Professori: Categoria demotivata e alienata. Ormai più scrivani che educatori
Data: Mercoledì, 16 luglio 2008 ore 19:05:16 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Ci sono professori oggi (non pochi e non della categoria dei "fannulloni") che hanno come proprio scopo di vita dichiarato di andare in pensione; ci sono docenti (molti anche questi e di ordinaria professionalità) che hanno come scopo dichiarato dell’anno quello di andare in vacanza. Ho conosciuto in decenni ormai lontani uomini di scuola che giunti a 65 anni brigavano per potere restare nell’insegnamento altri anni ancora: non consideravano il lavoro un ergastolo dal quale evadere prima possibile. Impegnavano le vacanze per preparare con serenità il successivo lavoro scolastico.

Sono dati che ognuno può accertare facilmente senza bisogno di statistiche e sondaggi di opinione. È più difficile trovarne la causa, che poi sta alla base dell’attuale deriva delle istituzioni scolastiche, che portano con sé il decadimento del senso civico e la cialtroneria sociale che non si risolve né con una task force, né con parecchi comitati di esperti. La causa di fondo che cerchiamo si trova evidente in altri campi dell’attività umana che furono a suo tempo studiati da grandi pensatori romantici: l’alienazione del lavoro industriale.

L’artigiano antico, che so, il costruttore di carrozze, si identificava nel proprio lavoro, ne era fiero, vi trasferiva tutto il proprio ingegno e la passione. Quando è intervenuta l’industria e lo ha trasformato in operaio, non si riconosce più nel prodotto finito di cui non conosce bene il funzionamento: detesta la catena di montaggio e il sistema di produzione disumanizzata.

Quel processo ripetitivo del lavoro che aliena il lavoro industriale è intervenuto sciaguratamente nella scuola: molti docenti non si riconoscono come educatori dei giovani, ma come ripetitori di nozioni, come scrivani di inutili verbali, come amanuensi di inutilissimi progetti senza i quali però non si incassa straordinario.

Indicato il fenomeno, riconosciute le cause generali, dobbiamo chiederci se è possibile porvi rimedio. La risposta è positiva ma comporta molte scelte coraggiose (cioè scomode): umanizzare l’insegnamento: il che significa da una parte eliminare molte scartoffie, verbali, progetti, sperimentazioni parolaie (con gran sollievo di tutti), ma sostituirle con un impegno assiduo. Oggi dopo che hai redatto l’inutilissimo verbale nessuno ha da ridire sul tuo operato; un tempo i verbali erano poca cosa ma eri esposto alla valutazione annuale da parte del preside.Oggi il dirigente scolastico che sa che il docente è pazzotico può fare poco per contrastarlo; ottenere il licenziamento di un infingardo è impresa erculea.

Bisognerebbe smantellare diverse carriere blindate e ridurre parecchi automatismi di carriera: bisognerebbe distinguere chi si impegna e segue con passione i propri alunni e chi lo fa svogliatamente confortandosi solo al pensiero delle gite. Non è vero che tutti i docenti sono uguali: come in ogni attività umana c’è il grano e il loglio. Bisogna avere la saggezza di tesaurizzare l’uno e di spazzare progressivamente l’altro. Non sarà cosa facile ma il solo tentarlo sarà un gran passo avanti.

SERGIO SCIACCA (da www.lasicilia.it)







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