ROMA.
12.10.2008. Dopo la scuola, tocca all’università. Dopo l’università
sarà la volta degli istituti tecnici e professionali.
I movimenti studenteschi sono tornati a farsi sentire.
L’avvistamento di una pantera nella campagne irpine,
nel giorno della manifestazione di venerdì scorso, è
stato interpretato come un buon segno da chi è sceso in
piazza. La cosa non turba il ministro dell’Istruzione, Gelmini,
che tira dritto nonostante gli scioperi a raffica previsti
nelle prossime settimane.
In occasione di un incontro a San Patrignano con gli
studenti annuncia l’intenzione di presentare a breve un
«crono-programma» per cambiare «il volto dei nostri
atenei». Quattro o cinque priorità da realizzare in tempi
prestabiliti, perché «anche per l’università italiana la
situazione non è rosea». Parole che preannunciano una
nuova sforbiciata alla spesa per l’Istruzione, un altro intervento
per «razionalizzare» le risorse di un settore
«inefficiente».
In arrivo anche una riforma degli istituti tecnici,
mentre il centrosinistra protesta per una norma che
prevede l’accorpamento degli istituti medi e superiori
con meno di 500 alunni e la conseguente chiusura di
circa quattromila sedi. A mettere altra carne sul fuoco, il
ministro della Semplificazione, Calderoli, con la sua
proposta per risparmiare ulteriormente sulla scuola rivedendo
le mansioni dei bidelli: «In momenti di vacche
magre come questo, è giusto far tornare i bidelli a pulire
le scuole come capitava ai nostri tempi».
«Con 5.500 corsi di laurea, 300 sedi distaccate, e
una media di laureati inferiore a quella di altri Paesi europei,
abbiamo oltre il 50% dei ragazzi che non arriva alla
laurea». Dopo aver rimesso ordine nello «stipendificio», il ministro Gelmini conta di cambiare i connotati
agli atenei con «pochi disegni di legge». «Nessuna università
fra le prime cento. Non è un motivo di orgoglio»,
dice promettendo guerra alla proliferazione dei corsi. «Il
90% del fondo ordinario per la spesa corrente e una governance
dove i rettori sono spesso oggetto di ricatti
non sono segno di efficienza», aggiunge chiosando:
«Non possiamo non avere un sistema di valutazione
delle risorse, non sarà più possibile spendere le risorse
a pioggia, occorre valutare i singoli progetti, la qualità
della ricerca e finanziare solo la ricerca più importante,
quella qualitativamente più adeguata».
Gli istituti tecnici e professionali «devono avere assoluta
pari dignità dei licei», afferma il ministro dell’Istruzione
che intende ripartire da qui dopo la reintroduzione
del maestro unico alle elementari. «Negli istituti tecnici
ci sono 900 indirizzi. E’ un’assurdità. Faremo una
riforma per cui davvero alla fine del ciclo di studi ci sarà
per gli studenti un titolo spendibile sul mercato».
La Gelmini difende la sua riforma e annuncia che
parte (due miliardi) dei risparmi ottenuti con la manovra
sulla scuola saranno destinati all’aggiornamento e
alla formazione degli insegnanti e a un capitolo di spesa
che comprenderà anche «scatti di carriera per gli insegnanti
legati al merito». Ma non riesce a conquistare
la fiducia della piazza contro cui nutre una forte diffidenza:
«Chi difende lo status quo non ha in mente la generazione
del 2020, ma la difesa dei corporativismi che
hanno ingessato la scuola».
Sono a rischio quattromila istituti. E’ l’allarme lanciato
dall’ex ministro dell’Istruzione, Fioroni, a proposito
della norma sull’accorpamento contenuta nel decreto
legge riguardante la sanità che prevede la chiusura
degli istituti scolastici con meno di 500 alunni.
ANNA RITA RAPETTA (www.lasicilia.it)