"DOMANI NIENTE SCUOLA" DI ANDREA BAJANI: RITRATTO DI UNA GENERAZIONE FAGOCITATA
Data: Domenica, 05 ottobre 2008 ore 00:00:00 CEST
Argomento: Recensioni


Non avrò mai abbastanza parole di divertimento per un libro di cui sapevo l'esistenza da un po' di tempo e la cui lettura potrebbe servire a quelli che, leggi adulti, per uno strano incantesimo popolare - sarà l'acqua, le fiction tv, la bolletta del telefono? - dimenticano appena ne sono fuori: gli anni delle scuole superiori. Insomma gli adolescenti italiani, qui ascoltati durante una cosa felice, la gita di fine anno.
 Dico ascoltati, non parlati sopra. Già questo è un evento. Tra tv, libri e giornali pieni di casi- scempio creati sulle teste dei sotto 20 da babioni fuori dal mondo (e anche un po' interessati, diciamocelo: al grande fa sempre piacere far fuori il giovane in ogni modo possibile, che altro gli rimane di consolazione, se no?), è bello che qualcuno dia loro voce. Una generazione fagocitata, gli adolescenti, franati dalle paure catastrofistiche dei sopra 30 che hanno perso ogni speranza anche prima di entrare (nella vita matura), vittime prime dello sterminio mediatico delle scienze sociologiche propinato dai laureati nostrani incapaci di vedere la persona alla fine d’ogni tomo, all'interesse del marketing: non è che rimanga molta aria da respirare. Non so più in questi mesi quante volte ho pensato anche al vuoto letterario di opere a misura di età. E allora vai coi Moccia tanto vituperati. Dicono bene gli intellettuali con la puzza sotto il naso e il terrore della pop culture, ma quando non hai altro, che devi fare? Non stupisce il successo di Giordano e del suo La Solitudine dei Numeri Primi, un Moccia un po’ più ripulito, anche tra età più recenti. Almeno sono storie che parlano parecchio di adolescenza.

 Così alla solita cantilena - falsissima - dei giovani che non leggono, rispondo ogni volta: “Si, ma che libri devono leggere? Di quarantenni sfatti con moglie tradite, di fughe a Cuba, di fughe nel sesso sfrenato, di storie talmente inconsistenti da far piangere e non di piacere? Di lotte di potere, il ritratto penoso di modelli talmente consunti e rivoltanti in cui gli adulti si rotolano e pure infelicemente? Almeno dimostrano di essere sani mandandoli in quel posto e creandosi una loro cultura. Sarà bassa quanto si vuole, ma almeno è loro.
 E in questo libro viene fuori tutta, dalle sciroccaggini che a 17 anni si pensano e dicono, visto che il mondo ancora ce lo mettiamo insieme come pezzetti di un puzzle sotto anfetamine, fino a quegli sprazzi d’infinito che acchiappi solo a questa età per poi diventare rimpianto perenne.
 In una sola parola: rinfrescante.
Più libri come questi, signori editori, please!


Il ritratto ad altezza d'occhi di una generazione che facciamo finta di non capire ma che, ancora prima di essere un campione statistico da commiserare o condannare, è un gruppo di persone affacciate sul mondo disorientato degli adulti.

   

«In un mese ho fatto quello che ogni adolescente di questa terra pagherebbe per fare, e che ogni adulto non farebbe nemmeno con una pistola puntata alla tempia.
Per tre volte mi sono trovato prigioniero volontario di tre scolaresche in gita, tre plotoni di ragazzi che da un anno aspettavano solo quel momento».

A distanza di quindici anni dal suo esame di maturità, Andrea Bajani è ritornato tra i banchi di scuola (a Torino, Firenze e Palermo) per poi imbarcarsi in tre spericolate gite di classe. Il risultato è un reportage affettuoso ma anche amaro, uno sguardo complice sull'Italia degli adolescenti, tra chiacchiere sul pullman, foto di classe e improbabili discoteche per soli diciottenni.
Finalmente il ritratto ad altezza d'occhi di una generazione che facciamo finta di non capire ma che, ancora prima di essere un campione statistico da commiserare o condannare, è un gruppo di persone affacciate sul mondo disorientato degli adulti.

«Nel libro puoi farmi un naso alla francese?»
«Scusa, puoi scrivere che non mi portano il caffè?»
«Però lo scrivi vero che la professoressa ha fatto l'isterica?»
«Ma devi scriverlo per forza che ascolto Grignani?»
«Scrivi che in una sera abbiamo bevuto quattro birre e che nessuno ha vomitato?»
«Ma tu lo scrivi, se ti dico che ho tradito il mio ragazzo?»
«Tanto tu non parlerai di noi professori, vero?»
«Dovresti scrivere che io con la mia famiglia faccio finta».
«Tu scrivi anche che io ti ho chiesto cosa scrivi?»

da Einaudi ed.

   






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