IL SIGNORE DEL FUOCO DI MARINELLA FIUME
Data: Mercoledì, 02 luglio 2008 ore 13:06:29 CEST
Argomento: Rassegna stampa





Una ricerca sul senso riposto del vivere e del morire Storie d’aria, di terra, d’acqua, di fuoco. 25 racconti di donne "Storie d’aria, di terra, d’acqua e di fuoco" Rubettino 2007€ 15,00 E' un titolo di richiamo poetico per una raccolta narrativa - a cura di Eleonora Chiavetta e Silvana Fernandez (Edizioni Rubbettino, nella bella collana curata da Renate Siebert) - che mette insieme 25 racconti di altrettante donne tra loro distanti per appartenenza geografica, culturale, linguistica, diverse nella soggettività e singolarità dei propri vissuti, eppure affini e vicine nella sorellanza della scrittura, nella condivisione di una presenza ineludibile, salvifica.

 Ma eccovi due recensioni  del racconto Il signore del fuoco, tratto
dal volume "storie d'acqua, d'aria, di terra e di fuoco", , una delle quali per un giornale ambientalista nazionale, l'altra
- una recensione e una traduzione in francese del racconto - per una rivista
francese di vulcanologia.

 


Nel racconto di Marinella Fiume Il signore del fuoco i due modi antitetici di percepire il fuoco coesistono, ed esso è cantato con forti accenti nella sua divisa, lacerata, lacerante natura di “fuoco che genera fuoco che riduce in cenere”, di “fuoco che riscalda fuoco che distrugge”. Ritroviamo tutta la simbologia del fuoco dalle raffigurazioni bibliche alla concezione eraclitea, dai miti classici a quelli moderni, dalle antiche gesta agli odierni prometeici ardimenti, come quello di un uomo semplice, ma non comune, Antonio Nicoloso, che al fuoco si è accostato, calandosi nelle viscere dell’ Etna, non per sfidarlo, ma per conoscerlo, ammansirlo e amarlo.Senza ybris, ma con l’umiltà del Saggio che nella circolarità del tutto - motivo che ritorna negli scritti di Marinella Fiume - ove si fondono, annullandosi reciprocamente il principio e la fine, cerca il senso riposto del vivere e del morire.

Su un’analoga cifra metamorfica s’intonano i versi di Asma Gherib, K.H.YA.’A.S., le lettere sacre che introducono al rito di purificazione della sura e che inaugurano l’ultima partizione del volume su un’immagine palingenetica del fuoco, ripresa poi con vigoria di pensiero e di espressione, nel racconto di Marinella Fiume, Il signore del fuoco, dedicato allo scomparso esploratore dei cieli Angelo D’Arrigo:

il fuoco si trasforma nell’acqua, ma questa stessa dissoluzione del fuoco equivale alla nascita, e tutto tornerà all’originaria esplosione. Comune è infatti il principio.

All’ inizio questo progetto poteva sembrare di difficile realizzazione, invece abbiamo scoperto che ad ogni nostra proposta le scrittrici interpellate rispondevano un grande entusiasmo. Il fatto di partecipare ad una raccolta di racconti scritti da donne di paesi diversi dava loro motivazioni valide per dimostrare come la letteratura, pur rimanendo fedele alla soggettività di ciascuna, potesse diventare qualcosa di fluido, dinamico, tanto da costituire una salda unione,piuttosto che una separazione, ed entrare così nell’ animo di tutte.,,
La prima cosa da fare era quella di trovare un’ (unica fonte di ispirazione per ognuna di loro, qualcosa che fosse radicato, sia nell’ inconscio collettivo, sia nel reale delle varie culture. Abbiamo prima pensato che ispiratore (unico) potesse essere uno dei quattro elementi. L’acqua era l’ elemento preferito dalle arabe, mentre per le occidentali la fonte migliore d’ ispirazione era la terra, L’ aria era amata da tutte, il fuoco era prescelto proprio da noi italiane. A questo punto, invece di un solo elemento, abbiamo stabilito di sceglierli tutti e quattro.
Al termine del lavoro ci siamo chieste se questa raccolta avesse evidenziato, nel tessuto narrativo delle scrittrici, uguaglianze o differenze. La risposta è stata immediata: uguaglianze e differenze ma, entrambe, in eguale misura.
Per esempio sono simili in ognuna di loro ricordi e riferimenti alla famiglia d’ origine. La differenza sta però nella elaborazione che ciascuna opera all’interno della propria narrazione . Per alcune,infatti, la scrittura è un percorso per ritrovare le immagini antiche della madre, del padre e così riappropriarsene, mentre per altre lo scrivere ha in sé l’intento quasi catartico di riscattarsi dalle figure dei genitori.
Il superamento del passato, il processo di evoluzione e di distacco da esso, pur essendo molto evidenti nelle( scrittrici) arabe che, in qualunque racconto, lasciano intravedere la ferita aperta della loro sofferta emancipazione, sono motivi comuni a tutte. Così come l’infanzia, l’adolescenza, il raggiungimento della maturità ed anche la morte sono temi analizzati quasi coralmente.
Eppure le loro voci non sono state un coro, ognuno ha avuto il suo momento di assolo (trattando) lo stesso elemento in maniera decisamente diversa.
L’ aria è intesa come metafora da Beatrice Agnello che identifica la mancanza di questa con le idee ristrette, con i confini che soffocano, mentre è proprio qualcosa che non ha confini sia per Margherita Giacobino che per Sara Zanghì per le quali è invece è il simbolo che unisce il mondo intero e fa sentire parte di un tutto. Per la siriana Susan Kawatmi è un elemento magico col quale giocare e nel quale addirittura poter scomparire. In modo opposto considerano l’ aria sia Gioia Timpanelli che Judy Light Ayyildiz; per loro è qualcosa di reale, tangibile, un qualcosa che si sente attorno al corpo, ti sostiene nel salto e nella caduta .
L’ acqua è per Erendiz Atasü, il leit motiv per raccontare l’ iter di una vita. Per Sawsan Bashier è invece il simbolo dell’ immobilità, del fatalismo che certa cultura araba impone alle donne: “Le bambine del Nilo” che pur vivendo sul fiume non imparano a nuotare come non imparano ad emanciparsi. L’ acqua con il suo movimento è, per Francesca Traina, simbolo di libertà e ricerca di un vero percorso per ritrovare se stesse e avere possibilità di rinascita. Vanna Loiudice utilizza questo elemento per rappresentarci un gioco grottesco e una terribile vendetta nei confronti di un uomo colpevole di essersi liberato da un menage a tre. Per la mistica Asma Gherib è l’elemento in cui sprofondare per dimenticare una società restrittiva al massimo con le donne ma è anche possibilità di resurrezione per l’anima. Esti Lider vede l’ acqua come purificazione da raggiungere solo dopo una riconciliazione con la figura del padre. Hanen Homar ci racconta come il trovare una sorgente d’ acqua possa far rinascere un amore.
Non solo per l’acqua e l’aria le scrittrici hanno adoperato un’ ottica diversa ma anche per la Terra e il Fuoco. La terra è per Edvige Giunta, la terra natia, la patria lontana, le radici dell’ infanzia, il simbolo della propria famiglia e del decadere di questa. La terra simboleggia radici e patria anche per Laura Salmon e per Mine Sevgi Ozdamar, ma in maniera opposta a quella descritta da Giunta. Rappresenta infatti una patria sconosciuta ‘’’’da scegliere e- la possibilità di rimpiantare (nuove)le proprie radici quando la tua patria ti delude o quando un altro paese ti fa innamorare. Per Anna Cottone è il giardino dove si giocava quando si era bambini, ricordo di richiami festosi e di allegria. Diversi sono invece i richiami della terra per la nigeriana Karen KingAribisala e per l’inglese Judith Chernaik che rivivono, con accoramento una, con riservatezza l’ altra, la morte e la sepoltura della madre. La terra diventa per Wajia Al Huwaider solo qualcosa da cui fuggire perché rappresenta l’ oro nero e le ricchezze che hanno corrotto l’ animo della sua gente.
Anche il fuoco, elemento che hanno scelto soltanto quattro scrittrici, è visto in maniera diversa. Per Marinella Fiume è il racconto eroico di chi col fuoco lavora, vive ai margini del vulcano e quasi lo domina. Laura Auteri lo presenta come l’ unica forma di purificazione nevrotica e distruttiva che trova il suo protagonista e per Eleonora Chiavetta è fiamma che illumina, riscalda al tepore e alla luce di una grande fede. Il fuoco di Delia Vaccarello, lontana da qualunque misticismo, è la fiamma di un’ appassionante storia d’ amore.
Aria, terra, acqua, fuoco, nessuno di questi elementi ha avuto la preminenza o è diventato protagonista dell’ intera raccolta. L’unico protagonista è il pensiero delle donne che, attraverso una scrittura a volte appassionata ma mai enfatica, ci ha mostrato un comune desiderio di raggiungere armonia e pace non soltanto nei confronti del mondo circostante e della realtà ma, soprattutto, con se stesse, con la propria interiorità. Una pace che non è un approdo finale e immutabile ma, attraverso una continua ricerca e trasformazione interna diventa attesa, futuro, possibilità di vita.(Da Lo specchio di carta)

Maria Allo







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