La cura Gelmini: 1. Dalle sezioni primavera agli Istituti comprensivi
Data: Luned́, 29 settembre 2008 ore 20:28:01 CEST
Argomento: Opinioni


Nell’opinione pubblica, influenzata anche in maniera non sempre positivamente dai mass media non appare ancora chiara l’idea progettuale, anzi si ritiene che tutte le proposte Gelmini siano senza progetto, ma dettate esclusivamente da fattori economici, che sono certamente quelli più evidenti e riscontrabili nell’immediatezza, per gli effetti che produrranno.

            Se progettare vuol dire mettere in atto un desiderio ed in questo caso significa mettere ordine e sistemare alcune situazioni non più accettabili, e poco funzionali, tra le righe delle innovazioni si potrà ritrovare una buon’idea progettuale, di cui la parte economica appare maggiormente prevalente e trainante.

            Gli anticipi alla scuola dell’infanzia e le sezioni primavera non sono, infatti, una novità. C’erano una volta le “primine”e sono tanti coloro che sono stati iscritti a scuola direttamente alla classe seconda.  Sono numerosi i genitori che, specie dopo tre anni di scuola dell’infanzia, ritenendo di avere in casa un piccolo genio, anche per vivacità culturale e per i forti stimoli che ricevono nell’ambiente scolastico e familiare, chiedono di anticipare la scuola primaria a cinque anni.

L’esperienza ha dato a volte esiti positivi di successo e di sviluppo e qualche volta ha provocato anche stanchezza e scarso rendimento.  Alcune maestre che si trovano ad operare con classi numerose e talvolta molto eterogenee, manifestano il loro disappunto all’introduzione degli anticipi e nell’applicazione delle norme ricercano la garanzia di tutela, ma il fissare una data prescrittiva quale il 30 aprile, risulta illogica ed ingiustificabile nei confronti di un bambino nato il primo maggio. Mentre ha una sua ragion d’essere la norma che in ogni caso il bambino dovrà aver compiuto sei anni, quando s’iscriverà alla classe seconda.

Sarà anche vero che prolungare il tempo-gioco potrà aiutare il bambino a crescere bene, ma oggi la dimensione tempo, nella prospettiva dello sviluppo, della carriera, del lavoro, del guadagno, purtroppo, segue altre logiche, non sempre lineari, ma necessarie.

            Per le sezioni primavera che accolgono i bambini di due anni, pur nella condivisione della proposta formativa, che risponde ai bisogni sociali dei genitori entrambi lavoratori e alla mancanza di figure parentali di riferimento (i nonni che non ci sono), si trovano spesso difficoltà organizzative per la carenza delle strutture adeguate, dei contributi e dei sostegni da parte dell’Ente locale comunale. Se dovessimo seguire il modello Catania, addio sogni, altro che primavera !

            Dove sono i lettini, l’angolo morbido, le cucine pronto pasto, il personale bandante, l’aula gioco, l’aula riposo, l’aula creatività? Nelle strutture private si operano degli investimenti che nel tempo hanno raccolto giusti consensi e fiducia da parte dei genitori, mentre le strutture pubbliche con i pochi fondi assegnati agli istituti comprensivi non riescono a rispondere alle diverse esigenze dei tre ordini di scuola.  Il finanziamento specifico per le sezioni primavera, offre alcune modeste garanzie, per il personale coinvolto, ma non corrisponde ad una logica d’investimento e di sviluppo che tende a migliorare il servizio.

            Che tutte le scuole elementari e medie diventino “istituti comprensivi”, era un fattore atteso e risponde ad una giusta riorganizzazione della rete scolastica.

Certamente il termine “comprensivo” che sa d’ammassamento, e di globalità, non è tanto felice, sarebbe, infatti, da preferire l’espressione: “Istituto scolastico”, che rende meglio l’idea dell’unitarietà dell’istituzione.

Oggi più che mai ci si rende conto della necessità di dare spessore numerico ed organizzativo al servizio scolastico che potrà essere meglio in un impianto di continuità interna e di funzionalità costruttiva.

 

Tale intervento dovrebbe innanzi tutto promuovere l’unitarietà nella didattica, nell’organizzazione dei servizi, e tendere ad un impianto formativo coerente, armonico ed organico.

 

Un’istituzione scolastica con meno di cinquecento alunni vive di stenti, è scarsa di personale, potrà fruire di esigue risorse, pur dovendo gestire ed organizzare un servizio uguale a quello che offrono istituti con più alunni, anche se, purtroppo, dislocati in più plessi.

 

Nell’attuazione di tale provvedimento occorrerà certamente modificare gli assetti degli edifici scolastici e mettere in atto una vera razionalizzazione ed un proficuo dimensionamento della rete scolastica. Tutto ciò provocherà dei tagli, delle fusioni, degli accorpamenti, dei trasferimenti e quindi anche una riduzione di personale (un dirigente o un dsga “segretario” in meno) che non sarà gradita agli interessati, ma sarà necessaria.

            La formazione d’istituti comprensivi richiede in ogni modo non una semplice aggregazione di plessi, e non sarà il risultato della somma numerica degli alunni dei tre ordini di scuola (materna, elementare e media) per raggiungere un quoziente minimo, bensì una risposta ad un bisogno di continuità didattica che dà sicurezza ai genitori e garantisce un impianto formativo unitario e convergente per i primi dieci anni di vita scolastica.

            La presenza nello stesso edificio di aule scolastiche appartenenti ad istituti diversi appare del tutto illogica ed improduttiva anche a livello organizzativo. Così pure l’aggregazione numerica di edifici scolastici molto distanti tra loro o molto come utenza, non consente l’attuazione dell’unitarietà didattica e formativa. La presenza di pluriclassi nei centri urbani, inoltre, non è per nulla giustificabile.

            Il piano di dimensionamento e di razionalizzazione della rete scolastica, indispensabile per metter in atto il provvedimento ministeriale, dovrà inoltre tener conto della territorialità, dello sviluppo urbanistico e della mobilità sociale che purtroppo si registra con le alterne azioni di svuotamento del centro storico e di ripopolazione d’alcuni quartieri, a discapito di altri.

Non si può ritenere istituto comprensivo una realtà scolastica composta di 8 corsi di scuola media con l’accostamento formale di una sezione di materna, o un ciclo di elementare. Né al contrario 20 classi di elementare e tre di media. La cultura della pianificazione dovrebbe garantire all’istituto comprensivo una sua graduale autonomia di sviluppo e di consolidamento nel territorio, consentendo un impianto di almeno quattro corsi completi nei diversi ordini di scuola, tali da garantire il mantenimento degli organici ed il numero complessivo d’alunni intorno alle settecento unità. Al numero degli alunni, garanzia d’organico e di risorse, si aggiungerà in maniera efficace la costruzione di una progettualità didattico-metodologica ed un coerente impianto di Progetto educativo e di Piano dell’offerta formativa, garantendo così la presenza dell’istituzione scolastica per l’intero ciclo primario d’istruzione.



Giuseppe Adernò
preside della "Parini " Catania
Presidente provinciale dell'ASASI Catania
Associazione Scuole Autonome Catania

 

 

 

 







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