E'
stata pubblicata il 17 Luglio u.s., sul
sito del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione,
la
circolare n. 7, che fornisce chiarimenti interpretativi ed
istruzioni applicative per le disposizioni contenute nell'art. 71 del
Decreto legge 112 del 25 giugno scorso.
Il decreto è tuttora in fase di conversione di fronte alle Camere e potrebbe
essere modificato, ma per il momento è vigente. E' quindi necessario che i
dirigenti delle scuole vi diano attuazione: in questo senso, la
pubblicazione della circolare fornisce un utile supporto ed al tempo stesso
elimina ogni possibile giustificazione per ulteriori attese.
Ci riserviamo un approfondimento sui suoi contenuti dopo la conversione in
legge del decreto, anche alla luce delle eventuali modificazioni che
dovessero essere intervenute.
17/07/2008 – Circolare sulle
assenze dal servizio dei dipendenti pubblici
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Il Ministro Renato Brunetta ha
firmato oggi una circolare indirizzata a tutte le pubbliche
amministrazioni per fornire indicazioni circa l’applicazione
della nuova disciplina in materia di assenze dei pubblici
dipendenti contenuta nell’art. 71 del decreto legge n. 112 del
2008.
La circolare, che è stata inviata
alla Corte dei conti per la registrazione, chiarisce il nuovo
regime delle assenze per malattia introdotto dal provvedimento,
sia dal punto di vista della retribuzione spettante in caso di
assenza sia per le modalità di certificazione. In particolare,
la decurtazione della retribuzione si applica ad ogni evento di
malattia, a prescindere dalla durata, e riguarda i primi dieci
giorni di assenza. Per quanto concerne le modalità di
certificazione della malattia, si specifica che il terzo evento
di malattia nell’anno solare e le assenze superiori a dieci
giorni debbono essere giustificati con la presentazione
all’amministrazione di un certificato medico rilasciato dalle
strutture sanitarie pubbliche o dai medici convenzionati, in
quanto parte del S.S.N.
Le amministrazioni dovranno
inoltrare obbligatoriamente la richiesta di visita fiscale anche
nel caso di assenza per un solo giorno.
La circolare fornisce indicazioni alle amministrazioni circa
l’incidenza delle assenze dal servizio ai fini della
distribuzione dei fondi per la contrattazione collettiva,
ribadendo i principi in materia di premialità e chiarendo che
comunque nessun automatismo è consentito nella distribuzione
delle somme. Viene posto in particolare l’accento sulla
necessità di valutare l’apporto individuale ai fini di
attribuire premi di produttività, di risultato e incentivi.
I contratti collettivi dovranno
quantificare i permessi retribuiti spettanti stabilendo sempre
un monte ore massimo. Nel caso di fruizione del permesso per
l’intera giornata, al fine impedire distorsioni
nell’applicazione delle clausole e delle disposizioni che
prevedono permessi retribuiti, evitando che i permessi siano
chiesti e fruiti sempre nelle giornate in cui il dipendente
dovrebbe recuperare l’orario, l'incidenza dell'assenza sul monte
ore a disposizione del dipendente deve essere computata con
riferimento all'orario di lavoro che il medesimo avrebbe dovuto
osservare nella giornata di assenza. Le amministrazioni saranno
tenute ad applicare immediatamente la nuova disciplina se i
contratti collettivi già stabiliscono l’alternatività tra la
fruizione a giornate e quella ad ore dei permessi, fissando già
il monte ore.
La circolare è stata concordata
con l’ANCI al fine di chiarire i molti dubbi avanzati dai
Comuni.
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Alle Amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001
Decreto legge n. 112 del 2008
– “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione
tributaria” – art. 71 – assenze dal servizio dei pubblici dipendenti.
Come noto, con il decreto
legge n. 112 del 2008 sono state adottate delle misure normative finalizzate
ad incrementare l’efficienza delle pubbliche amministrazioni anche mediante
interventi in materia di trattamento del personale.
Considerato che sono pervenuti
numerosi quesiti dalle amministrazioni per conoscere l’interpretazione delle
norme soprattutto in relazione alle disposizioni di cui all’art. 71 del
decreto (Assenze per malattia e per permesso
retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), si
ritiene opportuno fornire delle indicazioni anche nelle more della
conversione in legge del provvedimento.
Il decreto legge, pubblicato
sul Supplemento ordinario della Gazzetta ufficiale del 25 giugno 2008, n.
147, è entrato in vigore il 25 giugno scorso. Quindi, l’applicazione del
regime legale si riferisce alle assenze che si verificano a decorrere
da tale data.
In linea
generale, la nuova disciplina trova applicazione nei confronti dei
dipendenti a tempo indeterminato contrattualizzati e non contrattualizzati
nonché, in quanto compatibile, anche ai dipendenti assunti con forme di
impiego flessibile del personale.
1. Le assenze per malattia.
Il provvedimento legislativo
innanzi tutto contiene una nuova disciplina in materia di assenze per
malattia.
La normativa stabilisce il
trattamento economico spettante al dipendente in caso di assenza per
malattia (comma 1), definisce le modalità per la presentazione della
certificazione medica a giustificazione dell’assenza (comma 2) e per i
controlli che le amministrazioni debbono disporre (comma 3).
Quanto al
trattamento economico, la disposizione stabilisce che “nei primi dieci
giorni di assenza è corrisposto il trattamento economico fondamentale con
esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi
carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento economico
accessorio”, con le eccezioni previste nello stesso comma (trattamenti
più favorevoli eventualmente previsti per le assenze dovute ad infortuni sul
lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day
ospital o a terapie salvavita).
In
proposito, si considerano rientranti nel trattamento fondamentale le voci
del trattamento economico tabellare iniziale e di sviluppo economico, della
tredicesima mensilità, della retribuzione individuale di anzianità, ove
acquisita, degli eventuali assegni ad personam per il personale del
comparto ministeri e analoghe voci per il personale dipendente da altri
comparti; inoltre, per il personale dell’area I si considerano lo stipendio
tabellare, la retribuzione di posizione di parte fissa, la tredicesima
mensilità, la retribuzione individuale di anzianità ove acquisita, eventuali
assegni ad personam e analoghe voci per il personale dirigenziale
appartenente ad altre aree.
Per la
qualificazione delle voci retributive, le amministrazioni dovranno comunque
far riferimento alle eventuali definizioni fornite dai contratti collettivi
per ciascun comparto o area di riferimento (art. 45 del d.lgs. n. 165 del
2001: “Il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai
contratti collettivi”).
La disciplina in esame, a mente
dell’ultimo comma dell’art. 71, non può essere derogata dai contratti
collettivi. Naturalmente, per le parti non incompatibili con il nuovo regime
legale, continueranno ad applicarsi le clausole dei contratti collettivi e
degli accordi negoziali di riferimento.
Si segnala che i risparmi
conseguenti all’attuazione della norma costituiscono economie di bilancio
per le amministrazioni dello Stato e per gli enti diversi dalle
amministrazioni statali concorrono al miglioramento dei saldi di bilancio.
Secondo la norma tali risparmi “non possono essere utilizzati per
incrementare i fondi destinati alla contrattazione collettiva”.
Particolari problemi
interpretativi si sono posti in riferimento al comma 2 dell’articolo in
questione il quale stabilisce: “2. Nell'ipotesi
di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni,
e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell'anno solare,
l'assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di
certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.”.
La norma
individua le modalità con cui i pubblici dipendenti debbono giustificare le
assenze per malattia. Essa fa riferimento alternativamente alla
giustificazione delle assenze che in generale si protraggono per un periodo
superiore a dieci giorni e - a prescindere dalla durata - alla
giustificazione delle assenze che riguardano il terzo episodio di assenza in
ciascun anno solare.
Quanto all’individuazione del
“periodo superiore a dieci giorni”, la fattispecie si realizza sia
nel caso di attestazione mediante un unico certificato dell’intera assenza
sia nell’ipotesi in cui in occasione dell’evento originario sia stata
indicata una prognosi successivamente protratta mediante altro/i
certificato/i, sempre che l’assenza sia continuativa (“malattia protratta”).
Si chiarisce che, in base alla
norma, nella nozione di “secondo evento” rientra anche l’ipotesi di
un solo giorno di malattia successivo ad un precedente e distinto “evento”
di un solo giorno.
Nei casi sopra visti “l’assenza
viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione
medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica.”.
La norma sicuramente esclude
che nelle ipotesi descritte la certificazione a giustificazione dell’assenza
possa esse rilasciata da un medico libero professionista non convenzionato
con il Servizio sanitario nazionale. Le amministrazioni pertanto non
potranno considerare come assenze giustificate quelle avvenute per
malattia per le quali il dipendente produca un certificato di un medico
libero professionista non convenzionato.
Ciò detto, la lettura della
disposizione va operata nel più ampio quadro delle norme costituzionali e
dell’organizzazione dell’assistenza sanitaria delineata dal d.lgs. n. 502
del 1992.
Tale ottica conduce ad
un’interpretazione che supera il dato meramente testuale della disposizione,
per cui deve ritenersi ugualmente ammissibile la certificazione rilasciata
dalle persone fisiche che comunque fanno parte del Servizio in questione e,
cioè, dai medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale (art. 8
d.lgs. n. 502 del 1992), i quali in base alla convenzione stipulata con le
A.S.L. e all’Accordo collettivo nazionale vigente sono tenuti al rilascio
della certificazione (Accordo del 23 marzo 2005, art. 45). Anche in questo
caso la qualità del medico - ossia l’evidenza del rapporto con il Servizio
sanitario nazionale - dovrà risultare dalla certificazione.
Si coglie
l’occasione per ricordare in questa sede che, in osservanza dei principi
della necessità e dell’indispensabilità che improntano la disciplina in
materia di trattamento dei dati personali, in linea generale (salvo
specifiche previsioni) le pubbliche amministrazioni non possono chiedere che
sui certificati prodotti a giustificazione dell’assenza per malattia sia
indicata la diagnosi, essendo sufficiente l’enunciazione della prognosi (si
veda in proposito anche la Delibera del Garante per la protezione dei dati
personali del 14 giugno 2007, relativa a “Linee guida in materia di
trattamento di dati personali di lavoratori per finalità di gestione del
rapporto di lavoro in ambito pubblico.”, pubblicata nel Supplemento
ordinario della G.u. del 13 luglio 2007, n. 161.).
Si segnala
all’attenzione la previsione del comma 3 dell’art. 71. La norma impone la
richiesta della visita fiscale da parte delle amministrazioni anche nel caso
in cui l’assenza sia limitata ad un solo giorno e, innovando rispetto alle
attuali previsioni negoziali, stabilisce un regime orario più ampio per la
reperibilità al fine di agevolare i controlli. La norma specifica che la
richiesta per l’attivazione della visita fiscale dovrà essere presentata “tenuto
conto delle esigenze funzionali ed organizzative”. Ciò significa che la
richiesta di visita fiscale è sempre obbligatoria, anche nelle ipotesi di
prognosi di un solo giorno, salvo particolari impedimenti del servizio del
personale derivanti da un eccezionale carico di lavoro o urgenze della
giornata.
2.
L’incidenza delle assenze dal servizio ai fini della distribuzione dei fondi
per la contrattazione collettiva.
Il comma 5
dell’at. 71 in esame stabilisce che “5. Le
assenze dal servizio dei dipendenti di cui al comma 1 non sono equiparate
alla presenza in servizio ai fini della distribuzione delle somme dei fondi
per la contrattazione integrativa. Fanno eccezione le assenze per congedo di
maternità, compresa l'interdizione anticipata dal lavoro, e per congedo di
paternità, le assenze dovute alla fruizione di permessi per lutto, per
citazione a testimoniare e per l'espletamento delle funzioni di giudice
popolare, nonché le assenze previste dall'articolo
4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i soli dipendenti
portatori di handicap grave, i permessi di cui all'articolo
33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.”.
La norma
vuole rispondere ad un criterio di efficienza ed economicità poiché
impedisce che le amministrazioni possano considerare l’assenza dal servizio
come presenza ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la
contrattazione integrativa.
Essa
riguarda in generale tutte le assenze, con esclusione delle assenze
individuate nel medesimo comma 5, le quali - in ragione della causale - non
possono tradursi in una penalizzazione per il dipendente (maternità,
compresa l'interdizione anticipata dal lavoro, e paternità, permessi per
lutto, per citazione a testimoniare e per l'espletamento delle funzioni di
giudice popolare, assenze previste dall'articolo
4, comma 1, della legge 8 marzo 2000, n. 53, e per i
dipendenti portatori di handicap grave i permessi di cui all'articolo
33, commi 6 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104).
Nell’interpretazione della disposizione acquista un particolare significato
la parola “distribuzione”, dovendosi quindi far riferimento a quelle
somme (il cui finanziamento avviene mediante i fondi per la contrattazione
collettiva) che sono destinate ad essere distribuite mediante
contrattazione integrativa, vale a dire alle somme destinate a remunerare la
produttività, l’incentivazione ed i risultati. In buona sostanza, la norma -
che ha una forte valenza di principio - vincola le amministrazioni in sede
negoziale e, in particolare, in sede di contrattazione integrativa impedendo
di considerare allo stesso modo la presenza e l’assenza dal servizio ai fini
dell’assegnazione di premi di produttività o altri incentivi comunque
denominati, delle progressioni professionali ed economiche,
dell’attribuzione della retribuzione di risultato per i dirigenti (la norma
non riguarda invece la retribuzione di posizione, che non ha carattere di
incentivo ma di corrispettivo connesso alle responsabilità derivanti dalla
titolarità dell’incarico).
Quanto ai
permessi “per citazione a testimoniare” si chiarisce che la
disposizione non ha inteso disciplinare una nuova tipologia di permesso, ma
solo attribuire rilievo alla particolare causale considerata, nell’ambito
dell’utilizzo delle ordinarie forme di assenza giustificata dal lavoro già
esistenti (permessi retribuiti per documentati motivi personali, ferie o
permessi da recuperare o, se la testimonianza è resa a favore
dell’amministrazione, permessi per motivi di servizio).
Restano
comunque fermi gli ordinari principi in materia di premialità, cosicché è
chiaro che la norma non intende in alcun modo introdurre degli
automatismi legati alla presenza in servizio. La nuova previsione
legislativa, infatti, non vuole derogare alla natura e ai contenuti dei
progetti e dei programmi di produttività e alla conseguente necessità di
valutare comunque l’effettivo apporto partecipativo dei lavoratori
coinvolti negli stessi, attraverso l’introduzione di un nuovo criterio,
automatico e generalizzato, di erogazione dei relativi compensi
incentivanti, incentrato sulla sola presenza in servizio. Neppure tale
criterio può ritenersi valido ed efficace per le sole tipologie di assenza
considerate dal legislatore come assimilate alla presenza in servizio.
Infatti, nelle suddette ipotesi di assenza, i lavoratori e le lavoratrici
hanno titolo ad essere valutati per l'attività di servizio svolta e per i
risultati effettivamente conseguiti ed hanno titolo a percepire i compensi
di produttività, secondo le previsioni dei contratti integrativi vigenti
presso le amministrazioni, solo in misura corrispondente alle attività
effettivamente svolte ed ai risultati concretamente conseguiti dagli stessi,
mentre l’assenza dal servizio non può riverberarsi in una penalizzazione
rispetto agli altri dipendenti. In altri termini, e secondo i consolidati
orientamenti della magistratura contabile (es.: Corte dei conti, Sez II
centrale, sent. n. 44 del 2003), nell’erogazione dei compensi incentivanti
deve essere esclusa ogni forma di automatica determinazione del compenso o
di “erogazione a pioggia”.
Resta
inoltre fermo che le indennità o le retribuzioni connesse a determinate
modalità della prestazione lavorativa (ad es. turno, reperibilità, rischio,
disagio, trattamento per lavoro straordinario ecc.) possono essere erogate
soltanto in quanto la prestazione sia stata effettivamente svolta.
3. Il
calcolo ad ore dei permessi retribuiti.
Il comma 4 dell’art. 71 contiene dei
criteri per la contrattazione collettiva. In particolare, si esprime la
direttiva che i permessi retribuiti che possono essere fruiti a giorni o
alternativamente ad ore debbano essere quantificati comunque ad ore.
Inoltre, si stabilisce che “Nel
caso di fruizione dell'intera giornata lavorativa, l'incidenza dell'assenza
sul monte ore a disposizione del dipendente, per ciascuna tipologia, viene
computata con riferimento all'orario di lavoro che il medesimo avrebbe
dovuto osservare nella giornata di assenza.”.
La norma
risponde all’evidente esigenza di impedire distorsioni nell’applicazione
delle clausole e delle disposizioni che prevedono permessi retribuiti,
evitando che i permessi siano chiesti e fruiti sempre nelle giornate in cui
il dipendente dovrebbe recuperare l’orario. La norma è rivolta alle parti
negoziali e sarà applicata in sede di contrattazione integrativa; tuttavia,
lì dove i contratti collettivi vigenti prevedono l’alternatività tra la
fruizione a giornate e quella ad ore dei permessi, fissando già il monte
ore, le amministrazioni sono tenute ad applicare direttamente il secondo
periodo del comma 4 in esame a partire dall’entrata in vigore del decreto
legge.
Si segnala
infine che, come previsto dal comma 6 dell’art. 71 in esame, le nuove norme
assumono carattere imperativo non potendo essere derogate dai contratti o
dagli accordi collettivi.
IL
MINISTRO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
E L’INNOVAZIONE
Renato Brunetta