Non si capisce perché invece di fare proclami non si passi ai
fatti. E allora, il ministro Brunetta vuole impiccare i fannulloni,
ma molti dei suoi colleghi parlamentari sono fuoriclasse
in questa disciplina; Tremonti ha preso a modello Robin
Hood, ma si dimentica dello sceriffo di Nottingham, e Gelmini,
il ministro della istruzione, indossa i panni della Fata Turchina
ma nel Campo dei miracoli. Le favole, si sa, servono per
oppiare i bambini e far parlare i giornali perché la realtà è più
cruda e veglia, nel caso della scuola, nel silenzio del rinnovo
del primo biennio salariale del contratto scaduto già da sei
mesi, nella insufficienza dei fondi per i corsi di recupero d’estate,
nella non sistemazione dei precari, nella carenza di laboratori,
nel taglio delle cattedre e così via. Tuttavia una delle
prime dichiarazioni ufficiali della neo ministra è stata quella
di portare lo stipendio dei professori nella media europea.
Ricordiamo, pacatamente, che se ne parla già da un decennio,
che i sindacati sollevano da sempre e inutilmente la questione,
che lo promise Berlusconi nel lontano 2001, che lo
ventilò Prodi ma che per ottenere pochi euro d’aumento nel
gennaio scorso furono annunciati e fatti scioperi, annunciati,
disertati e ricomposti tavoli e concertazioni come se si
chiedessero tesoretti e così via. Per questo vogliamo solo ricordare,
pacatamente, che la differenza stipendiale media fra
un docente europeo e uno nostrale è di circa 10 mila euro
(per difetto) l’anno e siccome in Italia ci sono circa (per difetto)
700 mila docenti, lo Stato dovrebbe avere a disposizione
7 miliardi di euro (sempre per difetto) l’anno: dove li trova?
Da qui il fondato sospetto che quello di Gelmini sia solo una
captatio benevolentiae, perché altrimenti avrebbe dovuto dire:
quando (ma quando e per quale motivo?) riusciremo a ridurre
le ore di insegnamento, falcidiando quindi discipline
e docenti; quando riusciremo a formare classi con più di 30
alunni; quando riusciremo a togliere fondi alle scuole per incentivare
i privati, risparmiando un bel po’, allora, forse, pensiamo
di adeguare lo stipendio dei nostri professori alle
media europea. Talvolta nei proclami si dimentica il punto di
vista, la prospettiva, e il problema può essere a monte o a valle
ma il macigno è sempre lo stesso.
PASQUALE ALMIRANTE (www.lasicilia.it)