NELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE NON VINCE CHI PRENDE LA CITTADINANZA IN OSTAGGIO, MA CHI NE CONQUISTA IL CONSENSO
Data: Venerdì, 17 ottobre 2008 ore 17:23:19 CEST
Argomento: Opinioni


Articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 30 gennaio 2002             
Pietro Ichino
 
Un modo per ricondurre il conflitto sindacale nei servizi pubblici alle sue conseguenze normali esiste, ha già incominciato a essere sperimentato in qualche caso isolato e l’authority competente, la Commissione di Garanzia presieduta da Gino Giugni, ha dato l’anno scorso alcune indicazioni positive in proposito.
Un accordo collettivo può prevedere la possibilità che, in alternativa allo sciopero tradizionale, venga proclamato uno “sciopero virtuale”, durante il quale il servizio viene svolto regolarmente, ma i lavoratori rinunciano alle proprie retribuzioni e l’azienda si obbliga a devolvere a un’iniziativa socialmente utile una somma pari a un multiplo dell’ammontare delle retribuzioni stesse. In altre parole, si riporta lo sciopero nel servizio pubblico agli effetti che esso produce in qualsiasi azienda industriale: i lavoratori esercitano la propria pressione sulla controparte in modo diretto, incidendo immediatamente sul suo bilancio, e non in modo indiretto, prendendo in ostaggio l’intera collettività.
Il costo dello sciopero virtuale per il datore di lavoro può essere determinato moltiplicando le retribuzioni perdute dai lavoratori per due, per tre, per quattro: un costo che lo sciopero oggi per lo più non produce per l’azienda erogatrice del servizio pubblico di trasporto; un costo, comunque, di molto inferiore a quello che oggi lo sciopero dei trasporti produce ingiustamente per la collettività.
Certo, alla diffusione di accordi collettivi di questo genere gioverebbe una legge che esentasse da imposte e contributi previdenziali le retribuzioni a cui i lavoratori rinunciano con l’adesione allo sciopero virtuale. Ma gli accordi possono essere stipulati anche prima di questo intervento legislativo.
A prendere l’iniziativa dovrebbero essere le confederazioni maggiori, più attente agli interessi della collettività: è infatti proprio la loro maggiore attenzione e parsimonia nel fare ricorso allo sciopero nei servizi pubblici che offre ai sindacati autonomi l’opportunità di presentarsi ai lavoratori del settore come difensori più determinati e aggressivi dei loro interessi. Il ricorso allo sciopero virtuale renderebbe meno incisiva l’azione del sindacato?
Non credo proprio.
Nella società dell’informazione, non vince chi si mette contro l’opinione pubblica.
Viceversa, una minima parte delle risorse rese disponibili dallo sciopero virtuale basterebbe al sindacato per lanciare alla collettività, dagli schermi televisivi e dalle pagine di tutti i maggiori quotidiani, questo messaggio: “Siamo in lotta per questi e questi motivi; ma abbiamo fatto in modo che la nostra lotta non rechi danno agli utenti del servizio, anzi consenta questa e quest’altra iniziativa socialmente utile.
Contiamo sul vostro sostegno”. I motivi dello sciopero, siano essi sindacali o – come oggi – politici, raccoglierebbero molti più consensi tra i lettori o ascoltatori di quel messaggio che tra i cittadini appiedati nelle città invase dalle auto e dallo smog.







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