HEGEL E LA LIBERTA':NOTE CONCETTUALI PER UN PERCORSO DIDATTICO
Data: Mercoledì, 22 ottobre 2008 ore 09:20:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Note concettuali, propedeutiche alla costruzione di un percorso didattico

di Piergiorgio Sensi*

 

La sintesi filosofica di Hegel raccoglie e oltrepassa (come Aufhebung o come Überwindung) i due orientamenti del pensiero coevi: il tardo illuminismo e il nascente romanticismo. Bersagli polemici primari sono la concezione dell’uomo come nucleo di desideri egoistici, mosso unicamente dal conatus sese conservandi (Hobbes-Spinoza), che riduce la natura e la società al mero ruolo di oggetti (gegen-ständen: contra-stanti), mezzi per il soddisfacimento dei desideri egoistici del soggetto; e la razionalità analitica dell’illuminismo (che Hegel riduce a Verstand, intelletto determinante-isolante: la chiarificazione dei concetti di intelletto e ragione in Hegel va didatticamente fatta leggendo i §§ 80-82 dell’Enciclopedia), incapaci di ergersi al punto di vista della totalità e smarrenti l’unità concreta, vivente, 'espressiva' (Berlin) dell’essere umano. L’uomo è isolato e separato dalla natura, ma anche dalla società.

Da queste concezioni consegue la caratterizzazione della morale come utilitarismo (calcolo della convenienza), ma ciò mette in crisi la nozione di libertà morale come autodeterminazione (Kant: se l’uomo è sempre condizionato nello scegliere da impulsi empirici, non attinge mai l’imperativo categorico, non è mai autonomo). La fondazione kantiana della morale comporta, però, una radicale separazione della sfera morale dell’uomo da quella empirico-sensibile.

Sin dagli scritti del periodo di Jena, Hegel si propone l’obiettivo di superare-riconciliare la frattura tra la ragione (Vernunft), la libertà e l’ordine naturale, nonché di pensare come destinata alla conciliazione la lacerazione intrinseca all'antropologia kantiana.

La libertà dello Spirito

Ciò viene reso possibile riconoscendo alla natura un fondamento spirituale intrinseco alla stessa natura. In altri termini, la natura viene concepita (cfr. Fichte e Schelling) come un primo e più astratto momento della grande 'espressione-realizzazione' dello Spirito (Geist), che 'urge' verso la piena coscienza di sé come totalità. Lo Spirito (l’Assoluto) è tanto sostanza quanto soggetto, ossia cosciente e libero. L’uomo è il luogo privilegiato, il medium, nel quale lo Spirito universale giunge a piena coscienza di sé, in quel processo di manifestazione di cui la natura materiale è il primo momento. Lo Spirito - il 'Dio' della filosofia hegeliana - deve necessariamente incarnarsi nel mondo e prendere coscienza di sé nell’uomo ("senza il mondo Dio non è Dio"); ciò non comporta però la sua riduzione a quell’ente finito che è l’uomo, come vorrà la sinistra hegeliana (Feuerbach, Marx). L’uomo resta un momento da superare (aufheben). La compiuta trasparenza dello spirito non si attua in forme intuitive (estetico-religiose, come vorrebbe il romanticismo), bensì come piena consapevolezza dell’articolazione dialettica della realtà, intrinsecamente razionale ("Tutto ciò che è reale è razionale"!): solo la ragione dialettica è capace di 'comprendere' concettualmente (begreifen – afferrare, tenendo insieme) soggetto e oggetto, spirito e natura, identità e differenza (categorie da illustrare ricorrendo alla lettura della Prefazione alla Fenomenologia).

La comprensione razionale della totalità si rivela come l’essenza stessa del concetto di libertà come autodeterminazione: a essere pienamente libero non è il soggetto finito, bensì lo Spirito assoluto. Tale libertà radicale coincide con la struttura intrinsecamente necessaria del reale. La soggettività dello Spirito è dunque il fondamento della sua libertà.

 

La libertà politica e la dialettica del riconoscimento

Il pensiero moderno (giusnaturalismo, contrattualismo) rompe la concezione classica della 'naturalità' della politica. La res publica (o societas civilis) è un artificio: nasce da un contratto 'fatto ad arte', dai singoli, in base a un calcolo razionale (per Hegel intellettualistico) della convenienza. Lo stato di natura è pre-politico, tendenzialmente atomistico e conflittuale. Secondo Hobbes, la molla che spinge a uscire dallo stato di natura è la paura della morte: l’uomo, egoisticamente mosso dal conatus, è spinto alla diffidenza e alla guerra: competizione, diffidenza e gloria sono le tre passioni 'primitive' che costituiscono “le principali cause di contesa: la prima porta gli uomini ad aggredire per guadagno, la seconda per la sicurezza e la terza per la reputazione” (Leviatano, XIII). A questa dialettica 'del misconoscimento' Hegel opporrà la dialettica del riconoscimento come fondazione della dimensione etico-politica, già a partire dalla Fenomenologia dello Spirito (in questa chiave va letta la celeberrima figura Signoria-servitù). Il desiderio, autenticamente morale, di essere riconosciuto fonda l''eticità' (Sittlichkeit), la vera antitesi della fondazione artificiale della comunità politica e dello stato. La correlazione tra relazione con se stessi e relazione con l’altro è da sempre originariamente posta all’interno dello Spirito come soggettività universale. Il riconoscimento reciproco è momento necessario, in quanto articolazione della capacità di mediare identità e differenza: “essere fissato nella differenza significa essere servo; essere libero nei confronti della differenza significa essere signore” (Taminaux). Lo stesso 'nomos', che segna il passaggio dalla appropriazione alla legittimazione, è fondato sul riconoscimento reciproco.

 

Per la lettura de i Lineamenti di filosofia del Diritto

Il percorso didattico trova il suo compimento nella lettura estesa de i Lineamenti del 1820. La volontà libera che determina se stessa (§ 5) si realizza inizialmente in forma negativa, come capacità di astrarre, indi come decisione e azione che pone i propri contenuti (§§ 8-13), per giungere a volersi come “universalità determinante se stessa” (§ 21), superando la naturalità e la particolarità; ponendosi, dunque, come base dell’etica 'politica'. Lo stato è perciò “l’effettualità dell’idea etica” (§ 257), compiuta realizzazione dello 'spirito oggettivo'. In esso la libertà giunge al suo supremo diritto ed esso ha potestà sugli individui (§ 258). Lo stato si pone come intero etico: solo al suo interno giunge a compiutezza etica e libera l’individuo: il sistema del diritto è “il regno della libertà realizzata … il mondo dello spirito prodotto come seconda natura dallo spirito stesso” (§ 4). Nella 'costituzione razionale' (ossia 'la libertà pubblica' § 286) dello stato si realizza la garanzia della libertà: “è data in sé l’unificazione della libertà e della necessità” (§ 265); la 'libertà concreta' (§ 260), in cui si supera dialetticamente l’opposizione tra libertà particolare dei singoli e dell’intero corpo politico, 'libertà sostanziale' (§ 257). La libertà particolare dei singoli individui (distinta e contrapposta a quella dello stato) è e resta un’astrazione. L’obbligo che lo stato impone agli individui è sì limitazione, ma anche 'liberazione' (§ 149) da quella unilateralità che condiziona radicalmente il singolo. Ha dunque ragione Popper nell’etichettare questa concezione come totalitaria? Se si dimentica che per Hegel l’elemento della soggettività particolare è momento necessario (§ 142), ma destinato a superarsi. Del resto anche negli stati liberali la partecipazione alle decisioni dello stato è mediata dalla rappresentanza (per Hegel dal sistema dei 'ceti', § 314).

Sulle aporie della rappresentanza, però, si farà un altro percorso.

 

*Insegna Filosofia e storia presso il Liceo Classico 'Mariotti' di Perugia ed è Supervisore di tirocinio presso la SSIS dell’Università di Perugia. Ha pubblicato diversi saggi sulla filosofia del Novecento e sulla didattica della filosofia in riviste e volumi collettanei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 







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