Cari presidi, volete la riforma Gelmini? Pagate!
Data: Mercoledì, 08 ottobre 2008 ore 12:46:22 CEST
Argomento: Opinioni


Spett.le Prof.ssa La Porta
In questi giorni ho avuto modo di leggere parecchie considerazioni da parte di molti dirigenti scolastici in merito alla cosiddetta “riforma Gelmini”. Da docente, vorrei poter esprimere anche le mie.
Non posso non notare con stupore alcune affermazioni che, essendo già stabilite dalla legge, non sono certamente opinabili, tuttavia in questi giorni le abbiamo sentite spesso come oggetto di una campagna mediatica volta a giustificare il cambiamento radicale imposto alla scuola primaria.
Ad esempio, nell’approvando DL 137/08, precisamente all’ art. 4,  si prevede la costituzione di classi affidate ad un insegnante unico: pertanto   la pluralità degli insegnanti (il cosiddetto “modulo”) verrebbe meno.
Non c’è nessuna possibilità di inserimento per un’altra figura professionale, dato che, come specifica il DL, il docente unico coprirà tutto l’orario stabilito. Peraltro, l'articolo in questione non fa alcuna menzione del tempo pieno: pertanto, a ben leggere l'articolo,  la totalità delle classi prime nell'anno scolastico 2009-2010 funzionerà con l'insegnante unico. Tradotto: addio tempo pieno !
Né corrisponde a verità quanto leggo sull’insegnamento della lingua inglese, perché,  gli insegnanti specialisti di lingua inglese sono in via di definitiva eliminazione, così come stabilito dall'articolo 1, comma 128, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Infatti i docenti non in possesso dei requisiti necessari seguiranno dei corsi di 150/200 ore per conseguire l’idoneità all’insegnamento della lingua inglese, con l’eliminazione della figura dello specialista e conseguente taglio di 14.000 posti. Già qua si aprirebbe un grosso capitolo di discussione in quanto tali corsi non possono avere la pretesa di formare adeguatamente i docenti, tenendo anche conto dell’irrisorietà del numero di ore previste. Inoltre, il numero delle ore di insegnamento della lingua inglese viene rigidamente stabilito dal ministero (ad esempio CM n. 45/06) e basato non sui ritmi di apprendimento degli alunni o sulle loro esigenze, ma connesso a vincoli che rispondono solo e sempre ad esigenze di cassa.
Dunque, gli unici specialisti che opererebbero in una classe, insieme al docente unico, sarebbero quelli di religione che, beati loro, non vengono mai toccati da nessuna finanziaria o decreto legge (del resto avranno i loro santi in paradiso o è un mistero della fede…).
Non so poi da quale norma sia previsto l’insegnante specialista di canto e motoria, visto che tali figure professionali non vengono citate in nessun contratto collettivo e non c’è traccia di tutto questo nel DL 137/08.
Non risulta equo neanche  il rapporto di riduzione del personale: infatti i tagli previsti dal Ministero della pubblica istruzione SOLO nella scuola primaria sulla base del piano programmatico presentato alle OO.SS.
è di ben 47.220 unità in 3 anni.
Considerando che, quanto si evince dal volume “La scuola in cifre” redatto dallo stesso ministero, i docenti di detto ordine di scuola sono 238.872, la riduzione equivale al 25% del totale, non a 3 docenti in meno ogni 10 classi.  Nello stesso volume, infatti, si legge che le classi di scuola primaria sono 138.524, dunque dividendo il numero delle classe per quello dei docenti eliminati, il rapporto è di 0.81, ossia quasi un docente per classe.
Certamente la riorganizzazione della rete scolastica impone delle scelte che non possono ammettere sprechi, ma la chiusura tout court delle scuole con meno di 500 alunni paventata dal DL 112/08, poi convertito nella legge 133/08, mette a repentaglio il 60% delle scuole isolane, data anche la morfologia territoriale dell’isola e, pertanto, non si configurerebbe come una razionalizzazione che, in quanto tale, comporterebbe vantaggi e risparmio di risorse pubbliche, ma si tradurrebbe in disagi e costi per l’utenza.
Sono pienamente d’accordo sul fatto che  l’efficienza didattica debba costituire l’asse portante di qualsivoglia progetto di innovazione in un settore così delicato come l’istruzione.
In questo senso, giova ricordare che, a differenza di quanto avvenne con la legge 148/90 istitutiva dei moduli, che venne approvata dopo un anno di sperimentazione e di dibattito, tale riforma, varata con il ricorso all’istituto del decreto legge (caso unico nella storia repubblicana), è proprio calata dall’alto, senza che gli addetti ai lavori abbiano avuto facoltà di esprimere il proprio pensiero al riguardo. Un progetto di riforma serio deve partire dai contenuti in un’ottica di funzionamento dell’istituzione scolastica e di successivo impiego del personale. Tale “riforma” va nella direzione esattamente opposta: calata la mannaia dei tagli (ad agosto), ci si inventa un modello di scuola con ciò che è rimasto ad ottobre (27, 30, 40 ore ? Tutto rimane incerto e nello stesso tempo possibile !).
Quanto ai presupposti pedagogici, mi preme fare notare che le maggiori associazioni pedagogiche italiane (SIPED, SIRD, CIRSE e SIREF) in un ordine del giorno congiunto hanno espresso parere fortemente negativo sul ritorno dell’insegnante unico, sottolineando che “La possibilità di realizzare un’alfabetizzazione forte ha come condizione un processo di parziale specializzazione disciplinare dei docenti. Non è pensabile che un singolo insegnante possa avere un’adeguata padronanza di tutti e tre questi ambiti e delle loro forme d’insegnamento. Occorre un modello che, oltre a garantire la necessaria preparazione pedagogica e didattica e una cultura di tipo interdisciplinare volta a preservare l’unità del sapere, assicuri l’approfondimento di un ambito disciplinare tra il linguistico, lo storico, e il matematico-scientifico. La direzione tracciata dalla 148/90 appare perciò quella giusta, può essere migliorata, ma non si può tornare indietro; sarebbe una scelta anacronistica ed infelice.”.
Linko il comunicato per conoscenza:
http://www.siped.net/utenti/siped/123.doc
Infine, un’ ultima chicca: in fase di approvazione, la commissione bilancio della camera ha fornito un parere negativo in merito al DL 137/08 in quanto sprovvisto della necessaria copertura finanziaria delle eventuali 2 ore aggiuntive che il docente unico di scuola primaria dovrebbe prestare in relazione al nuovo orario. La soluzione, individuata attraverso un emendamento al sopraccitato DL, prevede la copertura a carico del fondo d’ istituto di ogni singola istituzione scolastica. Così infatti prevede l’emendamento 2-ter all’articolo 4 del DL 137/08:
Quindi, un istituto comprensivo che ha in organico 30 docenti, dovrebbe pagare un totale di 600 ore a settimana (infatti 30 docenti per 2 ore). Stabilendo in modo forfettario anche solo 10 euro per ora, sarebbero 6.000 € a settimana, ossia 24.000 € (non baci…) al mese.
Dunque, le scuole, che si sono viste assottigliare i fondi finanziaria dopo finanziaria, verrebbero letteralmente salassate da quest’ultima spesa…
che dire ? Cari presidi, volete la riforma? Pagate !!!!!
Carlo Priolo






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