ANTAGONISMO TRA I BANCHI
Data: Giovedì, 16 ottobre 2008 ore 18:28:08 CEST
Argomento: Redazione


E protestano, non solo contro la decisione del governo di tornare al «maestro unico» nelle elementari, bloccando il «turn-over» degli insegnanti per ottenere tagli e risparmi nei costi dell'enorme macchina statale dell'istruzione. In qualche modo il decreto che è già passato tra le polemiche alla Camera, e sta per essere posto in votazione al Senato, sta funzionando da catalizzatore contro tutte le riforme tentate e praticate, annunciate e fallite, in questa come nella precedente esperienza di governo del centrodestra, per cambiare scuola e università. È la conferma, se ancora ce ne fosse il bisogno, che in Italia, e non solo in Italia, questo è un settore difficilissimo da ristrutturare: ancor più, se si cerca di riformarlo per decreto.

Ma non è soltanto un comparto importante, delicato e assai costoso della pubblica amministrazione che si muove. I ricercatori universitari che dovevano essere tagliati o sottoposti a graduatorie di merito dall'ex ministro Moratti, in altre parole, non si sarebbero alleati con i maestri elementari che l'attuale ministro Gelmini vuol mettere in una specie di prepensionamento, o con i genitori dei ragazzi che temono di veder ridimensionare l'orario scolastico per riduzione del personale, e di veder sparire la scuola sotto casa perché sotto i 50 alunni, se non ci fosse qualcosa, al di là delle singole rivendicazioni sindacali, che li unisce.

E quel qualcosa è la sensazione di insicurezza, l’identità precaria nella quale tutti - studenti, insegnanti, genitori - non si sono mai rassegnati a riconoscersi, che d’improvviso abbandonano la dimensione della provvisorietà per diventare definitive. Si muove, insomma, un pezzo di società in cerca di rappresentanza. Non un pezzo di Stato e neppure solo la vasta clientela di un servizio pubblico, basilare come l'istruzione.

Questo spiega perché le rivendicazioni, quale più quale meno, delle varie categorie, non si pongono in termini di trattativa con il governo, o di emendamento del decreto che sta per essere trasformato in legge dal Senato, ma piuttosto di rifiuto in blocco di quel che è stato deciso. Che la legge finanziaria debba essere costruita in un certo modo, per rientrare nei parametri europei, non importa. Le polemiche sono contro «la distruzione» e non contro «la ristrutturazione» della scuola. Agli insegnanti che denunciano - in parte anche legittimamente - la povertà dei loro stipendi, non interessa il fatto che, riducendo il numero dei professori e introducendo reali meccanismi di merito, forse la paga di molti di loro potrebbe anche crescere. No, loro sostengono di sentirsi trattati da parassiti dal governo, e tutte le sere vanno in tv per dichiararsi offesi e rivendicare il livello della loro professionalità.

Così un insieme di svariati milioni di persone (le cifre cambiano, secondo che si considerino maestri e professori insieme, studenti e anche genitori) sta trasformandosi sotto gli occhi di tutti in un grande serbatoio di antagonismo sociale, che l’approvazione del decreto Gelmini, ormai prossima, non potrà che ingigantire. Un serbatoio insensibile ai problemi che la crisi finanziaria, e la nuova congiuntura mondiale, stanno imponendo a passi lunghi e svelti a tutti i paesi moderni. Una classe composita, spesso ai margini delle delle «soglie di povertà» denunciate dalla Caritas. E una protesta che, pur non avendo nulla a che fare con il '68 e la Pantera, se non viene incanalata e guidata, potrebbe riservare a tutti brutte sorprese. C'è da vedere infatti come il ribollire di questo vasto settore pubblico giocherà sul governo. E ammesso che Berlusconi tenga duro, in nome del suo elettorato che ha in odio disordini e manifestazioni, sarà interessante vedere quanto peserà il ritorno dell'antagonismo su un’opposizione che, sull'onda del disastro finanziario mondiale, sembrava tornata a una linea di responsabilità, e si preparava a votare in Parlamento i provvedimenti anticrisi del governo.

Servirà poco, per capirlo. Basterà seguire toni e slogan della manifestazione del Pd del 25 ottobre: se il corteo organizzato «per aiutare l’Italia a uscire dalla crisi», torna ad essere quello «per salvare l’Italia da Berlusconi», vorrà dire che, a sorpresa, anche Veltroni s’è schierato con le occupazioni.







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