Dopo vent’anni, l’immissione in ruolo ma per i precari la strada resta in salita
Data: Giovedì, 31 luglio 2008 ore 01:31:20 CEST
Argomento: Rassegna stampa


La sala riunioni della scuola media «Dante Alighieri» di Catania è gremita. In piedi, appoggiati ai davanzali, sulle poltroncine immersi nel caldo di una sala troppo piccola per contenerli (nonostante le diverse classi di concorso per le quali ieri è avvenuta l’immissione in ruolo fossero state suddivise), i precari delle graduatorie di diritto e a esaurimento attendono il fatidico responso.

I delegati del Csa, l’ufficio scolastico provinciale, chiamano l’«appello», spuntano gli elenchi, verificano le assenze e attendono le rinunce ufficiali per far scorrere la graduatoria. Sono belle notizie per chi è in «zona Cesarini» per ottenere l’agognata immissione e freme nell’attesa dei documenti ufficiali che significheranno il posto fisso.

«Quello che lo Stato non capisce - afferma Giuseppina Di Mauro, dieci anni di precariato - è che non siamo numeri e che ciascuno di noi ha alle spalle una storia, una famiglia. Adesso aspettiamo il 20 agosto per la sottoscrizione del contratto». Ma 10, 15, 20 anni d’attesa sono tanti. Soprattutto quando la sensazione è quella di essere stati raggirati: «Noi dell’A033 (educazione tecnica) - afferma Giuseppe Proietto Russo, 42 anni e primo incarico annuale a 33 - siamo stati presi in giro. L’anno scorso a causa di un ritardo dell’università di Catania che ha espletato fuori tempo massimo il corso abilitante della legge 143 immettendoci in graduatoria con riserva e permettendo ai sissini di scavalcarci pur non avendo neanche un giorno di servizio. Quest’anno è stata abbassata la percentuale delle assegnazioni delle disponibilità».

E le lamentele non finiscono qui. «Il punto è che le cattedre ci sono - dice a gran voce Carmelo Impellizzeri - altrimenti non ci lamenteremmo. Prodi aveva previsto e garantito 100.000 assunzioni l’anno per 3 anni. Adesso, con l’abbattimento della percentuale delle immissioni c’è stata una drastica riduzione delle assunzioni. Chiudono le Sis per non "creare" nuovi precari, ma non fanno che prevedere tagli. E in questo modo, dopo tutti gli anni dedicati ai ragazzi e alla scuola, rischiamo di restare fuori a vita. La verità è che lo Stato preferisce conservare il precariato perché, nonostante costi di più, è una voce di bilancio camuffabile».

Per chi ieri ha preso cattedra, le reazioni sono diverse. Come per Vincenza Vento, 42 anni e 21 anni di attesa per il ruolo prima nella classe A029 (educazione fisica alle medie) e quindi nell’AD00 (sostegno). «La mia trafila - spiega - è stata quella classica: scuole private, supplenze brevi e tanti errori, per esempio, la scelta di insegnare nelle scuole regionali che danno metà del punteggio in quanto considerate parastatali. L’anno scorso, sono passata in ruolo a Biella, con tutto quello che ha significato: il trasferimento, la famiglia, le spese, l’adattamento a una nuova realtà culturale e professionale, essendo in I fascia avevo il diritto di conservare due province (unico privilegio di un precariato secolare). Oggi, sono stata convocata per il sostegno e per me è una scelta etica, non un ripiego o un "passaggio" per maturare il diritto nella mia graduatoria originaria».

Fra gli ammessi in ruolo c’è anche Maria Assunta Argento, 17 anni di precariato: «Ho preso tutte le abilitazioni possibili per la mia classe di concorso. L’ultima per esigenze di mantenimento del posto in graduatoria. Le aspettative per quest’anno erano tante e l’attesa è stata vissuta con patema d’animo finché non è stato reso noto il numero delle cattedre». Infine, c’è l’emozione di Angela Caruso, 63 anni e 10 anni di precariato, ma la sua è stata una scelta: «Ho preferito dedicarmi alla famiglia. Quando i miei figli si sono laureati ho cominciato a pensare a me stessa e adesso sono felice ed emozionata: volevo che i miei figli fossero orgogliosi di me proprio come io lo sono di loro».

CARLA CONDORELLI  (da www.lasicilia.it)







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