Stilettata brillante dell’on. Valentina Aprea, presidente forzista
della commissione istruzione alla Camera, sferrata lo
scorso 12 maggio col fioretto di un disegno di legge, per dimostrare
che il posto di ministro della Istruzione toccava a
lei. Stato giuridico dei professori, nuova formula di reclutamento,
modifica dei decreti delegati, presi pari pari dalle
proposte fatte quando era vice della Moratti.
Anche l’Andis,
l’associazione dei presidi vicino alla Flc-Cgil, pare avere
gradito, forse perché non è tutta da contestare soprattutto
per quanto riguarda la modifica dello stato giuridico del personale
che viene distinto in: docente iniziale, ordinario ed
esperto. “L’avanzamento dal livello di docente ordinario a
quello di docente esperto avviene, a domanda, mediante
formazione e concorso volto a verificare il possesso dei requisiti
culturali e professionali dell’aspirante ed espletato a
livello di reti di scuole.”
Niente concorsoni dunque ma un
corso di formazione con un esame per accertare la preparazione
e quindi i relativi meriti stipendiali, oggetto di trattativa
sindacale. Via le Rsu (poco utili e poco rappresentativi),
area contrattuale separata (come da anni propone la
Gilda) e nuova fase di reclutamento del personale che sarà
effettuato direttamente dalle scuole, attingendo da albi
professionali regionali dove verranno iscritti i vincitori di regolare
concorso: saranno costoro i docenti iniziali.
All’albo
si accede dopo una laurea abilitante e dopo un anno di tirocinio
presso una scuola che lo valuterà. Le istituzioni scolastiche
a loro volta saranno trasformate in fondazioni (via anche
i consigli di istituto) con un consiglio di amministrazione
(già proposto da Fioroni) con a capo il dirigente, il cui vice
sarà solo un docente esperto vincitore di concorso. Le Regioni
cureranno le scuole mentre lo Stato si occuperà solo
dei livelli essenziali di preparazione per avere una omogeneità
nazionale.
Forse nasce anche da questa nuova impostazione
la proposta di abolire il ministero della Istruzione
che apparirebbe inutile con la regionalizzazione, purché la
formazione dei ragazzi diventi centrale garantendo loro docenti
(e le Università devono fare la loro parte) che siano
maestri di vita e di sapere, guide e lanterne.
PASQUALE ALMIRANTE (da www.lasicilia.it)