GIOCANDO S'IMPARA:GARE E GIOCHI MATEMATICI SERVONO PER L'APPRENDIMENTO?
Data: Sabato, 14 giugno 2008 ore 15:48:14 CEST
Argomento: Associazioni


 

Che il gioco costituisca un efficace strumento di motivazione allo studio in generale, e non solo della matematica, è un concetto ribadito, nel tempo, da molti autorevoli uomini di pensiero.

Da una decina di anni, nel nostro Paese, le gare di giochi matematici incontrano sempre maggior adesione tra gli studenti. Grazie a tale fervente attività, l’Italia ha cominciato a ottenere dei risultati lusinghieri anche alle Olimpiadi di Matematica, dopo decenni di prestazioni deludenti. Una recente rilevazione internazionale, però, posiziona la scuola italiana al 38° posto della classifica mondiale, per quanto riguarda la cultura matematica.

 

Il valore didattico del gioco

Già circa 2400 anni fa, Platone (La Repubblica, VII, 536 e 537) sosteneva: “Nessuna disciplina imposta a forza può rimanere durevole nell’anima. Quindi, non educare i fanciulli nelle varie discipline ricorrendo alla forza, ma per gioco”.

Una convinzione analoga la nutriva anche Leonardo Fibonacci, detto Pisano, il più importante matematico del Medioevo. Nello scrivere, nel 1200 circa, il Liber Abaci, un ampio trattato di matematica commerciale, dedicò un intero capitolo a problemi di carattere ricreativo, che chiamò scherzosamente Questioni erranti (cioè, vagabonde, senza concrete applicazioni immediate). Fibonacci giustificò la propria scelta con il bisogno che ha lo spirito umano di staccarsi ogni tanto dai problemi legati alla vita quotidiana, mantenendo però il piacere di tenere allenata la mente, continuando a esercitare la creatività.

Questa sana abitudine di inserire nei testi scolastici, oltre agli abituali esercizi, anche dei giochi matematici, venne conservata per secoli. Poi, chissà per quali oscuri motivi, lentamente tramontò; e non è più tornata in auge, nonostante le accorate raccomandazioni di illustri pedagogisti e matematici del Novecento, come Giuseppe Peano, Bruno de Finetti e Lucio Lombardo Radice.

 

Giochi e rendimento scolastico

L’ultimo rapporto Ocse-Pisa sullo stato della scuola italiana, colloca l’Italia al 38° posto della classifica mondiale, in merito alla cultura matematica. Dietro di noi, tra i paesi dell'Unione Europea, ci sono solo Grecia, Bulgaria e Romania.

In netto contrasto con un tale quadro sconfortante, però, dall’anno 2000, l’Italia sta ottenendo con confortante continuità una serie di ottimi risultati ai Campionati Internazionali di Giochi Matematici, che si svolgono, ogni estate, a Parigi e che vedono la partecipazione di una ventina di nazioni di tutto il mondo.

Inoltre, negli ultimi tre anni, dopo decenni di delusioni, l’Italia ha iniziato a conseguire prestigiosi riconoscimenti anche nelle Olimpiadi della Matematica, una gara internazionale riservata agli studenti delle scuole medie superiori, alla quale partecipano oltre ottanta nazioni, per un totale di circa cinquecento concorrenti.

Una tale apparente contraddizione, si può spiegare considerando che i problemi proposti in queste gare non necessitano di approfondite conoscenze di matematica dotta, ma richiedono soprattutto il possesso di buone capacità logiche e di un po’ di fantasia. Se ne può dedurre, quindi, che gli italiani non sono un popolo geneticamente negato per la matematica, ma che gli scarsi risultati ottenuti mediamente in questa materia, a livello scolastico, dipendono solo da un suo, diffuso e radicato, cattivo insegnamento.

 

Magia matematica

Un alto potenziale di coinvolgimento è posseduto dai giochi di matemagica, ovvero da quei giochi di prestigio il cui trucco è basato su un principio matematico. Ho potuto personalmente verificare, in un alto numero di incontri, come l’innata attrazione verso tutto ciò che è magico, unita all’istintivo desiderio di voler svelare il mistero, spinge in genere gli astanti, indipendentemente dal proprio grado di preparazione nella materia, ad analizzare a fondo i ragionamenti che servono a spiegare i trucchi proposti. Un significativo esempio, al riguardo può essere il seguente.

 

Modalità di esecuzione

1. Porgete tre comuni dadi da gioco a uno spettatore; poi, giratevi di spalle.

2. Chiedete allo spettatore di lanciare i tre dadi e fornitegli le seguenti istruzioni:

    a) scrivi su un foglio un numero di tre cifre, disponendo a tuo piacere i valori da te

ottenuti (per esempio, se sono usciti: 3, 5 e 1, può scrivere il numero: 513);

    b) di seguito a questi, scrivi i tre valori che si trovano nelle facce opposte dei tre dadi, seguendo lo stesso ordine stabilito prima (nel nostro esempio, quindi, deve scrivere: 513264);

    c) dividi per 111 il numero così composto, eventualmente utilizzando una calcolatrice (nel nostro caso, deve calcolare:  513264/111 = 4624).

3. Fatevi comunicare il risultato ottenuto e, nel giro di pochi secondi, riuscite a individuare quali valori erano stati ottenuti all’inizio, lanciando i dadi.

 

Accorgimenti da seguire

Per risalire velocemente al numero di tre cifre composto all’inizio dallo spettatore, dovete sottrarre 7 dal valore che vi ha comunicato e dividere per 9 il risultato ottenuto (nel nostro caso, dovete calcolare: 4624–7 = 4617; 4617/9 = 513).

 

Spiegazione del trucco

Se chiamiamo A, B e C i tre valori ottenuti con il lancio dei dadi, nell’ordine scelto dallo spettatore, e X il numero da lui composto con questi, possiamo scrivere:

X = 100A+10B+C

 

Inoltre, se chiamiamo Y il numero di sei cifre composto successivamente dallo spettatore, possiamo porre (considerando che, per tradizione, la somma delle due facce opposte di un dado è sempre uguale a 7):

 

Y = 1000X +100(7–A)+10(7–B)+7–C

Svolgendo i calcoli, otteniamo:

Y = 1000+700–100A+70–10B+7–C =

= 1000X–(100A+10B+C)+777 =

= 1000X–X+777 = (1000–1)X+777 =

= 999X+777 = 111(9X+7).

Quindi, il numero R, comunicato alla fine dallo spettatore, ottenuto dividendo Y per 111, sarà uguale a: R = Y/111 = 9X+

 

 

Di conseguenza, avremo: X = (R–7)/9

Come si vede, i passaggi algebrici necessari per comprendere il trucco sono analoghi a quelli di un anonimo esercizio scolastico; la motivazione a svolgerli, però, è indubbiamente maggiore.







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