ROMA. Buste-paga leggerissime quelle
degli insegnanti italiani. Non soltanto rispetto
alle medie Ocse e Ue, ma anche
in confronto agli altri pubblici dipendenti.
È quanto emerge da un’indagine
presentata dalla Uil scuola in occasione
della Conferenza organizzativa nazionale.
Se la magistratura conquista il top
della classifica con 114.646 euro lordi
annui, la scuola si piazza terz’ultima
con 27.285 lordi preceduta dai corpi di
polizia, 34.342, e seguita soltanto da dipendenti
delle Regioni (27.285) e dai
ministeriali (26.528).
Considerando il Pil pro capite, per tenore
di vita gli insegnanti italiani in una
graduatoria di 28 nazioni si piazzano al
20mo posto (1,14 a fronte del 2,33 della
Corea e del 1,66 della Germania, per fare
qualche esempio) al di sotto delle
medie Ocse (1,30) e Ue (1,25). E anche
considerando un altro tipo di indice, la
misurazione delle retribuzioni in dollari
Usa corretti con gli indici di parità di
potere d’acquisto, L’Italia si piazza agli
ultimi posti: se un insegnante di scuola
secondaria di primo grado con 15 anni
di anzianità in Germania guadagna
51.240 dollari e in Spagna 41.588 in Italia
arriva soltanto a 31.917. Peggio dei
nostri stanno i docenti della Repubblica
ceca (24.423) e dell’Ungheria (15.622).
Le retribuzioni degli insegnanti dal
’95 a oggi hanno perso il 21% del loro
potere di acquisto e dal gennaio 2008,
senza rinnovo del contratto scaduto dal
dicembre 2007, con gli stipendi fermi e
l’inflazione in crescita di circa il 4% la situazione
peggiora e si ha un ulteriore
calo delle retribuzioni reali di oltre il
4%. Un docente laureato di scuola secondaria
di primo grado (ex medie), ma il
trend è identico per tutte le tipologie di
docenti, ha una retribuzione che in termini
reali è regredita rispetto al potere
d’acquisto al 2002 se è all’inizio della
carriera, il livello è quello del 1999 se ha
15 anni di anzianità, si riduce al livello
del 2003 se sta per andare in pensione.
Il confronto dei livelli di retribuzioni,
nominale e reali, mostra una forbice tra
anzianità iniziale e anzianità massima
che permane praticamente inalterata
negli anni. In altri termini, la crescita
delle retribuzioni, per i meccanismi di
aumenti percentualmente uguali per
tutte le anzianità, penalizza quelle più elevate,
anche se l’introduzione della differenziazione
per fasce d’età lavorativa
della retribuzione professionale docente
ha lievemente attenuato il fenomeno.
Per l’istruzione in Italia si spende poco.
Se nel 1990 la spesa per l’istruzione
in rapporto al Pil era del 5,80% in Italia a
fronte di una spesa Ocse del 5,20% nel
2004, nel ’97 le rispettive percentuali si
attestano a 4,90 e 6,10 e nel 2004 si arriva
a 4,90 contro 5,50.
TIZIANA CAROSELLI (da www.lasicilia.it)