Quel vento d’estate che soffia nella poesia di Giusi Verbaro
Data: Mercoledì, 20 agosto 2008 ore 17:34:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


 

 

 

SOLSTIZIO D’ESTATE di Giusi Verbaro

Manni. Pagine 78. Euro 15,00
E siste una modalità tutta medi­terranea nella ricerca del tem­po perduto. Ed è quella che si coglie nel romanzo in versi Solstizio d’estate di Giusi Verbaro, una poetes­sa italiana tra le più valide, ma non conosciuta come si dovrebbe. Una ricerca che è tutta un’esplosione di lucori e ansiti sommessi della natu­ra, in un Sud sfinito dalle contraddi­zioni che le mareggiate e gli abban­doni, di uomini e di cose, portano con sé. Per lasciarsi andare altrove o per fuggire da questo altrove sce­gliendosi il riparo della terra come guscio ai desideri di altri mondi. La Verbaro, nata a Catanzaro ma vissuta lungamente a Firenze, racconta da sempre di odissee antiche e moder­ne: da quella del padre di Laerte e marito di Penelope, archetipo di o­gni spinta alla conoscenza e di ogni
nostos, alla sua, quella di una donna che ha vissuto il distacco dal Sud e ne ha apprezzato appunto il ritorno ( Itaca, Luce d’Hakepa, Nel nome della madre, Isola sono alcuni titoli delle sue raccolte precedenti).
Qui, in questo soffio in cui ritornano i timbri, i no­mi, le voci dell’infanzia, è pronta la domanda esistenziale: «dove vanno i passi?», «quale il senso compiuto della perfetta nudità del quadro?», «cosa ci resta / in questa notte in­quieta / che celebra l’estate e la sua morte?».(Da Avvenire) M.Allo

Ora, con questo romanzo in versi vero e pro­prio, Giusi Verbaro si misura con un senso del tempo implacabile. Quello imposto dalla nascita di una nuova vita - la nipote Lavinia - che riposa nella casa estiva di famiglia e che ri­sveglia nella poetessa divenuta non­na il ricordo delle passate stagioni, e il suon di lei, cioè della sua figliola di­venuta madre e che molti anni fa ri­posava nella stessa culla, con lo stes­so sguardo beato, e il respiro della creatura innocente e ignara. Il poeta si apre alla consapevolezza del pas­saggio di testimone da una genera­zione all’altra: «la radice ed il ramo. Il ramo e le sue foglie». Ed ecco che gli elementi naturali della costa calabre­se - quella ionica - irrompono sulla scena a suggerire il cambio della sce­na. «Basta uno scarto, / una misura.
Una sillaba. Un soffio» a proporre un giro nuovo. È il solstizio che adesso fa la differenza ed il vento si presenta nei versi come elemento di rottura e verità («È vento vivo / il vento che trascina le memorie»).

La Verbaro affida al tempo presente - agostinianamente - la comprensione del passato e la visio­ne del futuro: e rende omaggio, non troppo implicitamente, a Mario Luzi che della riflessione sul tempo ha dato il maggior saggio nella poesia i­taliana del Novecento. Ed è in un al­tro elemento naturale, cioè nella pioggia «che chiuderà l’estate e la sua festa», che è dato «riconoscere / quanto di noi più fragile e sfuggen­te ». Per il poeta, «tutti i luoghi non visti. Tutti gli approdi / persi» cui la parola, «un tempo nocchiero e ven­to », credeva di dare un senso. Ma che adesso, nella maturità, di fronte alla vita che rinasce nel cuore di una casa, mai guardata fino in fondo, «segna il margine / e il chiuso delle mura».

Dieci anni
"Insepolte preistorie d'infanzia
e assenze immedicate
tornano, padre,
al giro frettoloso di brevi adolescenze.
Strappandomi la tunica di angelo ribelle
ora che il tempo induce a miti riflessioni
indugio tra detriti e depositi d'alghe
di un passato di acconti e punti cardinali
a oggettivare il come il quando ed il perché
lustrasti il tuo mestiere difficile mestiere
di padre e di profeta.

Fu così poco il tempo per parlare e capirci:
già infilzato al pennone di disposte sequenze
ti disponevi a improvvida partenza
senza neppure il grigio dell'addio.
E fu morte la tua per la vita vissuta
misurando perimetri di rischio
strozzato alla catena del bisogno. Eppure
saremmo stati amici se a tempi non sfasati
avessimo legato al dialogo dei giorni
verità ricomposte.

Anche tu avresti ribaltato il ventre dell'acquario
e a palafitte nuove avresti edificato
le quotidiane cedole e i passaporti falsi
per un nuovo natale a commiati impazziti. Ora so
che ogni guerra si affronta comunque a mani nude
senza l'oppio di un cristo mansueto
risalendo il crinale a concimare amori.

A te non bastò il tempo
per raccogliere aironi in sacche di palude
riequilibrare i conti e i compromessi: fu questo il senso
della improvvisa fuga dalle cose.
Dieci anni: ed insetti vocianti
hanno riempito stadi
di un tempo senza storia né certezze.

Piramidi di noia sorridono ai fantasmi
di virtù sconsacrate."


Ma chi è Giusi Verbaro?

Giusi Verbaro, nata a Catanzaro dove vive, ha soggiornato e studiato a Firenze. Laureata in biologia, dopo avere esercitato breve attività di insegnamento, si dedica completamente alla letteratura. È poetessa, saggista, autrice di antologie poetiche ed operatrice culturale. Scrive su varie riviste letterarie e sulla terza pagina del quotidiano “La Gazzetta del Sud”. Ha pubblicato numerosi volumi di poesia, alcuni dei quali tradotti ed editi in Francia, Spagna e Portogallo. Ha realizzato corsi di scrittura creativa, laboratori sui diversi linguaggi della poesia nonché studi e paragoni su testi di canzoni d’autore. Il suo cammino poetico, mai sporadico, abbraccia un arco temporale di circa trent’anni. La qualità e la molteplicità delle attività svolte dalla Verbaro ne fanno una delle poetesse italiane contemporanee di maggior spessore. Il romanzo in poesia “Solstizio d’estate”, annoverato tra i cinque finalisti del Premio Camaiore 2008, è uno spazio scenico nel quale, in una sola notte, tutto può accadere in un dimesso suono di fantasmi ed angeli buoni. Visionarietà e memoria sono elementi mai assenti. Il testo, come fosse in continuo divenire, procede oltre la realtà evolvendosi in una dimensione quasi “metafisica”.







Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-11714.html