DIARIO DI SCUOLA TRA STUDENTI E GELMINI
Data: Mercoledì, 08 ottobre 2008 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Comunicati


da Unità

 Diario di scuola tra studenti e Gelmini
 Marina Boscaino

 Una giornata particolare: pioggia a Roma, fatto inconsueto in questi giorni; cinque ore di lezione e una piccola preoccupazione: il maltempo ostacolerà il sit-in davanti a Montecitorio previsto per il pomeriggio? Oggi inizia la discussione sul decreto 137/08 e si configura la concreta possibilità del voto di fiducia: in un colpo solo spolverata ogni parvenza di discussione parlamentare su materie che avrebbero richiesto ben altro tipo di consultazione: maestro unico, tempo pieno, 5 in condotta, tagli selvaggi; in un minestrone di provvedimenti in cui - oltre che con l’opposizione - qualunque confronto con il mondo della scuola, anche rispetto alle materie più “tecniche” - è stato accuratamente evitato. Ma ormai lo sappiamo, dolorosamente, da molti anni: “loro” sono fatti così; sono profondamente infastiditi all’idea che la democrazia non inizi e finisca con il proprio arbitrarissimo concetto di libertà. La casa della libertà, come ci ricordava Corrado Guzzanti qualche tempo fa, è quella in cui «facciamo tutti un po’ come... ci pare».

 Arrivo a scuola. Una notizia inaspettata, come lo squarcio di sole che si allarga dalle finestre dell’aula: terza e quarta ora, assemblea straordinaria chiesta dagli studenti. Sapete perché? chiedo - rallegrata, stupita, provocatoria - ai miei di prima liceo, 16 anni, gongolanti per l’imprevisto fuori programma. Contro la Gelmini, mi rispondono. Che vuol dire? Cioè, boh, il maestro unico... Ma non avete letto mai i giornali in questi ultimi mesi? Sì, cioè no. Ci spiega, prof? D’accordo. E lasciamo perdere il Dolce Stil Novo, per il momento. Avranno capito che agli appuntamenti importanti bisogna andare preparati? Avranno afferrato che gli slogan non sostenuti dalla consapevolezza portano alla morte delle idee? Speriamo.

 Terza ora: assemblea. Chiedo di partecipare; mi accolgono. Li osservo, in silenzio. Non ho nessuna intenzione di prevaricare le loro dinamiche, i loro tempi, le loro modalità. In questo brutto tempo, si trovano forse per la prima volta ad affrontare un’assemblea così affollata (perché non si può andar via o perché il tema è “caldo”?). Quale sforzo incredibile stanno facendo questi ragazzi per impossessarsi di una dimensione politica, in un mondo che - con argomentazioni estremamente persuasive - gli consiglia di occuparsi di tutt’altro. Gli organizzatori, Andrea, Giovanna - i rappresentanti del Consiglio di Istituto - sono preparati, documentati in maniera convincente. Passione nelle loro parole, elaborazione autonoma di passaggi non banali. Si accalorano. Bello, educativo, affascinante: è una generazione che cerca modelli, come molti sostengono; o che i suoi modelli li ha trovati altrove, in un totale disincanto e disinteresse per la dimensione pubblica, politica? Sotto tutela fino alla maggiore età, deresponsabilizzati rispetto al senso dell’impegno e della partecipazione (valori che incarnano, agli occhi di molti, il retaggio di un’epoca lontana); rispetto all’efficacia di organi che possono gestire direttamente (le assemblee studentesche) si trovano a frequentare una scuola - la superiore - fatta di insegnanti il cui impegno politico sempre più scarso - come promozione di cittadinanza attiva e consapevole - configura uno degli aspetti di quella simbolica “mancanza del padre” (il principio dell’autorevolezza, le idee forti) che ha contaminato, indebolendola, la società giovanile. Non sono in grado di dire se una interpretazione più diffusa e puntuale di quella dimensione sarebbe in grado di deviare una tendenza palpabile: di aumentare miracolosamente il numero di Andrea e Giovanna nelle scuole italiane; o di ostacolare lo strapotere del mercato e l’invito perenne al consumo di cui i ragazzi sono vittime bombardate e passive.

 Quel che ho visto è che alla passione di quei ragazzi si è contrapposta la forza di una maggioranza di coetanei convinti che la scuola serva solo al lavoro; che non abbia la funzione di formare cittadini; ragazzi con certezze granitiche, urlate con la forza un po’ arrogante di chi ha già incasellato il mondo - giusto e sbagliato, buono e cattivo - non sospettando un rapporto tra proseguimento della scuola e condizioni socio culturali delle famiglie di provenienza. La costanza della ragione di essere dalla parte giusta, dalla parte dei più forti. È per il gruppo dei volenterosi, dei passionali, di coloro che hanno il coraggio di essere controcorrente che noi insegnanti democratici dovremmo fare uno sforzo, tentando di offrire risposte al vuoto di senso. È su quelle antiche e tristi certezze che dobbiamo riflettere per interrogarci seriamente sulla funzione della scuola oggi.

 E, invece, ore 14.30: sit-in davanti a Montecitorio. Sole. Ma una sconsolante conferma: solo insegnanti della scuola primaria. La Gelmini - per il momento - sembra essere un problema loro. Ma anche una bella sorpresa, ancora dai ragazzi: 10 ottobre, manifestazione studentesca nazionale.






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