CELESTINO V: RIFLESSIONI SU COLUI CHE “FECE PER VILTA’ IL GRAN RIFIUTO”- prof.ssa Silvana La Porta
Data: Sabato, 17 maggio 2003 ore 17:17:53 CEST
Argomento: Rassegna stampa


CELESTINO V: RIFLESSIONI SU COLUI CHE “FECE PER VILTA’ IL GRAN RIFIUTO”- prof.ssa Silvana La Porta

 

 

I due volti della viltà: da Dante a Ignazio Silone la storia di un pavido che fu anche un grande papa!

 

 

 

Mi ha sempre incuriosito la figura di Pier del Morrone, divenuto papa nel 1295 col nome di Celestino V.Chi è stato veramente questo pontefice? Un pusillanime che ha aperto la via al potere assoluto di Bonifacio VIII o un povero cristiano, incapace di tollerare l’idea di una Chiesa come istituzione dogmatica e temporale?

Quando ne parlo ai miei alunni, dopo un doveroso riferimento a Jacopone da Todi, è subito terzo canto dell’Inferno: in mezzo alla nutrita schiera di vili, così nutrita che Dante non crede che la morte possa averne disfatti tanti, emerge la fantomatica figura di “colui che fece per viltà il gran rifiuto”. La perifrasi è stupenda, ci colpisce, ci intriga, ci invita alla riflessione E’ proprio vero, per viltà e opportunismo noi esseri umani siamo capaci di tutto, dimentichiamo il nostro ruolo, il nostro dovere e rinneghiamo, rinneghiamo senza accorgecene. Basti pensare a Gesù, la cui vita mi è sempre parsa tutta una summa dell’esistenza umana, e a Pietro, che al canto del gallo lo tradisce, ripetutamente, senza un attimo di esitazione. Ecco, per Dante Celestino V (se vogliamo credere che di questo papa si tratti) è colpevole, colpevole di debolezza, e merita di essere collocato in mezzo  a coloro che hanno pensato solo a sé, incuranti che attorno venissero chiamati a rispondere del loro operato. Sempre pronti, dunque, a salvare loro stessi.

Ma la realtà ha molte facce e la personalità umana è estremamente poliedrica.

Perciò accanto a Dante propongo sempre l’opera di uno degli scrittori del Novecento che più amo: “L’avventura di un povero cristiano” di Ignazio Silone. Devo dire che da essa emerge un’immagine del predecessore del famigerato Bonifacio VIII completamente diversa da quella dantesca: il buon francescano Pier del Morrone diventa il simbolo della libertà umana, della rinuncia al potere politico, grondante di sangue e misfatti, in favore dell’autonomia e della purezza della coscienza.

Ne viene fuori un’opera straordinaria, a testimonianza di un cristianesimo vero e autentico che non vuole contaminarsi con la corruzione del mondo.

Così, grazie a Silone, mi sono riconciliata  con Celestino V, imparando che esistono due tipi di viltà: quella dei pusillanimi, che, pur di salvarsi, danneggiano chiunque capiti loro a tiro, e quella dei coraggiosi che abbandonano il campo, quando capiscono che la lotta è sleale e che il loro è un animo puro in un mondo di incompetenti e di belve.

 

                                                                                                   Silvana la Porta







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