L'attuale impianto educativo non regge pił ai cambiamenti globali: cercare intese su temi concreti. La scuola attende ancora il cambio di marcia
Data: Domenica, 26 ottobre 2008 ore 19:57:13 CET
Argomento: Opinioni


La situazione si è complicata perché in questi giorni una buona parte del mondo scolastico è percorso da nuove, acute, tensioni. Ho l'impressione che oggi esso si senta offeso dall'idea di dover essere "tagliato", come si fa quando si è considerati spreconi, se non addirittura parassiti.
A me pare di percepire che si tratta di una sensazione diffusa, di una lettura forse istintiva della decisione di tagli così rilevanti, dell'humus di cui si alimenta la preoccupazione di una riduzione dell'occupazione.
Si può obiettare che la reazione è ricorrente ed esagerata, ma anche se così fosse, resta pur sempre uno stato d'animo d'insicurezza, di poca considerazione.
Constato, cioè, una realtà; nonvaluto, né accuso.
Prendo atto, e vorrei avvertire che in questo clima potrebbe divenire assai difficile far passare, tradurre in pratica qualsiasi misura. Certamente non maturano le condizioni per il profondo cambiamento di cui la scuola ha bisogno come dell'ossigeno.
Perché, intendiamoci, la scuola italiana deve essere cambiata, radicalmente, profondamente, da ora, nei suoi contenuti e metodi, ed è questo che ancora una volta rischia di saltare.
Bisogna far qualcosa per restituire lo spazio necessario e favorevole a un moderno riformismo, capace di cambiare la scuola dalle fondamenta, come è avvenuto in tanti Paesi.
L'Italia ignora questa tematica.
La verità è che da noi non si è accettato il nuovo grande fenomeno epocale, quello per cui tutti devono studiare fino alla maggiore età.
Non si capisce che per assicurare questo traguardo storico l'attuale impianto educativo non funziona più, è dannoso.
Non si consegue qualità scolastica, ormai, senza equità e inclusione, senza liberarsi del gentilismo e della didattica che cala dall'alto, senza coinvolgere gli alunni, senza trovare equilibrio fra teoria e pratica, astrazione ed esperienza, senza sollecitare creatività artistica ed emozioni, senza motivare chi apprende, in modo differenziato a seconda delle diversità esistenti fra i discenti.

 

Le risorse umane docenti ci sono; sono tanti gli insegnanti e le scuole che continuano a provarci, ma senza sostegno e riconoscimento.
Il processo in questa direzione era stato avviato una decina di anni or sono, con innovazioni significative, ma è stato bloccato:
la legge di riforma dei cicli scolastici cancellata,
la valutazione del sistema e dei docenti esorcizzata e fatta vivacchiare,
il progetto di revisione curriculare accantonato,
l'autonomia compressa in ambiti ristretti.

 

Vorrei proporre due esempi concreti e non ideologici, fra i tanti. Innanzitutto si deve valorizzare la formazione scientifica degli alunni, oggi assai carente.
In tutte le scuole va cambiato il modo d'insegnare e imparare scienza e tecnologia, come ci dicono l'Europa e il buon senso.
Fra l'altro, ad esempio, è giunta l'ora di dare all'Italia il diritto di avere un liceo scientifico degno di questo nome, diritto di cui ci privò Giovanni Gentile cancellando l'istituto in cui avevano studiato Edoardo Volterra e (mi pare) Enrico Fermi, per sostituirlo col suo liceino brutta copia del classico.
Ottimo il rilancio degli istituti tecnici; insieme, però, va istituito un vero liceo scientifico, visto che è questo indirizzo a incontrare il favore delle famiglie, testimoniato dalla crescita delle iscrizioni.
Nel suo curriculum vanno rafforzate le scienze, sia nel quadro orario sia nel cambiamento profondo della didattica nel senso teorico-sperimentale.
Un altro esempio: la legge sulla riforma dei cicli.
Riprenderla significherebbe capovolgere l'attuale approccio alle politiche del personale, del risparmio, della qualità del ciclo primario.
Si rimetterebbe in moto un cambiamento che cumulerebbe vari vantaggi, tutti assai qualificati:
favorire il passaggio fluido da infanzia ad adolescenza (tema educativo cruciale);
diplomare ai 8 anziché a 19 anni, come inEuropa, con un anno in meno;
far risparmiare migliaia d'insegnanti, permettendone una parziale riutilizzazione nel senso del maestro prevalente, arricchendo e modernizzando l'offerta didattica (anche sul fronte dell'inglese, della musica, della scienza).
Non si taglia per tagliare, ma si qualifica e modernizza, e si risparmia anche.

 

Sono spunti fra i tanti.
Non si tratta di una nostalgica restaurazione del passato né una difesa pura e semplice dello statu quo.
Sono temi concreti, della scuola viva, reale.
Sono il futuro, unico terreno di una possibile intesa, o quanto meno di una vitale sfida reciproca sulle cose e sul futuro.
Proviamoci.

 

25.10.2008
Berlinguer Luigi
* Ex ministro della Pubblica istruzione







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