BULLISMO SCOLASTICO: STO CON IL PROFESSORE
Data: Mercoledì, 08 ottobre 2008 ore 00:30:00 CEST
Argomento: Opinioni


A questo punto, qualche considerazione s’impone:

se io fossi stato il responsabile di un simile atto discriminatorio contro un mio compagno di classe, i miei genitori non mi avrebbero difeso fino ad adire le vie legali; al contrario mio padre mi avrebbe aggiustato con una buona dose di “carezze tra capo e collo”; il mestiere di genitore è indubbiamente tra i più difficili, ma noto un sempre più diffuso atteggiamento di perdonismo e di difesa di atteggiamenti e comportamenti oggettivamente indifendibili; come possiamo lamentarci del teppismo sugli stadi, del proliferare degli episodi di bullismo, tanto più spregevoli in quanto rivolti spesso verso persone diversamente abili, se poi non mettiamo gli educatori dei nostri figli in grado di insegnare un grado minimo di senso civico, di educazione, di rispetto verso la diversità, in definitiva di saper stare al mondo? l’adolescenza è probabilmente il momento più difficile per un individuo: in tale periodo si forma il nostro carattere, la nostra personalità, ci costruiamo una nostra scala di valori ed un nostro senso del bene e del male: io penso all’alunno ritenuto “effeminato”, semplicemente perchè più garbato, più sensibile, più educato degli altri: chi pensa al trauma che costui ha subito? Ma quand’anche egli avesse scoperto di avere inclinazioni differenti rispetto a quelle dei suoi alunni, dove sta il senso di rispetto e di tolleranza per chi la pensa in maniera non conforme alla nostra? si rende conto la magistratura che – a prescindere dalla condanna o dall’assoluzione dell’insegnante – ha oggettivamente indebolito il suo ruolo di educatore? A questo punto il suddetto teppistello si sentirà in diritto di continuare a vessare compagni di scuola e professori, senza alcun controllo o filtro educativo per le sue azioni.

A questo punto mi appello al nostro sistema giudiziario, perchè rifletta sul danno arrecato ad una istituzione ormai così precaria come la nostra scuola e riform(ul)i un giudizio che possa ristabilire un minimo di dignità ai docenti dei nostri figli. Insegnare non vuol semplicemente spiegare come si risolve una radice quadrata, ma spiegare come si diventa uomini e cittadini nel più alto senso del suo significato

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