Il ravvedimento di Bossi sul maestro unico non coincide con le proteste dell'Mpa di Lombardo?
Data: Martedì, 09 settembre 2008 ore 11:58:00 CEST
Argomento: Redazione


«La mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi troppo a lungo agli studi, mio padre era un agricoltore. Dovevo iniziare a lavorare e quindi dovevo superare l'esame per ottenere l'abilitazione alla professione». Così dice il ministro Gelmini per giustificare la scelta di svolgere l’esame per procuratore legale in Calabria dove era più facile e dove sembra si sia spostata la residenza momentanea. Le vorremmo solo chiedere: cosa può rispondere ai tanti docenti delle elementari che si sono visti precluso lo stipendio con l’introduzione del maestro unico? Non ci saranno fra di loro anche figli di agricoltori che da anni attendono con pazienza e fiducia un posto per non gravare ancora sulle spalle del genitore zappatore come il suo? E la questione del merito? Perché si cerca il merito da parte di chi ha preferito questa machiavellica scorciatoia? Quanti colleghi più meritevoli la ministra ha scavalcato con quell’esame farsa? Diceva Sciascia che i più accaniti persecutori degli ebrei nel periodo dell’inquisizione furono gli ebrei convertiti, così come sta succedendo a Brunetta che da ex sindacalista non tiene in conto i sindacati, anzi non vuole nemmeno interloquire: prendere o lasciare. E sbalordisce anche questa continua demonizzazione del sessantotto, causa di tutti i mali della scuola, scordando lo straordinario contributo che ha dato alla ricerca pedagogica e alla didattica di cui, per esempio, Morin (ma chi è costui?) è una delle espressioni più nobili e che consigliamo a chi parla di cose della istruzione di studiare non di leggere. E’ negli studi di E. Morin che la grande vampata di rinnovamento del “68 si ritrova, compresa l’apertura delle Università a tutti i diplomi. Perché sta succedaneo anche questo: tutti si improvvisano pedagoghi ed esperti e tutti hanno ricette e anche senza competenza sostengono tesi astruse con supponenza magnifica. Il modulo ha dato buoni risultati, ha consentito alla equipe di maestri il confronto settimanale per migliorare la didattica, stimolandoli a perfezionare l’insegnamento, perché toglierlo? Sostenere la tesi che un solo maestro è meglio appare una beffa, come stupefacente appare che sulla sedia dove sedette Giovanni Gentile, uno dei più grandi filosofi d’Europa, segga oggi l’avvocato Gelmini, promossa con uno stratagemma. Ma vorremmo aggiungere un’altra riflessione. Se si ascoltano bene le dichiarazioni di Bossi che viene accusato di avere fatto  marcia indietro sul modulo alle elementari si capisce la simbiosi con le dichiarazioni del Mpa di Lombardo che sta minacciando scioperi per garantire i posti di lavoro ai maestri siciliani. Accusare Bossi di incoerenza è più facile che accusa Lombardo mentre entrambi portano istanze comuni di tipo regionalistico e di tutela dei conterranei. Certamente la scuola non è uno stipendificio, come dice il ministro, ma neanche il ministero della istruzione può essere una dependance di quello dell’economia o uno scranno per fare passerelle. Un governo serio che vuole in effetti migliorare l’istruzione punta sulla concertazione che significa riformare col concorso di tutti, intellettuali, esperti, pedagogisti, associazioni di insegnanti ecc.,  come a suo tempo fece Gentile e come nelle Nazioni non dilaniate dalla ideologia ottusa si continua a fare. Si dice di lasciare lavorare la ministra: ma su quel lavoro? Sul voto in condotta o sul grembiulino? Che lavoro mai sta svolgendo se non quello di ridurre posti su spinta di esigenze di cassa? E vogliamo ancora ricordare che l’attuale presidente del consiglio anni addietro ebbe a dire che tra i poteri forti contro di lui c’era anche la scuola, a parte la magistratura. Con ogni probabilità, dopo il lodo Alfano, sta arrivando il lodo Gelmini per smantellare l’istruzione pubblica che viene, in modo strumentale e becero, coniugata col “68, una esperienza politica e culturale che in tutto il mondo è solo un ricordo storico o luogo di nostalgia per chi lo visse. L’onestà intellettuale pretende onestà di parole e allora sarebbe stato corretto che dicessero: siamo costretti a farlo, prendere o lasciare.

 

 

PASQUALE ALMIRANTE

 

 







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