Analfabeta un italiano su dieci e in venti milioni stentano a leggere, scrivere e far di conto. Catania è la capitale degli «asini»
CATANIA. Oggi, 8 settembre, si celebra la
giornata mondiale della lotta contro l’analfabetismo.
Secondo l’Unesco gli
analfabeti nel mondo sono 750 milioni,
due terzi dei quali in Africa. La sorpresa
è che l’Africa è anche a casa nostra, in
Italia, dove gli «analfabeti funzionali»
sono 20 milioni, un terzo della popolazione.
Un dato che lascia di stucco e che
comprende non solo i 6 milioni di individui
che non hanno mai frequentato la
scuola (oltre 782.000) e che non hanno
alcun titolo di studio (oltre 5 milioni),
ma anche gli analfabeti di ritorno, quelli
che hanno conseguito la licenza elementare
(oltre 13.600.000), ma che non
hanno mai utilizzato le competenze acquisite.
E se non si utilizzano, dicono le
ricerche scientifiche in materie, si regredisce
di cinque anni. Si ritorna analfabeti,
dunque. Di più. Dalle ricerche sul
campo condotte da Statistic Canada, su
campioni di popolazione tra i 16 e i 65
anni, apprendiamo che le reali competenze
degli italiani sono simili a quelle
della Sierra Leone: solo il 29% dei nostri
concittadini ha capacità di lettura, di
scrittura e di calcolo. Una quadro devastante
nel quale Catania spicca come la
città più analfabeta tra quelle con più di
250.000 abitanti.
Chi è analfabeta non ha gli strumenti
per decodificare il mondo e per sapervisi
muovere senza farsi usare a proprio
danno.
Dati che non sorprendono Santo Gagliano,
preside della Petrarca, scuola di
frontiera catanese scelta dall’Unione
europea, unica in Italia, per sperimentare
la Scuola della Seconda opportunità
per adulti. «Da anni - dice - l’insegnamento
non è fatto in funzione degli apprendimenti
reali per cui, posto l’obiettivo
comune - per le elementari insegnare
a leggere, a scrivere e a far di conto
- bisogna perseguirlo tenendo conto
delle differenti esigenze e caratteristiche
dei ragazzi. La scuola, invece, punta
su obiettivi formativi senza legarli ad un
uso reale nella società complessa, non
utilizza i linguaggi del mondo contemporaneo,
ignora quello degli Sms, ignora
quelli della multimedialità e non utilizza
il computer e questo perché gli insegnanti
non sono formati, né obbligati,
a farlo. Ma se non si fa questo la scuola
attuale non può competere con la televisione.
Anche la dispersione scolastica
è recuperata soltanto in termini sociali,
ma non scolastici, cioè si riportano
i ragazzi a scuola, fisicamente, ma non si
includono, non si riesce a conciliare apprendimento,
qualità, successo».
Per questi motivi il preside Gagliano
si dice contrario al maestro unico, con
l’eccezione della prima elementare, perché
i ragazzi hanno bisogno di una pluralità
di riferimenti. Per questo, contro il
parere della ministra Gelmini, si dice
favorevole alla compresenza «che è un
arricchimento per i più bravi e per i meno
bravi che vengono seguiti secondo le
differenti capacità». Per questo contesta
i compiti a casa alle elementari, «perché
li fanno le mamme, le zie, le maestre
private e sono volti a fare bella figura.
Invece il bambino deve sperimentarsi
da solo, deve fare e imparare sbagliando
con l’aiuto del maestro». Per questo nella
sua scuola, alle elementari, ha introdotto
la lettura pubblica e le gare di lettura
a squadre, ha disposto il dettato
obbligatorio per tutti dopo la ricreazione,
il ritorno alle tabelline a memoria a
saltare, insieme all’uso della calcolatrice,
e ha sollecitato grande attenzione
per la storia perché i ragazzi, obnubilati
dalla televisione, non hanno più il
senso della successione temporale.
Per
questo non crede che l’apprendimento
sia accumulo di notizie su notizie e,
dunque, contesta i progetti «che non
fanno imparare niente e che, per colmo,
si occupano della tutela del Panda e non
del Cirneco dell’Etna». Per questo è convinto
che le scuole per adulti, i centri
Eda, così come i centri di formazione
professionale, dovrebbero fornire competenze anziché abilità. Cioè non insegnare
ad utilizzare una macchina specifica,
ma a sapere leggere, in italiano e in
inglese, le istruzioni per sapere utilizzare
anche quelle che verranno.
«La nostra
Scuola della Seconda Opportunità è diventata
un modello in Europa perché
abbiamo puntato sull’individualizzazione
dell’insegnamento, sul recupero
delle motivazioni allo studio e sull’acquisizione
degli strumenti per leggere il
mondo. Il passo successivo sarà aprire la
scuola il sabato e la domenica per fare
corsi, a partire da quelli di lettura, non
per ottenere un titolo di studio, ma per
riqualificarsi».
PINELLA LEOCATA (da www.lasicilia.it)
Alfabetizzazione e Unesco.
Correlato a quello dell’istruzione il tema della salute
08.09.2008.
Oggi si celebra la Giornata mondiale
per l’Alfabetizzazione, istituita dall’Unesco
nel 1967, che quest’anno dedica
una particolare attenzione alla stretta
relazione che intercorre tra alfabetizzazione
e salute. Questo è il tema scelto
per il biennio 2007-2008 nella Decade
dell’Alfabetizzazione dell’Onu
(2003-2012), nella convinzione che
esista un legame indissolubile fra la
garanzia di salute e la possibilità di accesso
alle strutture scolastiche, e quindi
all’alfabetizzazione di milioni di
bambini nel mondo.
La Decade è stata adottata durante la
57esima sessione dell’Assemblea generale
del 2002, con un piano d’azione
internazionale che prevede: adeguamento
delle politiche che creino un
ambiente favorevole alla partecipazione
collettiva locale per l’alfabetizzazione;
sviluppo di programmi flessibili
ed adeguati alle specifiche necessità;
formazione dei formatori; partecipazione
della collettività locale; monitoraggio
dei progressi nelle differenti
regioni.
L’Unesco si sta adoperando per evidenziare
l’importanza dell’alfabetizzazione
per una società sana, con un
forte richiamo alle epidemie e alle malattie
trasmissibili, come l’Hiv, la tubercolosi
e la malaria, che causano alcune
delle più rilevanti pandemie del mondo.
Per questo motivo, per il 2008 è
stato scelto come motto: "L’alfabetizzazione
è il miglior rimedio".
Con riferimento al rapporto tra alfabetizzazione,
crescita economica e livello
di salute e sopravvivenza, bisogna
tener conto che 72 milioni di bambini
nel mondo non sono scolarizzati;
molti di più frequentano la scuola con
irregolarità o l’hanno abbandonata. La
maggior parte vivono in Africa e sono
bambine. Le cause principali del mancato
accesso all’istruzione sono la povertà,
la diffusione dell’Aids, le guerre,
i pregiudizi culturali.
L’istruzione, diritto
fondamentale di ogni individuo, è al
centro di ogni processo di sviluppo;
l’accesso ad una solida formazione
permette agli individui d’acquisire nozioni,
saperi e comportamenti indispensabili
allo sviluppo del loro potenziale
e delle loro capacità. Per i poveri
e gli emarginati l’istruzione è indispensabile
per il miglioramento delle
condizioni di vita.
ANTONINO BLANDINI (da
www.lasicilia.it)