Ho letto con molta attenzione, e confesso
con ammirazione, l’editoriale
del vice direttore de La Sicilia, Domenico
Tempio, pubblicato sabato 2 agosto.
Ha scatenato in me alcune riflessioni
che propongo ai lettori. Un giorno
una docente di una Università
americana mi chiese con sguardo meravigliato:
«come mai in Italia avete
dei cartelli che recitano "è severamente
vietato"?». Voleva dire che se
una cosa è vietata non occorre che lo
sia severamente. Ed ha ragione.
Ma il nostro spirito italico va certamente
sempre molto oltre. E quindi il
severamente corrisponde ad un inno
alla trasgressione. A superare il concetto
che qualcosa ci può fermare, con
un cartello "Vietato".
E così mentre in Europa assistiamo
ad un interessante dibattito, che trova
importanti impulsi anche negli Stati
Uniti, su nuove forme di genitorialità
per combattere fenomeni come il bullismo
o la dipendenza dai nuovi media
(videogiochi o cellulari), qui un
Ministro-Avvocato, giovane, Mariastella
Gelmini, anni 35 ha fatto un
passo indietro. Ha ripescato il grembiule
ed ha "inasprito le pene" per chi
a scuola ha un comportamento poco
qualificante. E così tra chi ha gridato
che si ritorna al fascismo con il grembiule
e chi invece lo ritiene utile per
evitare vere sfilate di moda in classe,
tra chi ricorda il suo 7 in condotta
(addirittura l’ex Mani Pulite Borrelli o
lo scrittore Camilleri, o ancora il giornalista
Curzi) e chi invece dichiara di
essere stato bravissimo in aula, abbiamo
trascorso ore di discussione
sotto l’ombrellone. Con aggiunta di
una pioggia di articoli o di svariati
minuti di servizi televisivi.
L’impressione che si ha, lo diciamo
consapevoli di assumerci le nostre responsabilità
portando centinaia di dati
raccolti nelle scuole di tutta Italia,
sul rapporto ad esempio su infanzia, preadolescenza e media vecchi e nuovi,
è che manca il succo del discorso.
Proviamo a rifare il ragionamento:
l’unica strada che il nostro paese può
percorrere è quella di vivere una nuova
forma di genitorialità. Occorre più
autorevolezza, meno genitori amici e
più padri e madri presenti. E da lì si
parte per arrivare poi a fondare un
nuovo patto sociale con scuola, agenzie
educative, chiesa, associazionismo.
Non c’è nulla di nuovo in quello che
stiamo dicendo ma soltanto uno
scambio di esperienze nel mondo sociologico
europeo ed americano iniziato
tanti anni fa.
Recenti ricerche a cui ho avuto l’onore
di partecipare o coordinare dimostrano
il distacco tra bambini e ragazzi
e famiglia. E questo genera conseguenze
notevoli nei comportamenti
non soltanto scolastici. Ricordate la
circolare dell’ex Ministro Fioroni sui
cellulari a scuola? E’ servita? O dopo
su Youtube abbbiamo visto di tutto?
Adesso due nuove speranze: il voto in
condotta che può determinare una
bocciatura ed il grembiule che elimina
le differenze. Diciamoci francamente
che è come dare ad un malato
grave un palliativo. La vera svolta è la
sensibilizzazione attraverso corsi di
formazione ai genitori. Loro devono
sapere chi sono oggi i loro figli. Cosa
pensano, cosa vogliono, dove vanno.
Il nostro unico problema è invece
cosa di materiale riusciamo a dargli. E
per far cambiare la tendenza il Ministro Gelmini deve inventarsi qualcosa
di più duraturo di un provvedimento
tampone. O il Ministro Carfagna qualcosa
di più concreto del Garante dei
bimbi (nulla di nuovo perchè altrove
esiste da tempo). Ma su questo apriremmo
un nuovo capitolo perchè l’Italia
non è a misura dei bambini. Ma
ben altro.
FRANCESCO PIRA* (da www.lasicilia.it)
*Sociologo dell’Università di Udine,
giornalista, coautore del libro "Infanzia,
Media e Nuove Tecnologie"