IL NOBEL PER LA LETTERATURA ALLO SCRITTORE FRANCESE LE CLEZIO
Data: Domenica, 12 ottobre 2008 ore 09:00:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Giorgia L. Borgese
Quando è arrivata la telefonata dell'Accademia del Nobel, Jean-Marie Gustave Le Clézio, premiato per la Letteratura, stava leggendo un libro, "La dictature du chagrin" di Stig Dagerman. «Grazie», ha risposto semplicemente, alla notizia che gli era stato attribuito il prestigioso riconoscimento. «Non me lo aspettavo, non ero pronto, ma sono molto felice». Il suo messaggio? «Continuate a leggere romanzi».
Dopo Sartre (che lo rifiutò) e Camus, dopo Gide e Claude Simon, un nuovo scrittore francese entra dunque nel paradiso dei Nobel: l'Accademia svedese ha premiato ieri Jean-Marie Gustave Le Clézio, 68 anni e una cinquantina di libri all'attivo, fra romanzi, saggi e raccolte di novelle, «romanziere della rottura, esploratore dell'avventura poetica e dell'estasi sensuale», preferendolo alla tedesca Herta Muller (e la critica tedesca è stata particolarmente impietosa: Le Clézio è stato definito "noioso" e "sconosciuto", e la scelta dell'Accademia "bizzarra"), al peruviano Vargas Llosa, all'israeliano David Grossman, all'italiano Claudio Magris, tutti indicati, prima o poi, come potenziali vincitori. Da notare, en passant, che la Francia s'è vista assegnare tre Nobel in tre giorni: dopo quelli per la Medicina a Luc Montagnier e alla sua collaboratrice Francoise Barré-Sinoussi, ecco il trionfo di Le Clézio per la Letteratura. «Grande fierezza» è stata espressa dal tempestivo presidente Nicolas Sarkozy, che ha ricordato come dal 1901 siano ormai 14 gli scrittori francesi che hanno ottenuto il massimo riconoscimento.
Nato a Nizza nel 1940, sposato dal 1975 con Jémia, una marocchina del Sahara occidentale, due figlie, due patrie (la Francia e l'isola Mauritius), tre residenze (Nizza, Douarnenez in Bretagna e Albuquerque, tra Usa e Messico), tre lingue (francese, inglese e spagnolo), Le Clézio si definisce «un nomade, uno che non ha un vero domicilio fisso. Mi piace viaggiare, restare a lungo in un posto per poi cambiare all'improvviso. Mia moglie è anche lei una nomade: una valigia e via, si parte. La nostra vera casa e la nostra vera famiglia è quella della letteratura... ».
Come la maggioranza dei narratori francesi che hanno debuttato negli anni Sessanta e nel momento di fulgore del "noveau roman", anche Le Clézio è stato dapprima attratto dalla ricerca e dallo sperimentalismo. Dopo aver dedicato la sua attenzione ai temi dell'alienazione, indagata sul piano linguistico con giochi anche formali, ha trovato una sua più piana e risolta espressività, che nasce dall'esperienza personale e ha al fondo la sua vita, il suo amore per i viaggi e la sua curiosità per le culture. Così, se il simbolo della sua prima fase è il romanzo d'esordio, "Il verbale", pubblicato a 23 anni nel 1963 e con cui vinse subito il premio Renaudot, come punto d'approdo si può citare un romanzo del 1980, "Deserto".
Il primo narra di Adam Pollo, uomo vagabondo e sensitivo che, isolato in una casa abbandonata, vive una serie di metamorfosi: allo spaesamento del protagonista corrisponde una destrutturazione del linguaggio. "Il deserto" ha al centro ancora una metamorfosi, quella di una giovane donna nomade del Sahara sudanese che lascia il deserto per diventare una celebre modella, salvo tornare al deserto per ritrovare se stessa e far nascere suo figlio.
«Esploratore di un'umanità dentro e fuori la civiltà imperante», come dice la motivazione del Nobel, Le Clézio nei suoi libri accosta idee, immagini, suggestioni diverse, da un continente all'altro, frutto di una vita passata a girare in mezzo mondo, fin da piccolissimo, con il padre, medico bretone che lavorava nelle Mauritius, nella Guyana e poi in Nigeria.
Le Clézio racconta d'aver scoperto l'amore per la scrittura a otto anni e di non averla più abbandonata, attraverso i suoi numerosissimi libri. L'ultimo, appena uscito in Francia, "Ritournelle de la faim" (Il ritornello della fame), descrive la dolorsa traversata del secolo di Ethel, che conobbe la fame e la miseria durante la seconda guerra mondiale.
Non sono moltissimi i libri di Le Clézio reperibili in italiano: "Diego e Frida" (1997), "Le due vite di Laila" (1999) e "Stella errante" (2000) editi da Il Saggiatore ; "L'africano" (2007) e "Il continente invisibile" (2008), editi da Instar Libri; "Il verbale" (2005) edito da Duepunti; "Il cercatore d'oro" (1985) e "Il deserto (1990), editi da Rizzoli.
Lo scrittore ha dedicato questo premio? A Claude Gallimard «più che un editore – dice – un vero amico. La persona che mi ha accolto per pubblicare il mio primo romanzo. Da allora il cammino è stato lungo, un po' alla volta ho imparato tante cose. Scrivere non è solo stare seduto ad un tavolo, ma ascoltare il rumore del mondo».


Ma in Italia...
Le Clézio era entrato in Italia dalla porta principale, l'Einaudi. Il suo primo romanzo, "Il verbale", venne tradotto e pubblicato nel 1965, poco dopo l'edizione francese. Poi un silenzio di decenni. Eppure consultando il catalogo nazionale delle biblioteche si fa una curiosa scoperta: gli scaffali traboccano di libri suoi ma quasi tutti in lingua originale. Mentre le più recenti traduzioni hanno trovato solo piccole case editrici. Perché sia sparito resta un mistero.
Citati dice che Le Clézio è un autore mediocre. Mah. Forse invece è stata tutta colpa di un film, "L'anno scorso a Marienbad". Leone d'oro a Venezia nel 1961, la pellicola lanciò lo sceneggiatore Alain Robbe-Grillet. In quegli anni si leggeva anche meno di oggi, in compenso si andava di più al cinema. Anzi, c'era anche un passaggio obbligato, i cineforum. Vere forche caudine della cultura, fossero nelle sale parrocchiali o nei circoli del Partito comunista, fu lì che Robbe-Grillet diventò una specie di icona, il maestro del "nouveau roman".
Purtroppo la prosa di Robbe-Grillet non è mai stata una passeggiata. Così quando, per fargli un complimento, il povero Le Clézio venne arruolato sotto le stesse bandiere, finì che nessuno lesse "Il verbale". E poi diciamola tutta, molti, per strane e sibilline assonanze di quel nome, continuarono a credere che fosse una... scrittrice. (c.d.)

Da gazzetta del sud

 
   






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