PER UNA CHAT…LA LINGUA ITALIANA FU’ FU’ FU’
Data: Martedě, 30 settembre 2008 ore 15:00:11 CEST
Argomento: Rassegna stampa


PER UNA CHAT…LA LINGUA ITALIANA FU' FU' FU'


Ho letto qualche tempo fa un interessante saggio di Carlo Bordoni, nel quale, disquisendo sulle conseguenze sociologiche dell’introduzione dei nuovi media, lo studioso affermava a un certo punto che stiamo abbandonando la cultura della parola scritta e ci avviamo a un ritorno all’oralità. Fin qui niente di strano: nella storia della tradizione culturale ci fu un momento cruciale con il passaggio dall’oralità alla scrittura; e anche Platone temeva, a ragion veduta, l’avvento di quest’ultima, cosciente che avrebbe allentato la memoria e creato non pochi problemi e discriminazioni. Adesso è la volta, chi l’avrebbe mai detto, del passaggio dalla scrittura al parlato. Niente scandalo. Il mondo cambia e secoli di tradizione non garantiscono che tutto resti sempre com’è.
Oggi però c’è un problemino: l’oralità, cioè la preminenza del parlato, passa attraverso uno strano chiacchiericcio in diretta…che si esprime però in forma scritta. Ebbene sì, si tratta delle chat, occupazione preminente dei ragazzi di oggi. Tra un rigo di versione di latino e il passaggio di un’equazione matematica, si chatta. I nostri alunni chattano a tutto spiano, cioè parlano con sconosciuti…scrivendo, digitando sulla tastiera lettere e pensieri.
Beh, qual è il problema? Bello, no? Si sta in contatto col mondo attraverso il computer. Si comunica. In forma scritta, ma come se si parlasse. E qui c’è qualcosa che non va: perché, ci hanno sempre insegnato, non si può scrivere come si parla. E se no che scrittura è? La scrittura necessita di controllo, attenzione, dominio del concetto e della parola.
E invece i nostri alunni si passano il tempo: chattano. E così imparano a scrivere. Bene, benissimo. Oggi alla lavagna un ragazzo traduceva dal latino e riportava la traduzione in italiano. E scrive “fu” con l’accento: fù. Sì, fù. E qui giù io, inorridita da tanta sfrontata audacia: “No, no, quante volte ve lo debbo dire? I monosillabi non si accentano, tranne…”
Nel bel mezzo di questa predica linguistica, l’alunno mi guardava con un mezzo sorrisetto. Poi soggiunge:  “Lo so, professoressa. Lo so. Ma nella chat tutti scrivono così.” La chaaaat? E che ce ne frega a noi della chat? Ma quale chat? Anni e anni di studio mi piombano addosso, perdo qualunque apertura alla modernità, urlo quasi: “ Non importa, cosa scrivono gli altri, tu correggili, fai capire che “fu” si scrive senza accento!”.
E qui l’alunno assume un atteggiamento quasi rassegnato, mite, mite, poi timidamente aggiunge, ma proprio con un filo di voce: “Sì, vaglielo a fare capire, loro sono così orgogliosi di scrivere così, sono ignoranti ma dettano legge.”
Cosaaaaa? I sostenitori del “fù” mettono in minoranza i pochi rimasti a scrivere correttamente? La dittatura delle chat crea una nuova lingua italiana, con accenti al posto sbagliato e senza grammatica? E’ la chat il nuovo nemico invisibile contro il quale lottiamo vanamente a scuola?
E inutile, possiamo rassegnarci. La lingua italiana fu. Recitiamole un bel de profundis. Anzi, pardon, la lingua italiana fù. Fù, fù, fù.

Silvana La Porta








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