Il federalismo è una "esperienza fondamentale"
per la scuola, una riforma che permette di "gestire
competenze e risorse" attraverso l’autonomia.
Ne è convinto Roberto Albonetti, dal 2005
a capo della Direzione generale Istruzione, formazione
e lavoro della Regione Lombardia.
La Lombardia è stata una delle prime regioni
a fare propria l’autonomia scolastica, come stabilito
dalla Riforma del Titolo V della Costituzione. Albonetti la definisce una esperienza "più
che positiva", e ritiene che proprio il principio
dell’autonomia avvicini le scuole al territorio, e
permetta loro un collegamento più forte anche
con le aziende. Si tratta, spiega, «di un criterio di
prossimità al cittadino: se la scuola è gestita a livello
locale, si riesce a stare più vicini alle esigenze
dei cittadini. E il federalismo è una leva
che può aiutare il passaggio tra scuole e aziende.
C’è poi da dire che i sistemi regionali spendono
molto meno in confronto al sistema nazionale».
Eppure, proprio sul capitolo della spesa, sono
molte le critiche arrivate sulla bozza Calderoli.
Soprattutto a livello di risorse: il sistema federalista
che il ministro dovrebbe presentare a settembre
prevede che alcune spese come scuola
e sanità vengano finanziate trattenendo una
quota delle tasse versate in una singola regione.
Si prendono in considerazione le tre regioni
migliori (Lombardia, Emilia Romagna e Lazio) e
si calcola quanto è necessario trattenere per
far fronte alla spesa. E poi si fa una media fa le
tre, e chi riesce a spendere meno versa il resto in
un fondo perequativo, che verrà ripartito tra chi
spende di più.
«Il problema del fondo perequativo - ribatte Albonetti - è ancora in via di definizione. Ritengo
comunque che passare dalla spesa storica al
costo standard della prestazione rappresenti
un vantaggio per tutti, non uno svantaggio».
C’è poi in cantiere l’idea del ministro Gelmini
di trasformare tutte le scuole in fondazioni:
un principio che porterebbe scuole pubbliche e
paritarie sullo stesso piano, in un sistema concorrenziale.
«Dal punto di vista della mia esperienza
- spiega Albonetti - gli istituti sono più responsabili
rispetto alle scelteche fanno. C’è un
percorso nel territorio, e ogni regione ha esigenze
diverse. In questo modo c’è una concorrenza
tra i diversi sistemi, che può far partire un circolo
vizioso. Perché dal punto di vista della spesa,
spendiamo tantissimo, ma non c’è una resa pari
a quello che spendiamo. Una concorrenza di
questo senso può portare a un innalzamento di
qualità, a un circolo virtuoso».
C’è il problema anche delle competenze:
quanto deve rimanere centralizzato e quanto
invece può essere lasciato decidere alle autonomie
locali? «Lo Stato - ritiene Albonetti - deve
stabilire dei livelli essenziali delle prestazioni,
dei meccanismi di apprendimento, e poi il resto
della programmazione deve avvenire a livello
regionale. Lo ripeto: ogni territorio ha esigenze
diverse, e le caratterizzazioni territoriali vanno
salvaguardate».
In pratica, l’idea è che lo Stato
dia una programmazione minima da rispettare,
anche per quanto riguarda i contenuti delle
materie scolastiche, e poi lasci alle Regioni la
possibilità di decidere tutto il resto, dal modo in
cui gli obiettivi vengono raggiunti ai mezzi per
raggiungerli. Il rischio, però, è quello di avere
un’Italia a due velocità, dove il Sud si trova
svantaggiato rispetto al Nord. «Piuttosto - replica
Albonetti - ci sarà una concorrenza tra i diversi
sistemi: sarà una spinta alle scuole a funzionare
meglio, all’interno di un sistema di concorrenza
che permetterà di innalzare il livello
degli istituti».
ANDREA GAGLIARDUCCI (da www.lasicilia.it)