''Va riaperto il caso Pasolini''
Data: Domenica, 13 luglio 2008 ore 23:16:12 CEST
Argomento: Rassegna stampa


 

DELITTI IRRISOLTI Pier Paolo Pasolini Roma, 12 luglio 2008 - In un libro scritto insieme a Giorgio Gruppioni e Silvano Vinceti il colonello Garofano  dei RIS spiega che "alcuni reperti non sono stati presi in sufficiente considerazione". E oggi ci sono le tecniche nuove, Dna e Bpa Il caso di Pier Paolo Paosolini, trovato martoriato all'idroscalo di Ostia il 2 novembre del 1975, va riaperto. Ne è convinto il colonnello del Ris di Parma Luciano Garofano secondo il quale le nuove tecnologie a disposizione possono consentire "di acquisire le informazioni necessarie a ricostruire finalmente la dinamica del delitto", facendo sì che il caso non possa considerarsi chiuso. Le sue convinzioni, il capo del Ris di Parma, le mette nero su bianco nell'ultimo volume, edito da Rizzoli, "Delitti e misteri del passato", scritto insieme a Giorgio Gruppioni e Silvano Vinceti.
Spiega il colonnello Garofano che la prova del Dna e la tecnica del Bpa, utilizzata anche per il caso Cogne, potrebbero essere "valide per rileggere le modalità" del delitto avvenuto oltre trent'anni fa.
A modo di vedere di Garofano "l'analisi del Dna si potrebbe effettuare su molti reperti".
Perchè alcuni di essi, denuncia il capo del Ris, "non sono mai stati sufficientemente presi in considerazione". Tante, infatti, secondo l'investigatore-autore di altri due volumi che ricostruiscono i delitti d'Italia che hanno fatto notizia le «falle del percorso indiziario». Si parte dall'auto sulla quale viene trovato Pino Pelosi, 'Pino la ranà il 17enne accusato di avere assassinato lo scrittore-poeta.( Da Quotidiano) M.Allo

 

Ebbene, secondo Garofano "l'auto è stata conservata in un modo quantomeno discutibile, nè sembrano essere stati fatti rilievi all'interno circa la presenza di impronte digitali o altra tracce biologiche di interesse»; «nessuno poi - scrive ancora il capo del Ris - ha fatto rilevamenti sul pullover verde nè sul plantare, dal quale oggi potremmo ottenere materiale biologico sufficiente a una prova del Dna, nè sul bastone o sulla tavoletta e nemmeno sull'anello di cui Pelosi rivendicherà la proprietà».
L'altra tecnica che potrebbe consentire di riaprire il caso è quella della Bpa, che consente lo studio della distibuzione e delle caratteristiche morfologiche delle macchie di sangue.
"La disponibilità degli abiti di Pasolini, ma soprattutto di quelli di Pelosi - dice Garofano - ci consentirebbe di ottenere importanti informazioni sulle modalità dell'aggressione. Dallo studio delle macchie di sangue ancora presenti, si potrebbe infatti stabilire (e magari confermare) la tipologia di armi usate per colpire, le posizioni reciproche dell'omicida e della vittima e riscontrare l'attendibilità della versione fornita da Pelosi".
Insomma, per il comandante del raggruppamento investigazioni scientifiche, ci sono "una serie di piste non battute, una montagna di reperti ignorati, una tardiva quanto sconvolgente dichiarazione di innocenza del reo confesso" che costituiscono gli ingredienti giusti per raccogliere la sfida e per dire che "il caso non può essere considerato chiuso".

Pier Paolo Pasolinî nacque a Bologna nel 1922. Seguì il padre, che era militare di carriera, nei suoi trasferimenti. Frequentò però il liceo e l'università a Bologna, dove ebbe maestri Contini e Longhi e frequentò Leonetti e Roversi, e dove si laureò in Lettere con una tesi sul linguaggio del Pascoli, nel 1945. Trascorreva le estati a Casarsa, nel Friuli, luogo d'origine della madre; e là si era rifugiato dopo I'8 settembre 1943, per sottrarsi alla chiamata di leva. In friulano compose i suoi primi versi, Poesie a Casarsa (1942), poi editi con altri testi friulani in La meglio gioventù (1958). Nel 1945 ebbe la notizia che il fratello Guido era stato ucciso in un conflitto a fuoco fra due gruppi partigiani di diverso orientamento politico. Nel 1947 si iscrisse al Partito Comunista. Avviatosi alla carriera dell'insegnamento, vicino a Casarsa, venne allontanato dall'insegnamento e poi anche espulso dal PCI in seguito a un oscuro episodio di omosessualità che sfociò in un processo per corruzione di minori. È questo il primo di una lunga serie di processi (oltre 30) che diedero a Pasolini la coscienza della propria diversità e ne segnarono il destino (e anche il ruolo pubblico, che egli si ritagliò) di emarginato e ribelle.

In seguito allo scandalo nel 1949 dovette lasciare Casarsa, assieme alla madre (i rapporti con il padre si erano già deteriorati)., e si trasferì a Roma, stabilendosi dapprima in una borgata e vivendo di lezioni private e dell'insegnamento in una scuola privata. La scoperta del mondo del sottoproletariato romano gli ispirò - oltre ad alcuni dei versi contenuti nelle Ceneri di Gramsci (1957) e nella Religione del mio tempo (1961), che seguivano quelli dell'Usignuolo della Chiesa cattolica (ma degli anni 1943-1949, e cioè anteriori alle Ceneri) - soprattutto i romanzi Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959), che fecero scandalo, ma lo avviarono al successo letterario. Con gli antichi compagni d'università Leonetti e Roversi, fondò e diresse dal 1955 al 1959 la rivista «Officina», che vide fra i collaboratori Fortini, Volponi e altri importanti critici e letterati militanti,







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