Non si capisce perché suscitano meraviglia le parole del senatore
Bossi quando se la prende con gli insegnanti meridionali.
Se si ascolta bene si può capire che è l’unico a dare il nome
appropriato alle cose, ribadendo ciò che il Pdl aveva detto
apertamente in campagna elettorale ma con altre parole: federalismo
fiscale e scolastico.
Tralasciando quello fiscale, federalismo
scolastico significa che ogni Regione si gestisce, non
solo la quota del 20% dell’orario curricolare fissato dallo Stato,
ma anche l’amministrazione degli insegnanti, sia in termini
stipendiali, e sia in termini di accesso. Ogni Regione dunque
può stabilire dei paletti per l’ingresso nelle sue scuole, come
avviene in Trentino (Statuto speciale). E un argine serio alla
immigrazione di docenti del sud può essere qualunque
marchingegno, mentre sulla quota del 20% del curricolo ogni
Regione prescrive studi funzionali al proprio territorio per cui
quella che Bossi chiama la «cultura del Nord» è esattamente
ciò che il Pdl ha da sempre detto.
Ma non solo.
Gridare allo scandalo per la riduzione degli organici e il possibile
blocco delle assunzioni dei precari appare incomprensibile
visto che l’on. Aprea, che doveva essere il Ministro della
istruzione, e lo stesso Berlusconi, avevano già detto che sarebbe
rientrata la riforma Moratti (che riduce ore e materie di
circa il 20% soprattutto nei tecnici e nei professionali) e che bisognava
tagliare i costi dello Stato, mentre sul ritorno del
maestro unico c’erano state ampie dichiarazioni soprattutto
per favorire le private che non possono mantenere tre docenti
per classe.
La recente soppressione del X corso Ssis
(2008/09) è fra l’atro prova del blocco alle assunzioni. Il problema
è semmai di ritenere poco credibili le parole del capo
della Lega che fa invece il suo mestiere, garantendo la sua Padania
da invasioni esterne.
Non diverso è il discorso sull’obbligo di istruzione anche nei
professionali che ritorneranno di competenza delle Regioni.
Al Nord queste scuole, oltre ad essere sufficientemente organizzate,
sono in buona sinergia con il mondo del lavoro; al
sud, e in Sicilia in particolare, sono per lo più raffazzonate, distanti
dalle esigenze delle pochissime industrie e impiantate
per dare qualche sovvenzione.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)