Continuare a reclutare i professori coi concorsi pubblici o affidare
ai presidi la loro nomina? Il dibattito continua ma per
sibilare solo ansiose incertezze anche perché sono ancora discussioni
e per giunta poco condivisi o addirittura avversati.
Nello stesso tempo gli obiettivi sanciti dall’Ue a Lisbona, di
puntare sulla conoscenza per affrontare il mercato globalizzato,
sembrano allontanarsi di fronte ai fallimenti, documentati,
di sapienza della nostra scuola e della nostra università
che poi si riflettono sulla unica richiesta al governo di protezione-
sicurezza, sia dallo straniero-migrante e sia dalle merci-
concorrenza per acquisire ricchezza, e a cui si danno risposte
per lo più populistiche, come quelle contro i fannulloni
(ma sono note le diserzioni dei parlamentari) e di premiare
il merito (ma sono noti gli affollamenti nelle segreterie politiche
per raccomandazioni umiliando il merito).
Temiamo dunque che la montagna partorisca il topolino
o che comunque la tendenza sia rivolta a favorire poche
scuole di eccellenza, private, e modificare di poco il resto della
istruzione con rattoppi più o meno blandi ma dentro cui
possano ancora evidenziarsi punte discrete di cultura per
non dichiarare la resa ufficiale della scuola pubblica. E infatti
finora non si è vista concretezza tangibile da nessuna parte,
tranne gli aggiustamenti di Fioroni che sono apparsi flosci
e contraddittori, mentre parole come merito, valutazione,
autonomia rischiano di logorarsi, come le tute da lavoro,
se si tralascia di aggiungere verbi come promozione e incentivazione
che sono alla base della missione della scuola.
Si parla pure di concorrenza fra scuole, come se la cultura
fosse merce di scambio, e di tagli, reali, ai fondi scolastici
quando invece c’è bisogno di investimenti e di controlli
puntuali e rigorosi a cominciare dalla verifica della didattica
che è affidata al nulla, come al nulla è consegnato il professore
se non alla sua manovalanza e al suo intuito. Rimettere
dunque ai presidi anche il destino professionale dell’insegnante
ci sembra esagerato, mentre i sindacati sembrano
più propensi a garantire l’esistente, inadeguato, piuttosto che
proporre soluzioni di sostanza, rivoluzionarie, come la sua
natura, sostanziale, ha sempre proclamato.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)