Bossi e Lombardo uniti nella difesa dei posti di lavoro
Data: Sabato, 13 settembre 2008 ore 07:20:53 CEST
Argomento: Opinioni


Ci sono due notizie che per lo più sono sfuggite al commento: la prima riguarda il ravvedimento di Bossi sul maestro unico: è meglio il modulo, ha detto, anche se poi è ritornato indietro, come la risacca. La seconda è la presa di posizione dell’Mpa di Lombardo in Sicilia che minaccia scioperi per garantire il posto di lavoro ai maestri del sud, dichiarando la sua ferma opposizione al decreto Gelmini. Entrambi, ci pare di capire, non fanno altro che portare le istanze delle loro rispettive aree elettorali e invece di dilungarsi con stucchevoli quanto astruse giustificazioni pedagogiche vanno al sodo nel tentativo di tutelare i posti di lavoro dei maestri di oggi e pure per dare speranze ai futuri docenti. Con maggiore pragmatismo politico di molti loro colleghi, più attenti agli ordini ideologici che a quelli reali, Bossi e Lombardo dicono a chiare lettere che tutti questi tagli sono stati fatti non già per razionalizzare l’istruzione ma per risparmiare là dove è più semplice farlo e là dove si possono meglio portare giustificazioni come quelle appunto che sono state addotte dagli schieramenti governativi. Entrambi, espressioni di una forte identità localistica, non possono non tenere in conto il danno grave in termini di lavoro che si abbatterebbe sulle popolazioni che governano e che li hanno eletti con una valanga di voti. In più Bossi ha pure affermato che non intende accettare eventuali accorpamenti di piccole scuole così diffuse nei tanti piccoli comuni della sua Padania, fregandosene altamente dei contenimenti di spesa annunciati dal ministero e voluti da Tremonti. Il suo obiettivo primario è di non creare difficoltà ai suoi elettori né disagio per accompagnare i loro figli in scuole oltre il comune di residenza, e su spinta di ciò prende le distanze e battaglia, come battaglia sul contenimento di immigrazione di insegnanti e presidi meridionali. Queste prese di posizione fanno capire chiaramente che il dibattito aperto sulle riforme del ministro Gelmini sono mortaretti per coprire la guerra ai tagli che è il vero obiettivo del Governo e non già il miglioramento delle scuola pubblica. Ma c’è un altro dettaglio che con gli anni si è perso: la dichiarazione di Berlusconi che accusava la scuola, insieme alla magistratura, di essere uno dei poteri forti in mano alla sinistra che gozzoviglia ancora nel famigerato “68. Dopo avere messo al sicuro dalla incursioni giudiziarie col lodo Alfano le più altre cariche dello Stato, sta intraprendendo la marcia per riformare la giustizia in modo unilaterale e senza dibattito parlamentare; stesso procedura ci pare si stia implementando per la scuola pubblica che, dopo averla messa in discussione con richiami a un lontanissimo e improbabile sessantotto, si vuole ridimensionare con provvedimenti sempre unilaterali e sempre senza apporti esterni alla maggioranza. Che la scuola abbia bisogno di una riforma radicale sta diventando un luogo comune ma è pure luogo comune che la scuola è specchio della società. Se l’analfabetismo si azzecca (a proposito di zecche) nelle carni del sud un motivo ci sarà, come un motivo ci sarà se gli abbandoni e le dispersioni sono soprattutto la sud e che lo mettono esattamente sullo stesso piano dei paesi meno sviluppati del pianeta (rapporto Pisa). Dunque l’istruzione cammina di pari passo con la percentuale di occupazione e di ricchezza complessiva, ma pure di servizi e di benessere, compresa la fruizione di spettacoli e cultura (libri, giornali ecc.). E vero che fino a un ventennio addietro la nostra scuola era fra le migliori del mondo ma ciò era dovuto, sia alla sua robusta impalcatura, e sia alla mistica lontananza dell’Europa e dalla globalizzazione che sta macinando altre, inusitate e rivoluzionarie competenze e conoscenze. La sfida della scuola è dunque il nuovo mondo e per affrontarlo non si manda in campo il grembiulino ma tutte le armate disponibili nella Nazione a cominciare dalle opposizione, dagli esperti di ogni tendenza, dagli intellettuali di ogni formazione e finire con chi, i maestri, combattono in trincea con la sola baionetta in canna.

PASQUALE ALMIRANTE  






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