In una classe tutti immigrati
Data: Venerd́, 29 agosto 2008 ore 00:24:18 CEST
Argomento: Redazione


Alla scuola Fiochetto del primato si va molto fieri, al punto da aver indetto un concorso fra gli allievi per trovare un logo che raccontasse l’anima di un istituto in cui il 63,4 per cento degli scolari è straniero. Lo ha vinto, nel giugno scorso, una bimba marocchina con un futuro da copywriter. A dieci anni ha saputo scodellare in pochi minuti un’immagine dall’efficacia disarmante: una cartella da cui spuntano i cinque continenti, sorvegliata dallo slogan «Il mondo in uno zaino». La preside, Giulia Guglielmini, pedagogista (e una passione dichiarata per «il fruttuoso incrocio di culture») la osserva compaciuta: «Quando le cose funzionano, e si superano i pregiudizi, si scopre che una scuola in grado di mischiare storie di vita, differenze e contrasti, non può che arricchirti». Lo dice conscia del fatto che fra pochi giorni, magari, dovrà affrontare il problema dell’integrazione al contrario. Fornendo rassicurazioni ad una minoranza che non ti aspetti: quella dei genitori italiani, ché i loro figli in alcune classi sono ridotti a due alunni su quindici. Del resto, non a caso Torino è una delle città italiane più attrezzate per far fronte al fenomeno degli stranieri fra i banchi. L’ultima dimostrazione di questo interesse è una grammatica ad uso di chi italiano non è, commissionata e distribuita dal Comune: «Abbiamo deciso di affidare al professor Salvatore Tripodi - spiega l’assessore all’Istruzione Luigi Saragnese - un manuale costruito su misura sulle esigenze di apprendimento dei cittadini stranieri. Perché un conto sono le regole grammaticali spiegate a chi già possiede gli strumenti linguistici fondamentali. E un conto è spiegare come funziona l’italiano a chi comunica con gli ideogrammi». Saranno svantaggiati sull’italiano gli orientali, ma, come spiega la preside dell’elementare più multietnica di Torino, sono molto più facilitati nell’apprendimento delle scienze esatte e riescono a contagiare della passione per i numeri anche i loro vicini di banco. «Abbiamo organizzato le Olimpiadi della Matematica l’anno scorso - ricorda - e i cinesi hanno lasciato tutti al palo».

La differenza come opportunità dunque, e non come problema. E’ questa la sfida lanciata da questa piccola scuola affacciata sulla Dora, servita da una mensa in cui si preparano perlopiù menu speciali (privi di carne di maiale, per esempio, per i bimbi di religione musulmana). D’altronde oggi, sotto la Mole, il 22% dei neonati ha un genitore straniero, mentre la presenza di studenti di origine non italiana nella scuola dell’obbligo è del 20%. A Torino si contano solo 7-8 scuole elementari che sono sotto il 10%. Spiega l’assessore Saragnese, che di recente ha incontrato le scuole di Porta Palazzo e dintorni dove il 34% di studenti non è italiano: «Qui abbiamo una scuola dell’infanzia comunale con il 95% di stranieri e un nido con il 64 per cento». Aggiunge: «Tra l’altro, una legge degli Anni Ottanta ha eliminato la “zonizzazione”, il criterio in base al quale ci si doveva iscrivere nella scuola più vicina a casa. Oggi, insomma, c’è libertà di scelta».

Ma quali sono i problemi che i bimbi stranieri incontrano anche quando hanno il sopravvento (numerico) sugli italiani? «Spesso conoscono bene la lingua - conclude l’assessore - semmai hanno le stesse difficoltà che avevano negli Anni Settanta i bambini in arrivo dal Sud: sociali, culturali ed economiche».

E dire che, nel frattempo, Benetton ha venduto un mucchio di golfini colorati.





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