Sulla scuola burattini e burattinai. Sul decreto gelmini studenti allo sbando.
Data: Luned́, 13 ottobre 2008 ore 22:15:05 CEST
Argomento: Rassegna stampa


In Parlamento e in piazza i comunisti non si negavano il piacere di ingiuriare spesso e volentieri Alcide De Gasperi. Ma, uomo a sangue ghiaccio, il presidente del Consiglio non si doleva più di tanto. Non è che un'opinione, sosteneva. Come a dire, fallibile come tutte le opinioni umane. A più forte ragione, di fronte alla contestazione studentesca il ministro Mariastella Gelmini non ha motivo di rammaricarsi. Prima di tutto perché gli slogan degli studenti in piazza sono caricature di opinioni. Per di più talmente false da far apparire i sullodati studenti con nasoni lunghi come quello di Pinocchio e con le gambe corte. E poi perché quelle caricature di opinioni non sono farina del loro sacco. Sono eterodirette, messe loro in bocca dai soliti burattinai. Che da quando il centrodestra è al governo, scimmiottano Gino Bartali e a pieni polmoni urlano che è tutto sbagliato, tutto da rifare. Perciò studenti diventati burattini di legno recitano, poveri diavoli, un copione concepito in alto loco.  

 

Esagerazioni? Niente affatto. Basta leggere le risposte date ai giornalisti sul perché della contestazione al decreto Gelmini per rendersene conto. Il «Corriere fiorentino» di sabato è particolarmente istruttivo al riguardo. Il giornalista Matteo Leoni osserva che «di questi ragazzi che sono venuti a manifestare da tutte le scuole di Firenze, se ne interroghi dieci fai fatica a trovare uno che sappia davvero perché si trovi lì». Alla domanda che cos'è che non ti piace della riforma Gelmini, Davide fa scena muta. Peggio, con lessico scimmiesco, emette un sonoro «boh». Un altro burattino in gonnella porta al collo un cartello con su scritto «Difendiamo la scuola pubblica». Ed ecco cosa dice: «Della riforma non mi piacciono i tagli. Non so quanti sono, ma mi hanno detto che sono tanti». La poveretta non sa che tagliando gli sprechi si può fare molto di più per quella grande malata che è la scuola italiana.  

 

Un'altra studentessa smercia falsità in non modica quantità quando afferma che «siamo qui perché la Gelmini si è comprata la laurea». Ma, gratta gratta, alla fine la verità si fa strada. Così uno che parla come mangia, confessa: «Non voglio fare il finto intellettuale: siamo qui perché non volevamo andare a scuola». E un altro che non se la sente di raccontare balle, dice papale papale: «Io della riforma non ci capisco molto, però ho le istruzioni nel diario». Una ragazzotta, che - chissà perché - gira tra la folla con una bandiera cubana, pronuncia un no secco e ultimativo nei confronti della riforma Gelmini. Ma poi, e qui casca l'asino, palesa la sua crassa ignoranza quando rileva che «è inutile entrare nei dettagli». C'è chi confonde il precedente ministro Fioroni con l'attuale. Chi storpia tutt'altro che deliberatamente il nome della Gelmini. Chi candidamente confessa di non essere preparato. E che dire di quei citrulli che a Bergamo hanno bruciato dei grembiuli volti al lodevole scopo ministeriale di non discriminare il povero dal ricco?  

 

I burattinai, manco a dirlo, sono i soliti agit prop della sinistra. Credono di essere astuti come volpi. E invece sono vittime dell'hegeliana eterogenesi dei fini. Ma sì, regolarmente vanno per suonarle e immancabilmente finiscono per essere suonati. Perché, contestando tutto, sono capaci di abbindolare studentelli senz'arte né parte. Ma non riescono a far fessi la stragrande maggioranza degli italiani. I quali, come i sondaggi puntualmente confermano, sono favorevoli a tutto ciò che non piace a burattinai in preda alla sindrome di Tafazzi. Sono favorevoli al grembiule in classe, al maestro unico concepito come essenziale punto di riferimento per i più piccoli, a quella educazione civica esaltata con ragione dal presidente della Repubblica, al voto in condotta che metterà la parola fine a un intollerabile bullismo.  

 

Come De Gasperi, dunque, il ministro Gelmini fa spallucce e procede come un panzer. Ha già annunciato la riforma degli istituti tecnici, che oggi hanno ben 900 indirizzi: una follia. E poi sarà la volta dell'Università, che ancora sconta le conseguenze demenziali del 68. Ogni disciplina è stata parcellizzata all'infinito per far posto a un numero spropositato di docenti. Alcuni dei quali ormai insegnano a banchi spopolati di studenti. I soliti burattinai, vedrete, avranno da ridire anche su questa riforma prossima ventura. A maggior gloria di un ministro che, per nostra fortuna, ha le spalle larghe e non si fa intimidire da nessuno.







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