Dall'Ufficio
Scolastico Regionale per la Sicilia.
Com’è
noto, pervengono numerosi tentativi di conciliazione proposti da personale
scolastico a tempo determinato che chiede l’equiparazione al personale a tempo
indeterminato, con particolare riferimento al riconoscimento degli aumenti di
retribuzione sulla base dell’anzianità di servizio.
Dette
richieste invocano alcune sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità
Europee (4.7.2006 in causa C-212/04, 7.9.2006 in causa C-180/04 e 13.9.2007 in
causa C-307/05) concernenti l’interpretazione delle clausole contenute
nell’Accordo quadro CES-UNICE-CEEP del 18.3.1999 sul lavoro a tempo determinato,
allegato alla Direttiva del Consiglio Europeo 1999/70/CE del 28.6.1999.
Premesso che tutti gli atti citati sono reperibili presso i siti INTERNET della
Corte di Giustizia e della Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, si
rappresenta, ai fini della difesa dell’Amministrazione, che nella fattispecie
trattasi di sentenze su rinvio pregiudiziale, pronunciate ai sensi dell’art 234
del Trattato istitutivo, vincolanti per tutti gli Stati membri relativamente
all’interpretazione delle clausole dell’Accordo quadro recepito dalla Direttiva
di cui sopra.
Tali
Sentenze tuttavia non sono direttamente applicabili alla fattispecie dedotta
nelle richieste di conciliazione in oggetto, in quanto rimane ferma la
competenza esclusiva dei giudici italiani in ordine alla decisione circa la
compatibilità delle singole norme di legge e di contratto vigenti nel territorio
nazionale con l’interpretazione delle norme di diritto comunitario fissata dalle
decisioni della Corte di Giustizia.
Peraltro, da un attento esame delle clausole dell’Accordo quadro nonché dei
dispositivi e delle motivazioni delle Sentenze risulta che il ricorso a
contratti di lavoro a termine e la diversità di trattamento tra i lavoratori a
tempo determinato e quelli a tempo indeterminato (anche in termini di
retribuzione e, specificamente, di scatti di anzianità), se non possono essere
fondati, sulla mera circostanza della previsione di “una disposizione
legislativa o regolamentare di uno Stato membro ovvero di un contratto
collettivo”, tuttavia sono da ritenere legittimi qualora dovuti a “ragioni
oggettive”, riferite a “circostanze precise e concrete che contraddistinguono
una determinata attività”.
Ma,
per l’appunto, non sembra potersi dubitare che tali ragioni oggettive ricorrano
nei confronti del personale scolastico precario.
Invero, per detto personale l’utilizzo di contratti a tempo determinato è
pienamente consono al carattere temporaneo delle esigenze per far fronte alle
quali l’Amministrazione scolastica ricorre al conferimento di supplenze.
Queste, infatti, ancorché conferite fino al termine delle attività didattiche o
fino al termine dell’anno scolastico, servono a coprire - al fine di assicurare
il regolare svolgimento delle attività didattiche o amministrative - posti
dell’organico di fatto (istituiti solo per l’anno in corso) ovvero anche posti
dell’organico di diritto (ma solo in quanto temporaneamente privi di
titolare), per loro natura mancanti di stabilità, sui quali - di conseguenza -
non potrebbero essere effettuate in alcun modo nomine a tempo indeterminato.
La
precarietà del rapporto di lavoro - dovuta a tali obiettive ed evidenti ragioni
– induce, d’altra parte, ad escludere in radice la possibilità dello sviluppo di
carriera, che per il personale scolastico è rappresentato (unicamente) dalla
progressione stipendiale per anzianità di servizio.
IL DIRETTORE GENERALE
(Guido Di Stefano)