SOLSTIZIO D’ESTATE di Giusi Verbaro
Manni. Pagine 78. Euro 15,00
E siste una modalità tutta mediterranea nella ricerca del tempo perduto. Ed è quella che si coglie nel romanzo in versi Solstizio d’estate di Giusi Verbaro, una poetessa italiana tra le più valide, ma non conosciuta come si dovrebbe. Una ricerca che è tutta un’esplosione di lucori e ansiti sommessi della natura, in un Sud sfinito dalle contraddizioni che le mareggiate e gli abbandoni, di uomini e di cose, portano con sé. Per lasciarsi andare altrove o per fuggire da questo altrove scegliendosi il riparo della terra come guscio ai desideri di altri mondi. La Verbaro, nata a Catanzaro ma vissuta lungamente a Firenze, racconta da sempre di odissee antiche e moderne: da quella del padre di Laerte e marito di Penelope, archetipo di ogni spinta alla conoscenza e di ogni
nostos, alla sua, quella di una donna che ha vissuto il distacco dal Sud e ne ha apprezzato appunto il ritorno ( Itaca, Luce d’Hakepa, Nel nome della madre, Isola sono alcuni titoli delle sue raccolte precedenti).
Qui, in questo soffio in cui ritornano i timbri, i nomi, le voci dell’infanzia, è pronta la domanda esistenziale: «dove vanno i passi?», «quale il senso compiuto della perfetta nudità del quadro?», «cosa ci resta / in questa notte inquieta / che celebra l’estate e la sua morte?».(Da Avvenire) M.Allo
Ora, con questo romanzo in versi vero e proprio, Giusi Verbaro si misura con un senso del tempo implacabile. Quello imposto dalla nascita di una nuova vita - la nipote Lavinia - che riposa nella casa estiva di famiglia e che risveglia nella poetessa divenuta nonna il ricordo delle passate stagioni, e il suon di lei, cioè della sua figliola divenuta madre e che molti anni fa riposava nella stessa culla, con lo stesso sguardo beato, e il respiro della creatura innocente e ignara. Il poeta si apre alla consapevolezza del passaggio di testimone da una generazione all’altra: «la radice ed il ramo. Il ramo e le sue foglie». Ed ecco che gli elementi naturali della costa calabrese - quella ionica - irrompono sulla scena a suggerire il cambio della scena. «Basta uno scarto, / una misura.
Una sillaba. Un soffio» a proporre un giro nuovo. È il solstizio che adesso fa la differenza ed il vento si presenta nei versi come elemento di rottura e verità («È vento vivo / il vento che trascina le memorie»).
La Verbaro affida al tempo presente - agostinianamente - la comprensione del passato e la visione del futuro: e rende omaggio, non troppo implicitamente, a Mario Luzi che della riflessione sul tempo ha dato il maggior saggio nella poesia italiana del Novecento. Ed è in un altro elemento naturale, cioè nella pioggia «che chiuderà l’estate e la sua festa», che è dato «riconoscere / quanto di noi più fragile e sfuggente ». Per il poeta, «tutti i luoghi non visti. Tutti gli approdi / persi» cui la parola, «un tempo nocchiero e vento », credeva di dare un senso. Ma che adesso, nella maturità, di fronte alla vita che rinasce nel cuore di una casa, mai guardata fino in fondo, «segna il margine / e il chiuso delle mura».
Dieci anni
"Insepolte preistorie d'infanzia
e assenze immedicate
tornano, padre,
al giro frettoloso di brevi adolescenze.
Strappandomi la tunica di angelo ribelle
ora che il tempo induce a miti riflessioni
indugio tra detriti e depositi d'alghe
di un passato di acconti e punti cardinali
a oggettivare il come il quando ed il perché
lustrasti il tuo mestiere difficile mestiere
di padre e di profeta.
Fu così poco il tempo per parlare e capirci:
già infilzato al pennone di disposte sequenze
ti disponevi a improvvida partenza
senza neppure il grigio dell'addio.
E fu morte la tua per la vita vissuta
misurando perimetri di rischio
strozzato alla catena del bisogno. Eppure
saremmo stati amici se a tempi non sfasati
avessimo legato al dialogo dei giorni
verità ricomposte.
Anche tu avresti ribaltato il ventre dell'acquario
e a palafitte nuove avresti edificato
le quotidiane cedole e i passaporti falsi
per un nuovo natale a commiati impazziti. Ora so
che ogni guerra si affronta comunque a mani nude
senza l'oppio di un cristo mansueto
risalendo il crinale a concimare amori.
A te non bastò il tempo
per raccogliere aironi in sacche di palude
riequilibrare i conti e i compromessi: fu questo il senso
della improvvisa fuga dalle cose.
Dieci anni: ed insetti vocianti
hanno riempito stadi
di un tempo senza storia né certezze.
Piramidi di noia sorridono ai fantasmi
di virtù sconsacrate."
Ma chi è Giusi Verbaro?
Giusi Verbaro, nata a Catanzaro dove vive, ha soggiornato e studiato a Firenze. Laureata in biologia, dopo avere esercitato breve attività di insegnamento, si dedica completamente alla letteratura. È poetessa, saggista, autrice di antologie poetiche ed operatrice culturale. Scrive su varie riviste letterarie e sulla terza pagina del quotidiano “La Gazzetta del Sud”. Ha pubblicato numerosi volumi di poesia, alcuni dei quali tradotti ed editi in Francia, Spagna e Portogallo. Ha realizzato corsi di scrittura creativa, laboratori sui diversi linguaggi della poesia nonché studi e paragoni su testi di canzoni d’autore. Il suo cammino poetico, mai sporadico, abbraccia un arco temporale di circa trent’anni. La qualità e la molteplicità delle attività svolte dalla Verbaro ne fanno una delle poetesse italiane contemporanee di maggior spessore. Il romanzo in poesia “Solstizio d’estate”, annoverato tra i cinque finalisti del Premio Camaiore 2008, è uno spazio scenico nel quale, in una sola notte, tutto può accadere in un dimesso suono di fantasmi ed angeli buoni. Visionarietà e memoria sono elementi mai assenti. Il testo, come fosse in continuo divenire, procede oltre la realtà evolvendosi in una dimensione quasi “metafisica”.