La cura Gelmini:2. Maestro prevalente, e non unico
Data: Luned́, 06 ottobre 2008 ore 20:12:38 CEST
Argomento: Opinioni


Riparlarne oggi, con coloro che hanno osteggiato, e rifiutato persino il nome di “tutor”, spesso con atteggiamenti di prevenzione e di non sempre consapevole rifiuto, appare un’impresa alquanto difficile.
Oggi il docente tutor non gradito ai sindacati, che hanno pilotato la protesta ed il rifiuto è stato riproposto dalla stampa come “maestro unico”, ma il suo vero compito e ruolo è di “insegnante prevalente”, quasi un “project manager” che, senza escludere la presenza d’altre professionalità nella classe, esercita la funzione di guida, di coordinamento e pianificazione di una progettualità formativa di sviluppo dell’apprendimento, che gradualmente cresce e si amplia.
Il ricordo della brava maestra che da sola teneva la classe ed insegnava a leggere, scrivere e far di conto, utilizzando anche la bacchetta per mantenere la disciplina, rivive nelle pagine del libro Cuore, ma la realtà d’oggi è diversa ed ecco il compito del docente prevalente, il quale assume in proprio la responsabilità formativa del gruppo classe, ne coordina le tappe, i ritmi ed i processi ed interagisce una maniera armonica ed organica anche con gli altri docenti che apportano altre specificità nell’apprendimento della lingua inglese, dell’informatica, dell’educazione motoria, del canto e della religione, a garanzia di un corretto impianto metodologico alla scolarità che si svilupperà negli anni successivi.
La positiva stagione dei moduli, coronata dall’arcobaleno della pedagogia del team docente modulare che programma insieme e interviene con una dinamica pluralità, secondo i Ministri Tremonti e Gelmini volge al termine e viene la figura del maestro prevalente che opera in un tempo scuola rimodulato.
Senza voler scomodare la pedagogia la prassi scolastica dell’attuazione del modulo, che prevede l’interazione di tre docenti in due classi ha di fatto registrato, pur nella corresponsabilità del team docente, la presenza di un docente prevalente nel modulo che ha coordinato il gruppo ed è stato punto di riferimento prevalente nei confronti dei genitori.
Oggi, con la proposta Gelmini, che apporterà certamente nel tempo una riduzione del numero dei docenti, la prevalenza del modulo viene dirottata nella classe e quindi ogni classe avrà un docente di riferimento, che opererà sempre in cooperazione didattica con gli altri docenti. Se poi i due docenti prevalenti in due classi parallele volessero attuare una metodologia di lavoro a classi aperte, la ricchezza pedagogica del lavoro del team modulare non solo viene garantito, ma risulterà ancor più efficace, perché espressione di una scelta libera e condivisa e non imposta dall’alto. In un plesso di scuola primaria con dieci classi oggi sono presenti in organico 17 docenti di cui 15 curricolari modulari più l’insegnante d’inglese e di religione Adottando la proposta del docente prevalente i docenti “curricolari” saranno 10 e ad essi si aggiungeranno il docente di religione, di inglese, di canto e di educazione motoria, per un totale di 14 docenti a fronte dei 17.
I tre docenti in meno per ogni dieci classi di scuola primaria corrispondono a quella rimodulazione delle cattedre che nel 1990, anno dell’abbondanza e delle vacche grasse, l’introduzione dei moduli aveva ampiamente allargato. Ora la carestia incombe ed è giunto il momento di stringere la cinghia, senza nulla togliere ai bambini ed al loro sviluppo armonico e culturale. Certe situazioni di reale spreco: sei maestre per dodici bambini in due pluriclassi, non sono certamente giustificabili, specie in un momento storico di forte crisi per l’economia nazionale.
Quando si registra che un bambino di 10 anni non sa ancora tenere il rigo, non conosce le tabellone e manifesta persistenti difficoltà ad esprimersi, ed a scrivere una frase semplice corretta, viene spontaneo chiedersi se la presenza delle tre maestre in cinque anni sia stata un bene e come mai, pur essendo in tre non si è riusciti a conseguire gli obiettivi minimi. Al di là di eventuali critiche e di visioni parziali del problema, resta in ogni caso aperta la questione dei docenti che il prossimo anno svolgeranno tale compito di prevalenza.
Si registra come di fatto la scuola primaria si è quasi secondarizzata attraverso le specializzazioni per aree disciplinari e molti docenti hanno consolidato nel tempo una specifica competenza didattica e metodologica in un solo ambito disciplinare o linguistico o matematico o di “studi sociali”.
Sono, infatti, pochi coloro che hanno avuto l’opportunità d’interscambiarsi negli ambiti d’insegnamento, e domani saranno, quindi, molti coloro che dovranno affrontare tale innovazione senza una qualificata esperienza negli altri ambiti e senza l’apparato metodologico d’approccio didattico specifico, specie con bambini così piccoli.
La secondarizzazione precoce, che differenziava la maestra a righe o la maestra a quadretti, non ha contribuito all’unitarietà degli apprendimenti.
Una proposta di formazione incrociata e di rinforzo metodologico per gli ambiti nei quali non ci si riconosce pronti e preparati risulta quanto mai urgente ed indispensabile.
Il Ministero dovrebbe essere tempestivo per far partire questa nuova fase di riconversione didattica, cominciando dai docenti delle classi quinte che il prossimo anno avranno le classi prime. Un altro problema sul quale il Ministro Gelmini dovrà prendere posizione è il numero dei bambini per classe.
Non si può, infatti insegnare bene e con profitto quando ci sono in classe trenta bambini e non tutti secolarizzati.
Le classi dovrebbero essere costituite da 18 a 25 alunni e non di più, elemento questo indispensabile e di garanzia per una buona organizzazione del gruppo d’apprendimento, presupposto di una maggiore efficacia didattica e di positivi risultati.
Consapevoli, come ha detto il Ministro, che i docenti, essendo di ruolo non saranno licenziati, occorrerà organizzare meglio le risorse presenti a scuola e cooperare per l’organizzazione dei corsi di recupero, gli interventi individualizzati che non sempre vengono messi in atto, a causa della rigidità dell’orario e l’urgenza delle supplenze.
La rivisitazione delle ore di lezione per i singoli ordini di scuola e la rimodulazione del tempo scuola sono elementi costitutivi di un’organizzazione che si vorrebbe sempre più efficiente e produttiva.
Come con l’introduzione dell’ora legale si è risparmiata energia, così anche con il nuovo impianto orario scolastico, ridotto rispetto a quello attuale, dovrebbe tendere ad una migliore qualità.
Non è, infatti, il tempo scuola da tabella che garantisce l’efficacia degli apprendimenti, bensì la capacità e la metodologia didattica adottata. Adesso le ore di scuola sono formalmente cinque o sei al giorno (se si attua la settimana corta, ma, in effetti, quelli di “scuola vera” sono di meno, se si considera l’inizio rallentato delle lezioni, l’intervallo, il cambio d’ora degli insegnanti e tante altre interruzioni durante la giornata scolastica.
L’ottica dell’efficienza che vuole intensificare in qualità le ore, implicherebbe un’organizzazione scolastica che prevede quattro ore al giorno di due moduli orari di due ore effettive, per la scuola primaria (24 ore) con la scansione ( primo modulo 8,30-10,30. un quarto d’ora d’intervallo e poi 10,45-12,45 secondo modulo)
Per le scuole con la settimana corta si potrà aggiungere un altro quarto d’ora di pausa e l’ultima ora dalle 13 alle 14 secondo le esigenze lavorative dei genitori, oppure mediante un organizzato rientro pomeridiano se le condizioni ambientali e strutturali lo consentono.
L’opzione del modulo a 27 o 30 ore, oltre a rispondere alle richieste dei genitori, verrebbe a sanare la preoccupazione di perdita di posti di lavoro nella scuola primaria, ma l’efficienza didattica dovrebbe restare comunque prioritaria e motivazione forte di ogni innovazione.
Giuseppe Adernò
presidente ASASI Catania





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