La sala riunioni della scuola media «Dante
Alighieri» di Catania è gremita. In piedi,
appoggiati ai davanzali, sulle poltroncine
immersi nel caldo di una sala troppo piccola
per contenerli (nonostante le diverse
classi di concorso per le quali ieri è avvenuta
l’immissione in ruolo fossero state suddivise),
i precari delle graduatorie di diritto
e a esaurimento attendono il fatidico
responso.
I delegati del Csa, l’ufficio scolastico provinciale,
chiamano l’«appello», spuntano
gli elenchi, verificano le assenze e attendono
le rinunce ufficiali per far scorrere la graduatoria.
Sono belle notizie per chi è in
«zona Cesarini» per ottenere l’agognata immissione
e freme nell’attesa dei documenti
ufficiali che significheranno il posto fisso.
«Quello che lo Stato non capisce - afferma
Giuseppina Di Mauro, dieci anni di precariato
- è che non siamo numeri e che ciascuno
di noi ha alle spalle una storia, una
famiglia. Adesso aspettiamo il 20 agosto
per la sottoscrizione del contratto». Ma 10,
15, 20 anni d’attesa sono tanti. Soprattutto
quando la sensazione è quella di essere
stati raggirati: «Noi dell’A033 (educazione
tecnica) - afferma Giuseppe Proietto Russo,
42 anni e primo incarico annuale a 33 - siamo
stati presi in giro. L’anno scorso a causa
di un ritardo dell’università di Catania
che ha espletato fuori tempo massimo il
corso abilitante della legge 143 immettendoci
in graduatoria con riserva e permettendo
ai sissini di scavalcarci pur non avendo
neanche un giorno di servizio. Quest’anno
è stata abbassata la percentuale
delle assegnazioni delle disponibilità».
E
le lamentele non finiscono qui. «Il punto è
che le cattedre ci sono - dice a gran voce
Carmelo Impellizzeri - altrimenti non ci
lamenteremmo. Prodi aveva previsto e garantito
100.000 assunzioni l’anno per 3
anni. Adesso, con l’abbattimento della percentuale
delle immissioni c’è stata una drastica
riduzione delle assunzioni. Chiudono
le Sis per non "creare" nuovi precari, ma
non fanno che prevedere tagli. E in questo
modo, dopo tutti gli anni dedicati ai ragazzi
e alla scuola, rischiamo di restare fuori a
vita. La verità è che lo Stato preferisce conservare
il precariato perché, nonostante
costi di più, è una voce di bilancio camuffabile».
Per chi ieri ha preso cattedra, le reazioni
sono diverse. Come per Vincenza Vento,
42 anni e 21 anni di attesa per il ruolo prima
nella classe A029 (educazione fisica alle
medie) e quindi nell’AD00 (sostegno).
«La mia trafila - spiega - è stata quella classica:
scuole private, supplenze brevi e tanti
errori, per esempio, la scelta di insegnare
nelle scuole regionali che danno metà
del punteggio in quanto considerate parastatali.
L’anno scorso, sono passata in ruolo
a Biella, con tutto quello che ha significato:
il trasferimento, la famiglia, le spese, l’adattamento
a una nuova realtà culturale e
professionale, essendo in I fascia avevo il diritto
di conservare due province (unico privilegio
di un precariato secolare). Oggi, sono
stata convocata per il sostegno e per me
è una scelta etica, non un ripiego o un "passaggio"
per maturare il diritto nella mia
graduatoria originaria».
Fra gli ammessi in
ruolo c’è anche Maria Assunta Argento, 17
anni di precariato: «Ho preso tutte le abilitazioni
possibili per la mia classe di concorso.
L’ultima per esigenze di mantenimento
del posto in graduatoria. Le aspettative per
quest’anno erano tante e l’attesa è stata
vissuta con patema d’animo finché non è
stato reso noto il numero delle cattedre».
Infine, c’è l’emozione di Angela Caruso, 63
anni e 10 anni di precariato, ma la sua è stata
una scelta: «Ho preferito dedicarmi alla
famiglia. Quando i miei figli si sono laureati
ho cominciato a pensare a me stessa e
adesso sono felice ed emozionata: volevo
che i miei figli fossero orgogliosi di me proprio
come io lo sono di loro».
CARLA CONDORELLI (da www.lasicilia.it)