La Classe, l'eterna lotta ''Ironia è dire che il prof è bello''
Data: Venerdì, 19 settembre 2008 ore 13:51:29 CEST
Argomento: Redazione


Un romanzo più che sulla scuola, "dentro la scuola": così lo ha definito l'autore, 37 anni, che per la sua opera ha attinto direttamente alla sua esperienza di insegnante di francese in un istituto "sensibile". Proprio come il Mozart del libro, dove gli alunni si chiamano Jihad, Khomba, Dianka, Ming e parlano una lingua loro, tutta orale, con il suo slang, le sue ritualità e ritmi da rap. Ragazzi ed insegnanti sono divisi da un muro impenetrabile: due mondi paralleli che non trovano quasi mai punti di contatto. Questa incompatibilità si traduce in una serie di dialoghi rapidi, asciutti, divertentissimi e di un'ironia tagliente: "Come si chiama quando si dice il contrario di quello che si pensa facendo capire che si pensa il contrario di quello che si dice?" "Prof la sua domanda mi fa venire il mal di testa" "Qual è la domanda prof?" "Forse ironia?" "Be, sì, è esattamente questo. Provate a fare una frase ironica". "Lei è bello". "Grazie, ma la frase ironica?""Lei è bello". "Ok, perfetto, grazie tante".

"Prof fa troppo caldo, facciamo lezione fuori". "Certo, vuoi anche una coca?" "Lei esagera, prof".

O ancora: "Prof, lei preferisce essere o non essere?" "Questo è il dilemma". "Io preferisco essere". "Hai ragione, ma continuiamo la lezione".

Le singole giornate dell'anno scolastico, suddivise in cinque capitoli inframezzati dalle vacanze, passano fra scontri e scambi surreali, tentativi dei ragazzi di districarsi fra ausiliari, futuri anteriori e pronomi, e dei professori di trasmettere qualcosa, con un minimo di autorevolezza. Entrambi fallimentari, in un crescendo di frustrazione e situazioni tragiche che la ripetitività rende comiche, in una scuola ormai completamente desacralizzata.

Bégaudeau - che ha anche collaborato alla sceneggiatura del film di Cantet dove, fra l'altro recita sé stesso - non dà giudizi. Non si schiera a favore dell'uno o dell'altro, ma di questa scuola - che a guardar bene somiglia a tante altre - offre una sequenza di immagini in presa diretta, tra miserie e sprazzi di luce da entrambe le parti, quella dei professori e dei ragazzi, raccontate con un humor quasi nero, senza commenti. "Lasciamo le generalizzazioni ai sociologi" ha detto l'autore in un'intervista a Le Monde: "Il romanziere ha tutto da guadagnare nel dettagliare la realtà. La realtà è molto più complicata".
Entre le murs, ovvero In classe,   è diventato il film di Laurent Cantet presentato in concorso, con Bégaudeau che recita se stesso e gli studenti di una scuola periferica del 20˚ arrondissement parigino a fargli da corona. Il risultato è molto bello e dà un'idea non solo e non tanto dell'eroismo oscuro di una categoria vituperata e malpagata qual è quella degli insegnanti, ma anche delle difficoltà di un universo studentesco, multietnico spesso di umili origini, stretto fra la scuola e la strada, la necessità di un ordine e la difficoltà a comprendere la disciplina, il senso dei ruoli e l'incapacità a mantenere le distanze... «Piuttosto che appoggiarmi ad attori professionisti» spiega il regista, «ho preferito partire da un istituto esistente e inserire nel processo filmico chi si trovava a frequentarlo in veste di alunno o di docente. Ho messo su una specie di atelier aperto per gli studenti. Lo hanno frequentato una cinquantina di essi e venticinque sono diventati i protagonisti di Entre le murs». È anche questo approccio particolare a rendere il film fresco e convincente, all'interno di una sceneggiatura dove ogni personaggio è in fondo composito. «I ragazzi non hanno mai avuto il copione in mano. Perché ho constatato che quando improvvisavano a partire da indicazioni date, ritrovavano modi di dire, atteggiamenti, gesti che erano proprio gli stessi già descritti da Bégaudeau nel suo libro, una sorta di archetipo, in fondo della adolescenza scolastica





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