ATTRAVERSARE LA LINEA D'OMBRA
Data: Mercoledì, 11 giugno 2008 ore 08:06:23 CEST
Argomento: Rassegna stampa


 

 

Misteri di provincia, l'italian dream degli immigrati, corruzione e ricatti
quattro romanzi raccontano il lato oscuro del nostro Paese

Da uno dei maestri del noir italiano e del "gotico rurale" Eraldo Baldini  e dal giovane Alessandro Fabbri, un romanzo angoscioso e al tempo stesso pervaso da una sottile ironia in cui si muovono personaggi a tutto tondo, che si muovono sul palcoscenico della vita sempre impegnata a fare i conti con il lato più oscuro del mistero.

Un padre porta con sé il figlio in un viaggio nel paese di campagna dove è cresciuto. Poi lo fa sedere sotto un campanile solitario perduto in mezzo ai campi. E comincia a raccontare. Ora il bambino è lui, più o meno l'età del figlio. L'anno è il 1969 e lui e la sua banda di amici non pensano ad altro che a seguire sul giornale la prima missione dell'uomo sulla luna. Per il resto, le solite cose che fanno i bambini di campagna: pallone, corse, biciclette, qualche missione ad alto rischio nei campi del contadino ex partigiano che tira fuori il fucile che spara a sale. Fino a quando iniziano ad accadere cose oscure.

Il microcosmo del paese, la vita dei suoi abitanti vengono scossi da eventi inspiegabili, e tutti di malaugurio. Dopo il più devastante, la banda di amici appassionati della luna si ritrova al centro degli eventi. Il racconto del padre continua, il figlio ascolta. Non è ancora chiaro perché l'uomo abbia portato il bambino fin laggiù e così lontano nel tempo. Forse per chiedergli qualcosa, forse per farsi ascoltare. Forse per farsi salvare. Si intitola Quell'estate di sangue e di luna di Eraldo Baldini e Alessandro Fabbri (Einaudi, 15 euro).La cosa che lo fa vacillare è venire a sapere che la madre sta perdendo la memoria colpita dall'Alzheimer. E tutto quello che sembrava tutto lascia il posto ad altro. Si intitola Lo schiaffo, di Luigi Carletti (Baldini Castoldi Dalai, 16,80 euro)
(.Da" La Repubblica") M.Allo

Per gli amanti del noir  consigliamo dello stesso autore  :" Bambini, ragni e altri predatori", Torino, Einaudi, 2003, pp.289, € 13,00

 

Eccovi la trama di " Attraversare la linea d'ombra"

L'AMERICA
E vediamoli allora questi delinquenti. Questi clandestini. Questi mostri per cui serviva un nuovo tipo di reato perché l'esile codice penale italiano non bastava. Due storie-tipo che si intrecciano nel romanzo Bloody Mary di Marco Vichi e Leonardo Gori (Edizioni Ambiente, collana VerdeNero, 10 euro). Un polacco lascia la madre al paese, sale su un pullman con altri polacchi. Attraversa l'Europa destinazione Puglia perché qualcuno gli ha detto che in Italia ci sono un sacco di pomodori da raccogliere.

Una nigeriana che crescendo assomiglia sempre di più alla più bella tra le top model viene caricata su una nave destinazione Italia perché, pensa chi l'ha comprata, venduta, ricomprata, rivenduta, potrà fare felici tanti uomini disposti a pagare. Lui arriva, gli tolgono i documenti, lo sbattono in una baracca con altre centinaia di disperati, lo fanno lavorare dalle sei del mattino alle dieci di sera, lo pagano niente e quel poco cercano di farglielo spendere per cibo e sigarette. Lei arriva che già è stata violentata, fatta abortire e preparata ad avere a che fare con gli uomini. La prelevano dal cpt e la mandano incontro al suo destino. Il soggetto plurale nascosto dietro tutte queste azioni, quei "loro" che fanno tutto questo sono italiani. Organizzati e precisi. Caporali e intermediari. Demoni a guardia di bolgie che qualcuno più in alto di loro ha progettato. Nelle città, nei campi di lavoro. Sotto due dita dalla superficie del nostro vivere civile. Infinitamente lontano dal nostro sguardo girato a cercare nemici più maneggevoli.

CRIMINI E RICATTI
Lo seguiamo fin dall'inizio senza disagio. Un po' perché Ugo Barbàra conosce le tecniche dello sceneggiatore. Un po' perché alla fine questo personaggio che si è inventato ci risolve un sacco di problemi. Avvocato, ricattatore, corruttore, faccendiere, guidato dal motto chi non si può comprare si può distruggere con un video hard spedito alla moglie. Ottimo marito di una moglie che si chiede troppo tardi da dove giunga tanto benessere. Ottimo talent scout, come l'ex del Sisde reclutato come braccio operativo. Ci risolve un sacco di problemi perché ha una visione del mondo e degli uomini molto semplice, agostiniana: non esiste nessuno (noi compresi) senza un vizio, una falla, una debolezza collegata a uno dei sette vizi capitali. Perché muove i fili come il burattinaio che per natura siamo inclini a postulare dietro gli eventi. Perché la sua amoralità lo ha fatto arrivare in alto in un mondo in cui solo questo conta. Date queste premesse e fatti scattare i meccanismi di immedesimazione, incomincia la storia principale, una missione che sembra routine, l'ennesimo lavoro compra o ricatta. E Il corruttore, questo il titolo del libro (Piemme, 18,50), rischia di andare a sbattere. E soprattutto di rivedere la visione del mondo che si è costruita e che fino a quel momento lo aveva portato così in alto.

COMMEDIA ALL'ITALIANA
Incontriamo Eddy subito alle prese con un problema molto maschile. Riempire un bicchierino trasparente per farne analizzare il contenuto. Chiuso nel bagno e con la moglie Lucilla fuori dalla porta che gli urla di sbrigarsi che il laboratorio chiude e che come sempre lui non vuole collaborare. Poco dopo veniamo a sapere che Eddy con il suo film La scelta di Alfio è lanciato verso una nomination italiana agli Oscar. Poi arrivano le comparse: un agente che gli dice di battere il ferro fin che è caldo e che chi si ferma è perduto. La sorella lontana che non ce la fa più ad accudire i genitori da sola come fosse figlia unica. E, a scendere verso il grottesco del canovaccio della commedia dell'arte, una donna ministro che ha in mente di usare Eddy e il suo momento d'oro, una pornostar ungherese e un paparazzo bosniaco che si sono messi in testa di ricattarlo. Eddy tiene botta in un ping pong tra maternità da soddisfare, appuntamenti di lavoro col fiatone, tentativi di divincolarsi da grovigli politici e minacce di sputtanamento. La cosa che lo fa vacillare è venire a sapere che la madre sta perdendo la memoria colpita dall'Alzheimer. E tutto quello che sembrava tutto lascia il posto ad altro. Si intitola Lo schiaffo, di Luigi Carletti (Baldini Castoldi Dalai, 16,80 euro)


"Bambini, ragni e altri predatori"
Ci sono bambini che giocano agli indiani e continuano a giocare anche da grandi, anche durante la guerra. Ragni grossi come gatti che non si possono scacciare. Pescherecci che ogni anno si sfidano allegramente a pescare il primo turista annegato della stagione. Una bambina troppo sola, che, per avere un po' di compagnia, mura vivi tre coetanei. Genitori che effettivamente servono al figlio pietanze un po' troppo pesanti, che gli provocano malessere e dolori strani. Un guaritore prodigioso che però si nutre solo di bambini. Giovani inquilini che non rispettano le tradizioni del vecchio affittuario, la cui unica gioia è quella di ospitare le rondini nel garage. Una bambina morta che si aggira per una spiaggia su cui il proprietario di un albergo vuole mettere le mani. Una croce, posta in un certo luogo da più di mille anni e adorata da tutta la comunità; finché un contadino non decide di abbatterla perché lo costringe a difficili manovre col trattore. Un maiale molto cattivo, che riesce a scampare alla morte e torna per vendicarsi. L'Uomo Occhi Marci, che si nutre di bambini e vive in una vecchia casa sull'argine del fiume. Una violinista cieca lasciata alla deriva su una barca in mezzo alle onde. Una bambina con strane fantasie di gnomi e nani che sparisce in mezzo ai boschi insieme a due giovani universitari. Una gallina nera, dal prezzo decisamente troppo alto, ammazzata da un'auto durante una notte di nebbia. Una Cenerentola moderna che non rientra al castello in orario. E poi c'è Hermann Maag, che, giovanissimo, uccide un ragazzo, e ne prova un piacere così grande da diventare, né più né meno e persino di professione, come suggerisce il titolo, un uccisore, dedito a nient'altro che alla morte.
Baldini, già autore di Gotico rurale pubblicato nel 2000 da Frassinelli, Tre mani nel buio, pubblicato nel 2001 da Sperling&Kupfer e Medical Thriller, con C. Lucarelli e G. Rigosi, edito nel 2002 da Einaudi, utilizza una prosa scorrevole, pulita, che raramente tenta esperimenti barocchi e riesce a evidenziare lucidamente eventi, sensazioni, angosce; la parola, scivolando fredda e trasparente sulla realtà dei fatti, non maschera un orrore silenzioso, ineluttabile, ma lo mostra in tutto e per tutto per ciò che è, aumentando ancora più la paura che, inesorabilmente, ne nasce.
Quello che più caratterizza la narrativa di Baldini, oltre a qualche suggestione buzzatiana, è il suo legame con le tradizioni, con le leggende popolari, con i racconti dei nonni persi nel tempo e semi-cancellati dalla moderna frenesia, dalla televisione, dal comfort dilagante. È proprio dalle tradizioni, portate alle estreme conseguenze, che nasce l'orrore; la malvagità è allora collettiva, frutto di tutti gli abitanti del paese, e diventa dramma agli occhi della vittima e del lettore, mentre, per tutti gli altri, è la consuetudine: così, in Gli amici di Sara, si sa che gli gnomi fanno sparire gli umani troppo invadenti e impiccioni, ma tutti accettano il ripetersi di questi eventi. In Nebbia grigia e galline nere, è tutta la comunità a riproporre una strana quanto macabra sfida: le uova delle galline nere, si dice, riescono a far riemergere dall'acqua i cadaveri di uomini annegati. Per questo, ogni tre anni, da secoli, vengono catturate e fatte annegare dieci persone, e le galline possono sfidarsi a chi faccia l'uovo migliore. La Pesca grossa consiste in una competizione annuale, che si svolge da sempre: il miglior equipaggio sarà quello che recupererà nel mare il primo cadavere di turista della stagione, ed è, né più né meno, una gara a premi, competitiva ma festosa. Altre volte invece il male nasce da una pazzia individuale, da piccole situazioni che vengono condotte a livelli di delirio, con una lucidità che annienta il lettore. È il caso dell'anziano protagonista di Sotto lo stesso tetto: da tanto tempo solo, trova gioia unicamente nelle rondini, che hanno il nido nel garage della sua grande, vecchia casa. Ma i suoi giovani affittuari vorrebbero usufruire del garage, fra l'altro incluso nel contratto d'affitto. Tanto irrazionale è l'amore dell'anziano per i piccoli uccelli che, pur di cacciare i ragazzi, corrompe alcuni malviventi per far rubare la loro macchina, gli elettrodomestici, e non solo. Oppure, è il caso della bambina della Solitudine di Medusa, che sembra aver reso di pietra tre ragazzi scappati dalle loro famiglie, per porre un piccolo rimedio alla propria straziante, terribile solitudine. Altre volte ancora è la natura a ribellarsi e a far sentire la propria violenza, la propria rabbia di animale ferito. Il carognone è un maiale sfuggito alla rituale uccisione, che continua ad aggirarsi nel villaggio, uccidendo altri animali, talvolta entrando nelle case e facendo razzia di tutto ciò che trova, aspettando il momento della vendetta. Il ragno è, invece, un animale ben più grande rispetto alle consuete dimensioni, addirittura capace di catturare un gatto nella sua tela e, di conseguenza, di far letteralmente impazzire un cittadino appena trasferitosi in campagna, posto improvvisamente di fronte ad una natura tanto mostruosa. La sensazione è che, in entrambi i casi, gli animali non avrebbero fatto, di loro iniziativa, nulla di male: è l'attacco arbitrario e premeditato degli uomini a scatenare la furia bestiale del carognone; ed è la paura tremenda dell'uomo, e la sua corsa ai ripari, a generare più danni di quelli che avrebbe mai potuto compiere il ragno, seppur immenso e impressionante.
Baldini è nato e vive a Ravenna e si sente: disinvoltamente cita paesi, realtà, tradizioni, incubi comuni; descrive facilmente i meandri della nebbia, le cene preparate dai vecchi, gli argini dei fiumi, i fossi; evita le grandi città (due rapide incursioni: una nella Bologna universitaria e l'altra in una metropoli non meglio specificata, che lascia pensare a Milano), preferendo i piccoli paesi, molto più caratteristici e fertili dal punto di vista onirico-narrativo: è proprio nei racconti ambientati in queste piccole realtà, che non hanno perso la loro ruralità nonostante il progresso, che si svolgono le migliori vicende raccontate, toccando esiti non violenti, non sanguinari, ma gotici e macabri nel loro intrinseco lirismo.
Un discorso a parte merita L'uccisore, ultimo racconto della raccolta, che, rispetto agli altri, presenta alcune significative divergenze (e altrettante significative similitudini). Innanzitutto le dimensioni: 74 pagine contro le consuete 10/20, segno di una vicenda che necessita di ampi spazi per esprimersi in tutto il suo orrore. Hermann Maag, il protagonista, non uccide per seguire qualche tradizione, né per amore, né per necessità o solitudine. Uccide perché prova gusto nel farlo, perché adora spezzare la vita di un altro essere, preferibilmente umano; soprattutto, ama visceralmente l'idea che qualcuno abbia paura di lui, e sarà questo piacere, questo gusto estremo a portarlo al suicidio, essendosi spinto troppo lontano. Una morte che non chiude la faccenda e lascia aperta una finestra sull'orrore. C'è la violenza qui, c'è il sangue, c'è la guerra e la disperazione collettiva. La paura non scaturisce dal mistero, dalle ombre, ma dalla luce gettata invece su personalità e azioni del protagonista. La vicenda si svolge inizialmente in un paesino della Germania, poi nella provincia di Ravenna, durante la Seconda Guerra Mondiale (Hermann Maag è diventato tenente delle SS), e infine in una località della Svizzera, in cui si ritira Hermann dopo la guerra per evitare di essere riconosciuto. La realtà è sempre quella dei centri urbani con poco più di un migliaio di abitanti, lontani dal fragore delle metropoli, e in ognuno di questi paesi c'è un luogo segreto, uno spazio solitamente non lontano dal centro abitato che conserva un alone di mistero: un luogo in cui i bambini non possono andare, in cui sono successi, in un tempo lontano ma presente, misfatti strani, vicende inspiegabili, qualcosa che supera la razionalità e si perde in un qualche recesso della memoria.
Baldini, paragonato da Lucarelli a Stephen King, fa nascere sottilmente la tensione in ogni racconto, alimentandola parola dopo parola, senza cali o cadute di stile, fino alla fine della vicenda che fine non è, perché il lettore si trova in uno stato di suspence da cui non si può liberare, e sa che nel racconto successivo riprenderà, instancabile, il climax che porta da un sostanziale equilibrio iniziale all'inevitabile dramma finale.







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