STELLA SENZ'ANIMA
Data: Marted́, 23 settembre 2008 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Opinioni


da ScuolaOggi

 Stella senz’anima
 di Fabrizio Dacrema

 Nell’ultimo incontro con i sindacati sul piano programmatico del decreto 112, il Ministro Gelmini ha presentato solo slide senza un numero. Su un solo punto è stato preciso: margini per cambiare la Manovra Tremonti sulla scuola non ce ne sono. Il tavolo serve solo per decidere dove tagliare, non se e quanto.
 Quei tagli, decisi nell’ormai famoso consiglio dei ministri di nove minuti e mezzo, sono infatti l’anima della politica scolastica del Ministro Gelmini.
 Inutile, quindi, chiederle quale sia il suo progetto di scuola, il mandato a lei affidato è limitato all’individuazione delle misure organizzative per far funzionare l’”infrastruttura scuola”, come la Gelmini ama definirla, con 87.000 docenti e 43.000 ata in meno.
 Inutile anche tentare di spiegare, come hanno fatto i sindacalisti presenti al tavolo, che la cura da cavallo che sta per impartire alla scuola pubblica ucciderà il cavallo. Non fa una piega il Ministro perché ci sarà la via d’uscita, arriveranno le fondazioni, l’assunzione diretta degli insegnanti da parte delle scuole, i voucher per le famiglie. Succederà più o meno come per l’Alitalia. Quando, tra non molto scatterà il “si salvi chi può” per lo sfascio in cui sarà ridotta la scuola pubblica, allora sarà pronta la possibilità di trasformare le scuole migliori in fondazioni (“good company”) che, grazie all’apporto di risorse private, potranno pagare meglio e così attirare i migliori insegnanti per i figli delle famiglie che potranno aggiungere risorse proprie al voucher pubblico. La “bad company” di meno abbienti, immigrati e svantaggiati di vario genere continuerà a frequentare una scuola pubblica indebolita e impoverita, ridotta ad un ruolo di assistenza compassionevole.
 Utilissimo per comprendere il disegno del governo anche il riferimento fatto dal Ministro alla necessità di ridurre la spesa scolastica in vista del federalismo fiscale e del principio ad esso connesso di spesa standard. Traduzione: il governo comprime la spesa scolastica in modo da ridurre al minimo il finanziamento che lo stato centrale assicurerà ai diversi territori per garantire il servizio istruzione. Ad esempio, la spesa standard del trasferimento statale per la scuola primaria sarà pari ad un insegnante per una classe funzionante a 24 ore, famiglie e territori che chiederanno di più se li dovranno pagare. In via transitoria e fino a quando sarà disponibile personale statale in soprannumero le scuole potranno rispondere alle richieste di 27/30 di lezione ed eventualmente di tempo per la mensa (fino a ulteriori 10 ore). Ma solo sulla base della disponibilità di organico e fino a quando queste disponibilità ci saranno.
 Invece sul tempo pieno continua il solito polverone. La Gelmini assicura che rimarrà proprio nel modello attuale, ma subito dopo aggiunge che le contemporaneità dei docenti spariranno ovunque e che il maestro sarà sempre unico o prevalente. Inutile ricordarle che così si cancella il tempo pieno, lo si trasforma in doposcuola e attività integrative secondo il modello dello “spezzatino”, come si diceva ai tempi della Moratti. Non ricorda il Ministro, allora si occupava d’altro e poi non è tipo che si fermi di fronte alla contraddizione se è vero che è riuscita a sostenere che le impronte ai bambini rom si devono rilevare per mandarli a scuola e che i figli degli immigrati irregolari, invece, non devono essere ammessi nelle classi.
 Non darà ascolto nemmeno alle tante voci provenienti dal mondo scientifico dell’educazione che, da Frabboni a Scurati, le spiegano come la scuola elementare italiana nel suo lungo e meditato percorso, dal maestro unico al gruppo docente unitario, ha continuamente messo a frutto le sue tante buone pratiche diventando il settore scolastico italiano migliore, da imitare non da smantellare.
 Non farà verifiche scientifiche per dimostrare che il gruppo docente non funziona, non sentirà né esperti né operatori, non convocherà stati generali della scuola come aveva fatto persino la Moratti, si limiterà ai tagli e al populismo. Gran parte delle trappole populistiche sono state suggerite dal creativo Tremonti del “maestro unico, voto unico, libro unico”, una splendida sintesi del trend open-minded del governo Berlusconi. La Gelmini continuerà, quindi, ad affabularci su come erano felici i bambini prima dell’arrivo dell’orco cattivo Sessantotto e a rappresentare se stessa come la fatina buona che con la bacchetta magica avuta in dono dal mago Giulio riporta tutto all’età dell’oro quando c’era ordine e disciplina.
 Tutti i sindacati presenti al tavolo hanno detto che la sottrazione di otto miliardi in tre anni alla scuola pubblica è incompatibile con ogni strategia di qualificazione della spesa pubblica, che non è vera la tesi del Ministro che spendere meno significa migliorare, perché l’Italia oggi spende poco e male per l’istruzione: i recenti dati Ocse ci ricordano che spendiamo in rapporto al pil il 4,7% contro il 5,8% e abbiamo una popolazione tra le meno istruite, meno diplomati e meno laureati.
 Il Ministro tirerà dritto, chi vuol dare consigli su come e cosa tagliare è il benvenuto, chi mette in discussione la manovra Tremonti si autoesclude, il governo tenterà di isolarlo come sta accadendo in tutte le trattative in corso. Recentemente il Ministro Sacconi ha dichiarato: “Sono fiducioso che le parti non faticheranno per trovare un’intesa … nonostante qualche mulo recalcitrante”
 A sentire i sondaggi e diversi commentatori gli italiani sarebbero disposti a cadere nella trappola populistica della Gelmini perché siamo un paese che declina, ripiegato e disposto a credere, come sostiene E. Berselli, che “i problemi complessi si risolvono con operazioni semplici, fra gli applausi di una società vecchia e stanca che rimpiange la propria modesta gioventù”.
 Non la pensano così molti insegnanti e genitori che in questi giorni stanno mobilitandosi spontaneamente, forse perché gli educatori non possono rinunciare ad una visione del futuro positiva o almeno possibile, fatta di soluzioni all’altezza dei problemi di oggi e non di ridicoli e impossibili ritorni al passato.
 Solo il successo di questa mobilitazione potrà costringere il governo a cambiare le sue posizioni e a svegliare molti italiani dal torpore acquiescente.
 Sabato 27 settembre in tutte le piazze d’Italia ci sarà la manifestazione della Cgil “I diritti in piazza” con la quale inizia il precorso di mobilitazione sindacale per cambiare la manovra Tremonti: i temi della scuola sono al centro dell’iniziativa e anche nelle piazze sarà visibile la presenza di insegnanti e genitori mobilitati contro la Gelmini.
 I muli, si sa, hanno la testa dura, almeno quanto la realtà.






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