fuoco della protesta che si migliora il mondo della scuola; non si migliora il mondo della scuola incentivando i giovani a fare i picchetti e ad occupare le aule. Non si migliora l'università impedendo agli studenti di entrarvi. Finitela col dire falsità ai nostri ragazzi, lasciateli stare, non strumentalizzateli, non se lo meritano; questo non vi servirà neanche per ribaltare l'esito delle elezioni e guadagnare nuovi consensi!
Ai colleghi dell'opposizione voglio dire anche un'altra cosa, Presidente, e concludo. Ieri avete cercato di bloccare vergognosamente i lavori d'Aula del Senato. (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, lasciate che il senatore Bricolo concluda il suo intervento.

BRICOLO (LNP). Lo avete fatto con urla e insulti non solo al Ministro, non solo al Governo ma anche alla Presidenza. A voi dico molto chiaramente che la ricreazione è finita. (Applausi dal Gruppo LNP). Oggi approveremo questo decreto sulla scuola; continueremo a presentare nuove riforme in Parlamento e, nonostante il vostro comportamento, cambieremo finalmente questo Paese. (Applausi dal Gruppo LNP. Molte congratulazioni).
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, forse la migliore definizione di questo complesso di interventi sulla scuola e sull'università l'ha data la presidente di Confindustria, la dottoressa Marcegaglia, che ha detto che questa non è una riforma ma un taglio. Esattamente: si taglia. Una disposizione destinata esplicitamente al contenimento della spesa pubblica (l'articolo 64, comma 6, ma anche l'articolo 67, destinato all'università, della legge n. 133): una norma ideata sulla scorta di un'esigenza contabile diventa, direi per precipitato, riforma.
Qualcuno ci aveva lavorato prima? Non ci pare. Si erano riuniti didatti, psicopedagogisti, insegnanti, presidi, direttori didattici, docenti universitari e rettori per discutere della riforma necessaria della scuola e dell'università italiana? Si sono convocate le Regioni, gli enti locali, i sindacati? No. Si è sentito il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione? Non pare. Otto anni di sperimentazione per il modulo, nel passato non toccato dalla ministra Moratti? Roba vecchia.
Colpisce la relazione del provvedimento, il modo con cui viene non giustificato; un cambiamento così radicale introdotto nella scuola elementare, la sesta al mondo, secondo le classifiche redatte dalle agenzie internazionali. Chi l'ha detto che debba essere così? Il ministro Gelmini. E perché? Perché il ministro Tremonti ha deciso di tagliare proprio sulla scuola, proprio sulla scuola elementare. E chi ha deciso che l'università, la scuola, il sapere, la formazione e l'apprendimento non sono una priorità per un Paese in difficoltà? Chi ha deciso che per superare la crisi non bisogna, come avviene altrove nel mondo, anche nei Paesi emergenti, puntare sull'intelligenza, sui talenti, sul sapere, sulla competizione di ciò che si sa, di quello che si vale? Nessuno. Erano ragionamenti troppo complessi se si doveva approvare una manovra in nove minuti e mezzo.
D'altra parte, a che serviva? Tanto agli italiani si ammanniva il grembiulino, il sette in condotta e il maestro del libro "Cuore" e questo sarebbe bastato ad ammansirli: saranno tutti contenti, vedrete, finisce lì. Non è andata così, ministro Gelmini, non è andata esattamente così.
Quello che colpisce di queste giornate complesse, difficili e talvolta anche aspre, è questo disprezzo per le ragioni degli altri, questo «non cale». Chi protesta, chi non è d'accordo è disinformato, strumentalizzato, facinoroso, o è, come dice il presidente Gasparri, un cretino in malafede.
Mi colloco spontaneamente nella categoria, anzi tutto il mio Gruppo: tutti cretini in malafede! (Applausi dai Gruppi PD e IdV) E bugiardi anche, sì, anche fascio-comunisti. Mentre là fuori, ovunque, nelle scuole e nelle università, ci sono non solo studenti, ma anche tanti docenti, tanti studiosi. Mi ha colpito molto l'atteggiamento dei 500 matematici a congresso la scorsa settimana qui a Roma. Matematici, si figuri: non pericolosi eversivi, ma gente con la testa tra le nuvole, che ragiona con i numeri e che fa tornare i conti. Ma non quelli che lei intende, non quelli che intende il ministro Tremonti. Tutta gente che chiede più scuola, non meno scuola; più sapere, non meno sapere; più ricerca, non meno ricerca.
E poi c'è il suo silenzio, ministro Gelmini, me lo lasci dire, indifferente, opaco, ma anche così esplicito. Ieri in quest'Aula lei è stata incalzata dai nostri colleghi, ripetutamente le sono state poste alcune domande dal senatore Rusconi, dalla senatrice Garavaglia, dalla senatrice Soliani. Sono le stesse domande che si fanno migliaia di famiglie italiane, le persone in carne ed ossa, come si diceva una volta.
Gliene ricordo una per tutte, quella che riguardava il tempo pieno: ma insomma, il tempo pieno c'è o non c'è nella scuola che lei immagina? Se c'è, accogliete i nostri emendamenti: sono quelli che mettono in chiaro l'ambiguità del vostro comportamento. Rispetto a tali questioni lei ha taciuto, ministro Gelmini, e lo comprendiamo; peraltro oggi su «Il Sole 24 ORE» un articolo molto informato e molto competente ci spiega che il tempo pieno, se ci sarà, lo dovranno pagare le scuole e i Comuni.
Colpisce, di fronte a questo silenzio, a questa afasia, mi lasci dire a questa cupa determinazione, la parola degli studenti. Io ho qui poche righe degli studenti del liceo classico "Orazio" di Roma, che saranno ragazzi provenienti da famiglie diverse per collocazione sociale e che probabilmente hanno anche ideali diversi, pensano diversamente, si collocano diversamente sull'incerto scacchiere della politica, se dovessimo definirlo secondo le trancianti e inappropriate distinzioni che avete fatto voi in questi giorni. «Non essendo stati ascoltati da nessuno riguardo a questa riforma sentiamo il bisogno di portare la nostra voce all'interno dell'Aula del Senato. L'Italia ha assistito in questi giorni alla discesa in piazza di decine di migliaia di studenti di ogni ordine e grado. Persino professori, docenti universitari, dirigenti scolastici hanno tentato di difendere questa scuola che sino ad oggi è riuscita a garantire a tutti i giovani un dignitoso livello di istruzione nonostante i numerosi tagli di cui essa è stata spesso oggetto».
Non sono di parte: difendono la scuola pubblica. «Oggi il Ministro della pubblica istruzione sta cercando di infliggere un colpo di grazia alla nostra scuola che dalla fine della Seconda guerra mondiale garantisce in modo paritario un'adeguata istruzione, perché tutti abbiano la possibilità di inserirsi nel tessuto sociale del nostro Paese, un Paese democratico».
Si dice, poi, in fondo: «Questo non è un semplice decreto, signori del Governo, Presidente del Senato, onorevoli senatori: questo è il nostro futuro, è il futuro del Paese. È a voi che rivolgiamo l'ultimo, estremo appello perché qualcuno finalmente prenda finalmente in considerazione il nostro parere, quello degli studenti». Non sono parole di facinorosi, non sono parole di eversori: sono le parole di ragazzi e di ragazze che possono essere tranquillamente i nostri figli, gli amici dei nostri figli, i nostri parenti; ragazzi e ragazze che avvertono questo rischio. Cosa c'è di ingiurioso per tacere di fronte a questo, ministro Gelmini, e per negare il confronto, una parola d'ascolto, una parola di dialogo?
Ho riletto in questi giorni il libro bianco, il patto per l'università, la relazione della commissione per la finanza pubblica, anche questa tagliata da Tremonti perché costava troppo. Mi hanno colpito tre aspetti che, ministro Gelmini, farebbe bene a rileggere perché sono assai interessanti: il rigore con cui viene analizzata la situazione della scuola pubblica italiana e della pubblica università, la tensione verso il miglioramento di tali istituzioni, la competenza con la quale si lavora a questi temi; in più, la necessità avvertita in ogni momento di tenere insieme le esigenze di una sana contabilità pubblica e la massimizzazione degli effetti di una scuola e di un'università che funzionino. Merito, professionalità, competenza - le ho contate - sono le parole che più volte ricorrono in quel testo e, insieme, la ricerca del confronto.
Penso a quante parole sono venute, anche questa mattina in quest'Aula, sull'assenza di una nostra proposta. I giornali oggi riportano le proposte del PD. Quante proposte erano contenute in quel patto per l'università e in quella relazione e ancora nel libro bianco! Mi chiedo altresì quanta strumentalità in questo continuo j'accuse, visto che «proposta» significa anche capacità di apprezzarla, di discuterla, di valutarla, e non mi pare che da parte vostra ci sia stato un cenno, uno solo, che andasse in questa direzione.
Voi pensate che una volta approvato questo decreto sia finita qui, ma non è così per noi; credo che non sarà così neanche per il movimento che si è acceso nel Paese. Fra poco ragioneremo in quest'Aula sul decreto-legge n. 154 del 2008 sulla sanità, ed esamineremo la norma che prevede il commissariamento delle Regioni che non ottemperino al diktat di abolire alcuni istituti scolastici. Lo ricordo al presidente Bricolo per due ragioni. In primo luogo perché questo dimostra qual è la concezione della relazione fra Stato centrale e Regioni, e mostra - mi perdoni - come la vostra battaglia sul federalismo fiscale si sia ridotta a una bandierina agitata (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut).
Lei ha dichiarato poco fa in quest'Aula sulla territorialità dell'insegnamento: solo insegnanti padani in Padania. Non sapete che vi perdete! (Applausi dai Gruppi PD, IdV). Ho l'impressione, almeno per quanto mi riguarda, che queste parole peseranno come un macigno sulla strada dell'approvazione del federalismo.
Signor Ministro, lei ha dichiarato «gutta cavat lapidem»: la goccia del suo silenzio, della sua muta determinazione, della sua cieca obbedienza al dettato tremontiano, del suo tapparsi le orecchie e anche la bocca, ma le voci entrano lo stesso, Ministro (Applausi dal Gruppo PD); entrano, turbano il suo silenzio e irrompono, disordinano e poi ricompongono. Lei, che mi pare adusa alle Sacre Scritture, se lo ricorda? En arché én ho lógos: in principio era la parola, prologo del Vangelo secondo Giovanni. L'inno al lógos: in principio era la parola. (Applausi dal Gruppo PD). Da lì, dal lógos, anche il dia-lógos, il dialógos, più forte della pietra, ministro Gelmini, più ostinato del suo silenzio, e pare una pietra tombale sull'approvazione di questo provvedimento. Mentre fuori c'è la vita. Ha ragione il Presidente Fini: fuori c'è la vita. Ricordi, l'afasia è sempre stata cantata, già dalla Bibbia, come il momento più tragico della sofferenza umana. Lo dice anche l'inno del Nabucco. Dice Quasimodo che i poeti attaccano le cetre alle fronde dei salici quando il piede dello straniero pesa troppo sopra il cuore. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

PRESIDENTE. Senatrice Finocchiaro, la invito a concludere.

FINOCCHIARO (PD). Inoltre dice Montale: «Non chiedeteci la parola che squadri da ogni lato, questo dirvi possiamo, ciò che non siamo ciò che non vogliamo». Esattamente ciò che avete dimostrato, ciò che non siete, ciò che non volete: una scuola libera che funzioni, che formi nuove classi dirigenti, un'università che consenta a questo Paese di entrare a pieno titolo nel futuro. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut. Congratulazioni. Commenti dal Gruppo PdL).

BERSELLI (PdL). Pagliaccio!

GIARETTA (PD). Pagliaccio sei tu!
QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. (Commenti dai banchi dell'opposizione).
Colleghi, il senatore Quagliariello ha il diritto di intervenire in un'Aula che lo ascolti, come è avvenuto per altri. È un invito che rivolgo ai colleghi dell'opposizione. (Brusìo). I lavori hanno avuto uno svolgimento abbastanza pacato ed ordinato. Mi auguro che altrettanto avvenga in occasione dell'ultimo intervento, che è poi quello conclusivo.

QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, signora Ministro, onorevoli senatori, siamo alla fine di un percorso parlamentare intenso, che ha conosciuto momenti di tensione, di confronto duro, come è giusto che sia in democrazia, ma anche sforzi di comprensione reciproca e di fair play. Permettetemi, dopo aver raggiunto tali alture, di scendere un po' più in basso e ringraziare tutti i colleghi del Popolo della libertà che anche in questa occasione hanno dato prova di saper interpretare con umiltà, responsabilità e coerenza il ruolo di maggioranza parlamentare in un momento decisivo della storia del Paese ed hanno voluto rivendicare con forza, con il loro comportamento, il diritto della maggioranza stessa di assolvere agli impegni assunti con gli elettori. Noi non dimentichiamo che in nome di quel diritto sediamo in questa Assemblea.
Permettetemi, in particolare, di ricordare il lavoro che su questo provvedimento hanno svolto il collega Possa, che ha presieduto i lavori della Commissione istruzione (Applausi dal Gruppo PdL), la collega Poli Bortone, che ne è stata la relatrice designata (Applausi dal Gruppo PdL) e il collega Asciutti, capogruppo in quella stessa Commissione (Applausi dal Gruppo PdL). A volte l'adesione ai processi democratici significa il sacrificio di legittimi protagonismi, ma il risultato che oggi la maggioranza consegue non di meno è intriso del lavoro e del contributo intelligente di questi colleghi. Noi tutti ne siamo consapevoli.
Sono state dette molte cose e molte cose non vere sul provvedimento che oggi ci accingiamo ad approvare. Non c'è tempo per smentirle tutte, ma su una cosa non è possibile transigere: colleghi della Sinistra, per decenni ci avete voluto far credere che l'economia fosse tutto e che il resto, compresa l'essenza delle persone, dovesse essere degradato a - come dicevate? - sovrastruttura. Per decenni la nostra opposizione nei vostri confronti è stata anche un'opposizione a questo modo di vedere le cose. Ora, improvvisamente, sembra quasi ve ne siate dimenticati, fagocitati come siete da quei salotti radical chic nei quali il riferimento alla cultura viene utilizzato per coprire uno spaventoso vuoto di idee e di passioni vere. (Applausi dal Gruppo PdL).
In caso contrario non si comprenderebbe come mai vi siete opposti ad una norma che imponendo ad autori ed editori di rinnovare i libri di testo solo in presenza di effettivi aggiornamenti culturali vuole evitare che la cultura degradi a strumento di sfruttamento per le famiglie meno abbienti. (Applausi dal Gruppo PdL). Non di meno i dati economici sui quali voi siete sempre più distratti sono una realtà della quale chi ha l'ambizione di governare un Paese non può fare a meno di tenere conto, soprattutto in momenti di crisi internazionale. Non neghiamo perciò che di questa situazione debba tener conto anche il nostro sistema scuola.
D'altro canto, nella storia italiana le riforme che in maniera più incisiva hanno segnato la nostra scuola sono nate proprio da propositi di ristrutturazione della spesa. Pensiamo, pensate, tra tutte, alla riforma Gentile. (Commenti della senatrice Garavaglia Mariapia).
So bene che si tratta di un parallelismo che, per molti versi, potrebbe risultare improprio. Vorrei ricordarvi però che anche Gentile si trovò alle prese con forti vincoli di bilancio e nel ridurre le spese della scuola eliminando le cosiddette classi aggiunte, tagliando gli sprechi e cercando di far coincidere l'organico di fatto con quello di diritto, seppe porre alla base della razionalizzazione contabile un progetto culturale complessivo sul quale costruì la sua riforma e sul quale la nostra nazione per tanti anni è andata avanti.

GARAVAGLIA Mariapia (PD). È una riforma classista.

QUAGLIARIELLO (PdL). Ai nostri giorni, dunque, deve esser chiaro che, pur in una situazione difficile, noi non siamo disposti a sottoporre a criteri di mera economicità il futuro dei nostri figli. Se abbiamo proposto il maestro unico, il ritorno ai voti, il voto in condotta, il grembiulino - come dice il presidente Finocchiaro - è perché siamo convinti che nella scuola debba tornare ad abitare un principio di autorità e di rispetto (Applausi dal Gruppo PdL), che si debba arrestare quel processo di degradazione che sempre più sovente sfocia in bullismo e offende - non ve ne siete accorti? - i più deboli e i più indifesi.
Si deve smettere di considerare il comparto istruzione come un grande parcheggio per masse mal pagate e ancor peggio considerate nella società. (Commenti della senatrice Garavaglia Mariapia). Il maestro deve tornare a suscitare quell'antico riconoscimento sociale che aveva quando era in grado di penetrare i cuori e le menti dei bambini (Applausi dal Gruppo PdL) e deve avviarsi verso quel livello di retribuzione europea che meritano coloro cui affidiamo il compito di formare il cittadino del futuro. A questo mira il nostro provvedimento ed è questo il primo passo per una riforma ancora più ambiziosa.
Non voglio però sottrarmi, presidente Finocchiaro, al confronto con il movimento, invero non così numeroso come vorrebbero far credere i mass media, soprattutto in giorni di pioggia (ma sappiamo che ci sono anche le rivoluzioni asciutte e non solo evidentemente nei contenuti) (Applausi dal Gruppo PdL), che in questi giorni si è mobilitato contro i provvedimenti sulla scuola e soprattutto contro i provvedimenti sull'università, che ancora non esistono.
In passato, dal '68 in poi, l'acquiescenza delle classi dirigenti nei confronti di questa protesta - aprite i vostri album di famiglia - ha generato drammi individuali e drammi sociali. (Commenti del senatore Rusconi). Per questo credo che l'unico modo per manifestare attenzione e rispetto nei confronti di questi giovani sia quello di dire loro la verità.
Non è la prima volta che gli studenti si mobilitano contro il loro futuro e vengono resi massa di manovra di interessi di elite corporative. È accaduto anche nel '68 quando il movimento studentesco si coagulò contro la cosiddetta legge Gui, uno degli sforzi più importanti di elaborazione riformatrice del centrosinistra che guidava allora il Paese. Il fallimento di quella legge ha avuto conseguenze devastanti per il nostro sistema universitario. Anche allora la mobilitazione studentesca si collegò alle resistenze di corporazioni interne all'università, gli incaricati e gli assistenti che volevano il posto ope legis, ovvero senza concorso. Lo hanno avuto sulla pelle dei giovani che allora ingannarono mettendo le basi per la corruzione e il deterioramento che sono poi proseguiti per decenni. (Applausi dal Gruppo PdL).
Ma allora, presidente Finocchiaro, quantomeno si era nel pieno della cosiddetta stagione dell'opulenza; vi erano risorse, tra cui il sapere, e si chiedeva che fossero democratizzate. I modi per farlo si sono rivelati sbagliati ma l'obiettivo era comprensibile.
Io vengo dal mondo universitario, so bene quante persone vi lavorano con dedizione, tirano la carretta con stipendi risibili, sostenute solo dalla passione per la ricerca e lo studio. Non sputerò nel piatto nel quale per tanto tempo ho mangiato, ma chiedo agli studenti che oggi protestano se sono sicuri di stare dalla parte di questa parte migliore o se invece con il loro atteggiamento non stanno difendendo sprechi inammissibili e privilegi intollerabili (Applausi dal Gruppo PdL): 5.500 corsi di laurea per i quali oggi ci si può laureare in «cura del cane e del gatto» o in «acquacoltura»; bilanci truccati, corridoi di dipartimenti in cui lo stesso cognome appare anche su dieci targhette (Applausi dal Gruppo PdL); una struttura del corpo accademico per cui le risorse sono sempre più impegnate a creare professori ordinari a scapito di tanti giovani ricercatori che restano soli con le loro illusioni.
L'università è malata e bisogna cambiarla; non serve chiedere più fondi se questi verranno dissipati. Scuola e università statali insomma, se vogliono essere davvero popolari, devono essere riportate ad un livello di eccellenza che consenta chi proviene da classi sociali disagiate di modificare la propria condizione.
Meritocrazia per noi è sinonimo di democrazia. (Applausi dal Gruppo PdL). Se invece prevale il vostro falso egualitarismo, se si continuano a favorire una scuola e una università di serie C (sì, di serie C!), si premia chi ha i mezzi per accedere alle università migliori e più costose, spesso fuori dai confini della Nazione.
Noi dobbiamo questa chiarezza di linguaggio a chi protesta, ma soprattutto la dobbiamo a quei tanti giovani che sono la maggioranza silenziosa del Paese e che pensano che per il loro futuro sia proficuo seguire corsi, dare esami e magari esprimere fiducia nei meccanismi della democrazia rappresentativa. Questa maggioranza silenziosa inizia a parlare nei blog e a farsi sentire con raccolte firme e cartoline inviate ai rettori; non ha alle spalle i mass media e il clamore degli slogan di piazza, ma deve sapere che ha in questa maggioranza parlamentare orecchie attente e rappresentanti del popolo, di tutto il popolo, che impediranno che i loro diritti siano calpestati.
Nel passato queste stesse cose furono enunziate e assai meglio da pochi profeti disarmati nei confronti di un movimento che era partito nel Sessantotto con grandi speranze e che ha prodotto lo sfascio che abbiamo sotto gli occhi: posizioni di privilegio per autentiche caste, che poi, dopo aver usurpato i posti di ricercatori e di professori senza mai farsi vedere in un ateneo, si sono magari anche assunte la libertà di indossare i panni dei moralisti nella battaglia contro la casta politica. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. La invito a concludere, senatore Quagliariello.

QUAGLIARIELLO (PdL). Ho concluso, signor Presidente. Voglio ricordare alcuni di questi profeti in quest'Aula: Augusto Del Noce, Sergio Cotta e Nicola Matteucci sono i nostri maggiori. (Applausi dal Gruppo PdL). Loro si limitarono a dire la verità quando questa verità era difficile da dire.
Noi siamo la classe dirigente che ha l'ambizione di cambiare questo Paese, di modernizzare la scuola, di rinnovare radicalmente l'università e abbiamo ricevuto il consenso dei cittadini per farlo. Non possiamo fermarci laddove da loro abbiamo ricevuto il testimone: abbiamo il dovere di andare avanti e di proporre riforme che possano veramente rinnovare in profondità, affinché questo Paese possa guardare con più fiducia al suo futuro. È un impegno per il Governo, è un impegno per questa maggioranza parlamentare. (Vivi applausi dal Gruppo PdL e dai banchi del Governo. Molte congratulazioni).
COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà, presidente Cossiga.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, signor Ministro, signori senatori, credo che tutti in quest'Aula sappiano che io non ho mai votato per il partito dell'onorevole Berlusconi. Anche alle ultime elezioni ho votato per il PD perché purtroppo il PC non c'è più. Ho votato per il PD, ma non capisco più che cosa sia, salvo che mi rechi a New York per sentire Veltroni che fa propaganda per Obama. Per me votare questa legge è quindi già una deviazione, ma spiegherò perché la voto. (Applausi dal Gruppo PdL).
Signor Ministro, io ho letto solo fuggevolmente il testo del decreto...(Commenti dai banchi dell'opposizione).

GRAMAZIO (PdL). Stai zitto! (Richiami del Presidente).

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Ma lasciate interrompere...

PRESIDENTE. Colleghi, invito al silenzio sia la maggioranza che l'opposizione per rispetto nei confronti del presidente Cossiga.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, mi scusi, ma quando ero deputato e Aldo Moro fece un discorso approvando l'intervento americano in Vietnam, io feci a pugni e l'amico Pajetta mi diede un pugno in piena faccia. Quindi, torniamo ai vecchi tempi. (Applausi dal Gruppo PdL). Per esempio, un pugno dal Capogruppo del PD lo gradirei; devo dire onestamente. Pajetta era però più cattivo e non so se lei sappia fare a pugni.

PRESIDENTE. Prego, presidente Cossiga, prosegua nel suo intervento.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Sì, signor Presidente, volevo solo chiarire perché ho fatto pugni.
Signor Ministro, ho letto piacevolmente il testo del decreto-legge, solo per accertarmi delle ragioni della vasta protesta degli studenti universitari, non convinto dalle parole che ieri Umberto Eco ha pronunziato, il quale ha dato loro dei perfetti imbecilli, dicendo: «Voi non capite che state manifestando per i baroni e non per voi stessi»; ma Umberto Eco è notoriamente di destra. (Ilarità dal Gruppo PdL).
Di fronte alla vasta protesta degli studenti universitari, dei ricercatori e di quelli contro i quali un tempo gli studenti protestavano, cioè i baroni universitari, ho voluto verificare se il decreto-legge contenesse qualche disposizione sull'università. L'ho letto, l'ho riletto, l'ho fatto leggere ai miei collaboratori: niente. E sono stato contento, perché questa è una forte confutazione della teoria dello zero e della teoria del nulla. Si può manifestare anche contro lo zero e contro il nulla.

SOLIANI (PD). È la legge n. 133 del 2008, Presidente.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Voterò a favore della legge di conversione per tre motivi che esporrò brevemente.
Signor Presidente, siccome sono notoriamente logorroico, quando lei crede mi tolga pure la parola.

PRESIDENTE. Vorrei evitare di farlo, Presidente; quindi, mi auguro che il suo intervento si contenga nei dieci minuti.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Lo faccia pure invece, depositerò il discorso agli atti. Tenga anche presente che non ho mai avuto la soddisfazione di essere cacciato via dall'Aula e una volta tanto sinceramente la vorrei avere.
Innanzitutto voglio ringraziare da questi banchi gli organizzatori e i partecipanti delle oceaniche manifestazioni di questi giorni, dai baroni universitari alle responsabili mamme dei bambini innocenti portati in piazza ad urlare slogan di cui essi non comprendevano nulla. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).
Avrei capito se avessi sentito i bambini gridare: «Merendine! Merendine!» No: «Assunzioni!». Cosa ne sa un bambino di sei anni, salvo che glielo suggeriscano, del significato di «Assunzioni! Assunzioni!». (Ilarità e applausi dai Gruppi PdL e LNP). «Merendine, merendine!» sarebbe stato meglio.
Per quanto riguarda l'autorità di pubblica sicurezza, essendo stato io, tra le altre cose (salvo che Presidente della Camera sono stato tutto) Ministro dell'interno, è stata una vera botta di vita sentire inneggiare slogan che temevo ormai desueti, sapere che la piazza non mi ha dimenticato e che qualcuno si ricorda di me: «Cossiga boia, Cossiga assassino, Cossiga piduista». Mi è stato chiesto se si dovesse inviare un rapporto all'autorità giudiziaria e io ho risposto di no, perché temo che ad essere condannato sia io e non loro, con l'aria che tira. (Ilarità nei banchi della maggioranza).
Devo confessare che su questo campo speravo di più dalla marcia di oltre 5 milioni di persone, senza contare i cani e i gatti al seguito (Ilarità). Cinque milioni di persone! Pensate che ormai, con la polizia stradale, la fila delle persone arrivava a Firenze. Una marcia non su Roma, questa volta, ma in Roma e nell'oceanica adunata del Circo Massimo. Da ragazzo ero in Germania e ricordo le bellissime manifestazioni a Norimberga di Adolofo Hitler. Tutti i totalitarismi sono uguali e si comincia sempre così.
Speravo invano che i marcianti dessero fuoco a qualche macchina, come ai bei tempi, spaccassero qualche vetrina, scandissero slogan...

GIARETTA (PD). Ti sarebbe piaciuto per fare quello che volevi fare tu.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Certo, quello che ho fatto io con l'aiuto e il consenso del Partito Comunista, che in quest'Aula ha votato all'unanimità la mozione a mio favore! (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

VOCI DAI BANCHI DELLA MAGGIORANZA. Bravo!

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Ma erano i tempi di Berlinguer, non di Walter Veltroni.
Erano i tempi di Natta, non di Franco Marini, era il tempo del glorioso Partito Comunista. (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione).

VOCE DAI BANCHI DELLA MAGGIORANZA. Bravo!

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia, Lasciamo parlare il presidente Cossiga senza interromperlo.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Quando ho fatto picchiare a sangue gli universitari che hanno cacciato via Lama, il Gruppo del Partito Comunista alla Camera in piedi mi ha tributato un'ovazione. Se lo vada a leggere!

GIARETTA (PD). Li ho letti. Noi non siamo per una Polizia che picchia.
(Vivaci commenti dai banchi della maggioranza).

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Il Gruppo del PCI in piedi mi ha tributato un unanime applauso. (Proteste dai banchi dell'opposizione)

VITALI (PD). Smettila!

DONAGGIO (PD). Presidente, rispetti il Senato.

PRESIDENTE. Prego, presidente Cossiga, prosegua nel suo intervento. Colleghi, così non si va da nessuna parte, cerchiamo di consentire al presidente Cossiga di proseguire il suo intervento.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Speravo di sentire il glorioso grido degli studenti del movimento che il servizio d'ordine del PCI e della CGIL ci hanno aiutato a picchiare di santa ragione. Quando ci fu un 5 maggio, ci mettemmo d'accordo con il servizio di vigilanza della CGIL e ci mettemmo d'accordo così: prima quelli del movimento li picchiavano loro, poi ce li davano in braccio e li picchiavamo noi. Gloriosi tempi di Lama! (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione). Sì, perché io sono stato il Ministro dell'interno di tre Governi di solidarietà nazionale! (Vivaci proteste dai banchi dell'opposizione)

PERDUCA (PD). Hanno ammazzato Giorgiana Masi!
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di consentire al presidente Cossiga di concludere il proprio intervento.

COSSIGA (UDC-SVP-Aut). Speravo di sentire il famoso grido: «Se vedi un punto nero, spara a vista: o è un carabiniere o è un fascista». Ma siccome nel partito obamiano ci sono molti cattolici (cattolici adulti o cattolici democratici, ma pur sempre cattolici), naturalmente veniva espunta dalla frase «Se vedi un punto nero spara a vista: o è un prete, o un carabiniere, o un fascista» la parola «prete».






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