UN ACCORATO APPELLO DALLA SMS di Santa Venerina
Data: Giovedì, 24 aprile 2003 ore 07:17:36 CEST
Argomento: Opinioni


 

Uomini Politici, che ci rappresentate e che avete il dovere di aiutarci,

 

 

Vi scrivo per esporre, con tutta sincerità, la difficile situazione nella quale è costretta ad operare la Scuola Media  Statale di Santa Venerina, di cui ho il piacere di essere una Docente.

Voglio premettere che le mie parole cercheranno di evitare sia l’autocommiserazione che l’autocelebrazione. Autocelebrazione e autocommiserazione, infatti, sono due sentimenti che, in casi di questo genere, possono rivelarsi inutili, e addirittura dannosi all’esatta esposizione  dei fatti. E io, invece, vorrei proprio riuscire a delineare un quadro chiaro, e quanto più possibile icastico, della triste realtà che ci è piombata addosso dopo l’evento sismico dello scorso anno, affinché Vi risulti evidente il nostro disagio.

Il 29 ottobre 2002 è stata, infatti, una data epocale per la nostra scuola. Con essa si è chiuso un mondo di certezze, di sicurezze, di tranquillità ed è iniziato un lungo calvario, di cui spesso ci pare di non riuscire a scorgere la fine. Sappiamo solamente che il nostro primo sentimento, dopo la paura e lo sgomento dinanzi all’edificio scolastico che sussultava violentemente e subito dopo crollava miseramente, è stato quello di cercare in noi la forza per ricominciare. La scuola era sempre stata, a Santa Venerina, un’istituzione importante, fulcro del paese, luogo di formazione e aggregazione; e, in quel momento in cui l’edificio ci era negato, abbiamo pensato che l’energia e l’entusiasmo degli uomini potesse bastare a farci risorgere.

Ecco perché, quando il Sindaco ha emesso l’ordinanza di chiusura delle attività scolastiche per un mese, noi, pur comprendendo le sue ragioni, abbiamo risolutamente avversato tale decisione, perché ci sembrava un arrendersi agli avvenimenti, senza combattere. Abbiamo insistito, dunque, affinché, con mezzi di fortuna, le lezioni  riprendessero regolarmente presso la tenda messaci gentilmente a disposizione dai Vigili del fuoco.

E’ stato difficile, ma ce l’abbiamo fatta: il 14 novembre i ragazzi sono ritornati a scuola. Devo dire che è stato un mese straordinario, quello della permanenza in tenda, che ci ha fatto capire che le difficoltà acuiscono l’intelligenza e  temprano straordinariamente gli animi. Ho osservato compiaciuta, e anche un po’ commossa, i miei colleghi, alle prese con sessanta ragazzi contemporaneamente, spiegare la lezione col microfono, con tono coinvolgente ed efficace, nonostante il grande freddo e le intemperie. Il disagio psicologico, inevitabile dopo il dramma vissuto, si scioglieva giorno dopo giorno perché la scuola c’era ancora, perché eravamo tutti lì di nuovo, come prima, a preparare i lavoretti natalizi, i canti, tutto quello che sa di normalità e di felicità Certo eravamo anche assillati da notevole preoccupazione per le continue richieste di trasferimento in altre scuole da parte dei genitori degli alunni: dinanzi a tale situazione abbiamo davvero temuto un’emorragia inarrestabile di utenti che, in breve tempo, avrebbe potuto portare la scuola alla contrazione e alla chiusura. Nel frattempo, comunque, attendevamo, fiduciosi, la costruzione di una grande tensostruttura, che ci avrebbe temporaneamente ospitati, fino alla ricostruzione dell’edificio scolastico.

Il 18 dicembre, col sorriso sulle labbra, abbiamo inaugurato la nuova avveniristica tenda, nella speranza che si trattasse di una sistemazione temporanea. A guardarla, infatti, la tensostruttura appare grande, confortevole, ben riscaldata, un vero e proprio paradiso terrestre.Ma, vivendo al suo interno, se ne  avverte la precarietà, l’insufficienza, l’evanescenza e la fragilità.

Fragilità, dicevo: le pareti esistono, ma è come se non ci fossero: la nostra è diventata una lezione collettiva infinita, le nostre parole rimbombano, si amplificano e poi si disperdono, siamo in una sola classe e in tutte contemporaneamente, le  parole si sovrappongono in un vociare confuso. E’ difficile fare lezione così, quasi impossibile…

E’ precaria questa nostra tenda, credetemi:  neanche il vento gelido di febbraio  l’ha risparmiata e abbiamo dovuto sospendere di colpo gli scrutini quadrimestrali perché abbiamo rischiato, io e tutti gli altri operatori, di essere colpiti dai pali divelti; per giorni i servizi igienici sono stati inservibili, perché danneggiati.

La polvere, poi, è la signora assoluta, la nostra  nemica invisibile; ce la ritroviamo ovunque addosso, nel naso, in bocca, negli occhi, sugli abiti, col rischio di pericolose allergie. Il personale ausiliario opera meticolosamente, ma invano: temo che gli alunni, e noi stessi, prima o poi ne risentiremo pesantemente. Non oso certo immaginare  a quali disagi andremo incontro con l’arrivo delle calde giornate di primavera; dentro la tenda si soffoca, il materiale di cui è costituita ci appare di giorno in giorno sempre più dannoso, l’atmosfera si fa pesante, quasi invivibile.

E allora ho capito che mi sbagliavo a pensare che noi, da soli, con la nostra energia e il nostro entusiasmo, eravamo in grado di  farcela. Gli uomini possono anche operare nel migliore dei modi, ma, credeteci, Santa Venerina ha assoluto bisogno che vengano avviati i lavori di costruzione del nuovo edificio scolastico. E’ l’unico modo perché il nostro Istituto possa sopravvivere e continuare ad operare in serenità, senza ansie e preoccupazioni, fornendo al territorio servizi efficienti e soddisfacenti. La tensostruttura deve essere solo una sistemazione temporanea, non lasciamo che diventi una struttura perenne, sarebbe solo il simbolo di una scuola fantasma.

Noi vogliamo risorgere, perché la Scuola Media “A.Manzoni” di Santa Venerina non è morta in quel soleggiato e sfortunato mattino d’autunno, ma è ancora lì, forte come l’acciaio e viva delle sue risorse umane. Le servono solo delle pareti robuste che la accolgano e la proteggano validamente, che speriamo si ergano presto, a dispetto di lutti, sventure e capricci della natura.

E’ questa la mia piccola speranza, spero che mi abbiate ascoltato e capito.

 

                               Silvana La Porta

 

                                                        

 

 

 

 

 

 

 

 








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