''L'ETA' ESTREMA'', L'ULTIMO ROMANZO DI ROMANO LUPERINI: INTERVISTA ALL'AUTORE
Data: Giovedì, 31 luglio 2008 ore 09:29:20 CEST
Argomento: Rassegna stampa


It’s the End of the World. E’ la fine del mondo e io sto bene, perché dovrei lamentarmi? E’ la frase di una canzone dei REM pronunciata da uno dei personaggi dell’ultima fatica letteraria di Romano Luperini, L’età estrema (Sellerio, pp.120, € 9) in uscita il 17 luglio. E può essere considerata un po’ il leit motiv di tutta l’opera. A tal proposito abbiamo rivolto qualche domanda all’autore, famoso critico letterario e docente all’università di Siena.

D: Prof. Luperini, dunque il critico letterario diventa narratore. Oggi lei, per la seconda volta, dopo I salici sono piante acquatiche (Manni,2002),  si cimenta nella scrittura letteraria. Quali i motivi di questa scelta?

R: In realtà questa opera narrativa è il rovescio di “L’incontro e il caso”, uscito da Laterza lo scorso anno. Svolge sul piano letterario-artistico lo stesso tema della crisi dell’Occidente che in quel libro si sviluppava sul piano della critica letteraria. Certe cose, certe sfumature, che non si possono dire saggisticamente possono essere invece dette se si scrive “en artiste”. La sfera esistenziale e il suo collegamento con quella politica possono essere trattati solo affondando nel terreno della invenzione narrativa. Ma faccio sempre lo stesso discorso: quello di un nichilismo tragico che cerca di indicare tuttavia un filo di speranza.


D: Il suo racconto ha come protagonista un maturo professore d’italiano in un’università americana. Sappiamo che Marcel della Recherce di Proust non è tout court Marcel Proust; ma quanto di Romano Luperini c’è nel suo personaggio?

R: Nel libro c’è certamente un aspetto autobiografico: in effetti mi trovavo negli Stati Uniti subito dopo l’11 settembre, dato che insegnavo a Los Angeles all’University of California. L’atmosfera di paura che descrivo l’ho vissuta allora. Però la vicenda è ambientata dieci anni dopo (nel 2011) e la trama (gli attentati, l’amore fra il vecchio e la giovane Claudine) è ovviamente inventata. Anche il protagonista è più vecchio di me. E tuttavia alcune sue considerazioni sulla vecchiaia e sul rapporto uomo-donna, maschile-femminile, riflettono indubbiamente mie sensazioni private e infatti si ricollegano a quanto avevo già scritto in “I salici sono piante acquatiche”, opera invece prevalentemente autobiografica.


D: Il suo scritto è ambientato nel 2011 in occasione dell’anniversario dell’attentato terroristico alle Torri gemelle. Lei scrive che nessuno prende gli aerei in quel giorno, ma la vita quotidiana degli americani non sembra toccata per il resto da quell’evento luttuoso. Tutto scorre come prima. Com’è oggi l’America? Che percezione ha di un fatto epocale come l’11 settembre?

R: Anche nel mio racconto tutto procede come prima, e tuttavia la paura strisciante (Bauman parla di “paura liquida”) è una caratteristica dei nostri tempi. Basta vedere quanto spazio ha in Italia, che pure non ha subito attentati, la questione “sicurezza”. E poi prevedo – d’accordo con recenti documenti dell’ONU – una situazione di crisi per i paesi dell’Occidente non solo per il terrorismo, che in fondo non è che una conseguenza di altri fenomeni, ma per i cambiamenti climatici, lo spopolamento dell’Africa, le emigrazioni dei popoli, il razzismo che rinasce, i conflitti di civiltà ecc. In questo racconto non intendo tanto rappresentare gli Stati Uniti quanto una condizione occidentale condivisa anche da molti paesi europei.



D: La vecchiaia è l’altro grande tema del suo libro. La senilità di un uomo e di tutta un’epoca. E oltre “una generazione al di là della disperazione e della speranza”. Ne esce  un ritratto impietoso di un mondo cui non importa né il passato, né il futuro. E’ dunque un messaggio nichilista il suo?

R: Sì, c’è una sorta di nichilismo, ma tragico e non rassegnato. Al nichilismo ontologico – che considera i limiti della condizione umana in quanto tale - si accompagna qui infatti una forma di impegno “politico”, proiettato soprattutto nella figura femminile di Claudine, che ha il coraggio di puntare ancora sul futuro, ma evidente anche nel modo negativo con cui è tratteggiato il marito di lei, Giorgio, che rappresenta, lui sì davvero, “una generazione al di là della disperazione e della speranza”.


D: Uno scrittore, consapevolmente o inconsapevolmente, strizza sempre l’occhio a qualche autore precedente. Figuriamoci un critico letterario che della letteratura ha fatto la sua vita. A quali classici paga il suo tributo, con “L’età estrema”, Romano Luperini?

R: In generale, non ho modelli. Certo la tradizione toscana, da Tozzi a Bilenchi, penso abbia influito inavvertitamente su una certa mia essenzialità lirica. E poi c’è la lezione “negativa” di Verga, fatalmente. In generale non ho mirato alla narratività, ma a una intensità rappresa in frammenti duri, ora lirici, ora “cattivi” e aspramente “filosofici”. Tutto ciò che non era intenso ed essenziale l’ho scartato. Tutto ciò che era opaco, mera trama, l’ho abolito. Così un romanzo che era di duecento pagine si è ridotto a una sorta di racconto lungo molto concentrato.

Silvana La Porta






Questo Articolo proviene da AetnaNet
http://www.aetnanet.org

L'URL per questa storia è:
http://www.aetnanet.org/scuola-news-11577.html