TuttoscuolaNEWS N. 92
Data: Sabato, 08 marzo 2003 ore 16:37:44 CET
Argomento: Comunicati


 


 
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 N. 92, 3 marzo 2003

 SOMMARIO

1. Riforma Moratti/1: conto alla rovescia per l'attuazione
2. Riforma Moratti/2: il coinvolgimento di tutti, una scelta obbligata
3. Madre nubile e insegnamento della religione: possibili sviluppi
4. Posti di sostegno in deroga/1: e' boom
5. Posti di sostegno in deroga/2: Sicilia, Campania e Lombardia  fanno
 il pieno
6. Per i disabili meno parita' nelle paritarie?
7. Anp - Apef, la strana coppia


1. Riforma Moratti/1: conto alla rovescia per l'attuazione

 Se non vi saranno al Senato colpi di scena, tra pochi giorni la delega
 in materia di norme generali sull'istruzione sara' legge dello  Stato.
 La pubblicazione in Gazzetta  ufficiale  dovrebbe  avvenire  entro  la
 meta' di marzo.
 Da quel momento, il ministro Moratti avra'  90  giorni  di  tempo  per
 costruire il piano finanziario a sostegno della "sua"  riforma  e  poi
 farlo    approvare  dal  Governo  prima  dell'inizio  del  nuovo  anno
 scolastico. Dovra' anche definire i decreti legislativi (almeno quelli
 che servono per far partire il nuovo sistema),  ma  sara'  proprio  il
 piano    programmatico  di  interventi  finanziari  il  vero  test  di
 credibilita' politica del Governo,  perche'  lo  stesso  condizionera'
 tutto il processo d'attuazione della riforma.
 La questione riforma richiede dunque un quadro organico  d'interventi.
 Le materie oggetto del piano sono elencate nel  primo  articolo  della
 legge. Per ognuna di esse  dovra'  essere  quantificato  il  costo  in
 termini di personale e di strumenti.
 Facciamone un rapido elenco: i  costi  dei  nuovi  ordinamenti  (nuove
 discipline, riconversione  dei  docenti,  formazione  in  servizio  ed
 iniziale    del  personale),  per  lo  sviluppo  e  la  valorizzazione
 dell'autonomia scolastica; per l'istituzione del Servizio nazionale di
 valutazione del sistema e per lo sviluppo e  l'alfabetizzazione  nelle
 tecnologie informatiche; le spese per la valorizzazione  di  tutte  le
 professionalita' impegnate nella scuola; per ripristinare il  rimborso
 delle spese  di  autoaggiornamento  dei  docenti;  per  l'orientamento
 contro la dispersione scolastica; per lo  sviluppo  dell'istruzione  e
 formazione tecnica superiore;  per  la  promozione  dell'apprendimento
 lungo tutto l'arco della vita. Infine, materia di attualita', la spesa
 per   gli  interventi  di  adeguamento  delle  strutture  di  edilizia
 scolastica.
 Con il piano programmatico finanziario, destinato a impegnare  risorse
 cospicue forse per almeno un quinquennio, il Governo a  giugno  dovra'
 dimostrare con  i  fatti  quanto  senta  effettivamente  "suo"  questo
 impegnativo progetto  di  riforma  del  sistema  di  istruzione  e  di
 formazione. Il "redde rationem" e' vicino.


 2. Riforma Moratti/2: il coinvolgimento di tutti, una scelta obbligata

 Ma    l'attuazione   della  riforma  non  dipende  solo  dall'aspetto
 finanziario. Investe prioritariamente il rapporto tra  maggioranza  ed
opposizione,  che  dovrebbe  caratterizzarsi  per  il  futuro  per  un
comportamento non tattico, ma trasparente ed esplicito, da  parte  del
 Governo. D'altra parte un evento cosi' importante per il Paese non  si
 puo' consumare in un clima di  estraneita'  del  mondo  della  scuola,
 dell'universita' e della cultura.
 Molto insomma resta da fare, soprattutto in termini di  coinvolgimento
 della comunita' educativa e sociale. Il ministro si dovrebbe adoperare
 per    realizzare  attenzione  e  condivisione  intorno  al  progetto.
 Andrebbero insomma costruite le  condizioni  perche'  i  punti  deboli
 della riforma possano essere superati o  attenuati  con  il  confronto
 delle idee e delle proposte.
 In altri termini, nel governo della riforma  va  favorito  l'approccio
 dinamico, va garantita e preservata  la  responsabilita'  dei  diversi
 soggetti coinvolti (Amministrazione centrale e regionale, enti locali,
 famiglie,    studenti,  istituzioni  scolastiche,  docenti,  organismi
 sociali etc.), in una cornice di finalita'  condivise.  Questo  e'  il
 respiro strategico richiesto da una riforma che  nascendo  debole  (e'
 stata approvata a colpi di maggioranza e  di  ordini  del  giorno)  ha
 bisogno di acquisire credibilita' ed  efficacia  attraverso  un  forte
 processo di implementazione.


 3. Madre nubile e insegnamento della religione: possibili sviluppi

 Ha destato scalpore la decisione della  Cassazione  di  respingere  il
 ricorso contro il licenziamento subito da un'insegnante  di  religione
 cattolica di Firenze per la sua condizione di madre nubile.
 E  potrebbe  non  restare  un  caso  isolato,  quello  dell'insegnante
 fiorentina. Centinaia  di  maestre  (che  insegnano  anche  religione)
 divorziate, separate, madri  nubili  potrebbero  rischiare  di  essere
 dichiarate inidonee all'insegnamento della religione cattolica.
 La questione  riguarda  la  sola  scuola  elementare  e  dell'infanzia
 statale, e potrebbe toccare circa 100 mila insegnanti  di  ruolo,  che
 attualmente insegnano (anche) religione. Spieghiamo perche'.
 A differenza della scuola secondaria, l'insegnamento  della  religione
 di regola non e' assegnato a uno "specialista", ma agli stessi docenti
 titolari di classe. Solo  quando  in  una  classe  nessun  docente  si
dichiara disponibile a quell'insegnamento,  degli  incaricati  esterni
 subentrano ai docenti titolari.
 Dal momento  che  il  diritto  canonico  richiede  che  i  docenti  di
 religione "si distinguano per retta dottrina,  testimonianza  di  vita
cristiana e competenza pedagogica", bisogna dedurne che tali requisiti
 riguardino tutti gli insegnanti di religione, titolari della classe  o
 incaricati esterni.
 Entrano in gioco dunque - almeno teoricamente - pure le  100  mila,  o
 giu' di li', maestre che insegnano anche religione, tra  le  quali  e'
 presumibile che ce  ne  siano  almeno  qualche  centinaia  divorziate,
 separate, madri nubili o comunque in condizione di inidoneita'.
 Si verrebbe cosi' a creare una situazione anomala: lo  Stato,  da  cui
 dipendono, riconosce  la  piena  legittimita'  della  loro  condizione
 personale, ma gli ordinari diocesani  potrebbero  negarne  l'idoneita'
 all'insegnamento  della  religione:  si  troverebbero  cosi'  a  poter
 insegnare le altre discipline, ma non la religione cattolica.  Insomma
 una revisione delle situazioni in atto, qualora fosse usato lo  stesso
 metro di giudizio del caso di Firenze, potrebbe portare alla revoca di
 molti nulla-osta, senza conseguenze - in tal caso -  sul  rapporto  di
 lavoro, ma certamente dirompenti per il rapporto Stato-Chiesa.

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 4. Posti di sostegno in deroga/1: e' boom

 Il termine di 60 giorni stabilito dalla Finanziaria 2003 (art. 35  c.7
 http://www.tuttoscuola.com/ts_news_92-1.doc ) per la definizione delle
 nuove modalita' di  accertamento  dell'handicap  e'  scaduto,  ma  del
 decreto che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta  dei
 ministri dell'istruzione e della salute, avrebbe dovuto  gia'  emanare
 ancora non si sa nulla.
 Intanto il ministero dell'Istruzione ha fornito  un  primo  contributo
 all'anno europeo del disabile, pubblicando  (  www.istruzione.it  )  i
 dati aggiornati della situazione  scolastica  dell'integrazione  nelle
 scuole italiane. Il tema e' delicato, vista anche la  questione  degli
 ipotizzati tagli di organico ai posti di sostegno.
L'allarme lanciato mesi fa dal Miur, secondo cui l'incremento di posti
 di sostegno stava andando fuori controllo e comunque  era  ben  al  di
 sopra della previsione di legge, risulta  confermato:  lo  sfondamento
 c'e' stato a causa soprattutto del vertiginoso incremento dei posti in
 deroga.
 Mentre i posti  di  sostegno  in  organico  di  diritto  sono  rimasti
 sostanzialmente in quantita' immutata dal '99 ad  oggi  (erano  49.141
 nel 99-00 e sono 49.285 nell'anno in  corso),  i  posti  in  deroga  (
 http://www.tuttoscuola.com/ts_news_92-2.doc    )   hanno  subito  nel
 quadriennio un incremento di quasi 16 mila unita', portando il  numero
 complessivo dei posti di sostegno da 59 mila a circa 75 mila.
 Nell'ultimo anno, dal 2001 al 2002, i posti in deroga hanno  fatto  un
 incredibile   balzo  in  avanti:  quasi  11  mila  posti  in  piu',  e
 rappresentano ora piu' di un terzo del totale dei  posti  di  sostegno
 funzionanti. Quali le ragioni del boom dei posti in deroga?
La ragione di fondo sta proprio nella legge stessa (la n. 449/97, art.
 40) che non ha posto limiti alla possibilita' di derogare dal rapporto
 di un posto di sostegno ogni 138 alunni. Dopo l'applicazione dei primi
 anni, le scuole hanno scoperto questa via d'uscita per  far  fronte  a
 pesanti situazioni di inserimento, e se ne sono avvalse.


 5. Posti di sostegno in deroga/2: Sicilia, Campania e Lombardia  fanno
 il pieno

 I posti di sostegno in deroga sono cresciuti del 160% in quattro anni,
passando da 9.717  del  1999-2000  a  25.341  di  quest'anno,  con  un
incremento in valori assoluti di quasi 16 mila posti.
 La Campania  e'  la  regione  che  ha  fatto  registrare  il  maggiore
 incremento    dei    posti    di    sostegno    in    deroga   (
 http://www.tuttoscuola.com/ts_news_92-3.doc ) con il 377% di  aumento,
 seguita dalla Lombardia (+ 307%), dalla  Sardegna  (+  212%)  e  dalla
 Sicilia (+ 196%).
 In valori assoluti e' stata pero'  la  Sicilia  ad  avere  il  maggior
 aumento di posti di sostegno in deroga (quasi 3 mila),  seguita  dalla
 Lombardia (quasi 2.900) e dalla Campania (oltre 2.700 unita').
 L'andamento della deroga e' stato molto differenziato  tra  regione  e
 regione, con situazioni, come quella dell'Abruzzo, che  ha  visto  nel
 quadriennio addirittura la flessione dei posti (-48 unita').
 E' interessante confrontare l'andamento degli organici di sostegno con
 le situazioni di handicap riconosciute. E si scopre, ad  esempio,  che
 nel quadriennio considerato vi e' stato  anche  incremento,  costante,
 del numero di alunni riconosciuti portatori di  handicap  (passati  da
 124.385   nel  99-00  a  146.389  in  quest'anno  scolastico,  con  un
 incremento di oltre 22 mila unita'), ma che,  in  proporzione,  questo
 incremento,    pari    all'18%,   e'   stato  molto  piu'  contenuto
 dell'incremento dei posti (+160%),  con  punte  di  oltre  il  31%  in
 Lombardia    e    il    27%    in    Emilia    Romagna    (
 http://www.tuttoscuola.com/ts_news_92-4.doc ).
 Insomma e' stato piu' intenso l'aumento dei  posti  che  quello  degli
alunni da sostenere, tanto  che  il  rapporto  alunni  H/docenti,  pur
 passando da 211 alunni disabili inseriti ogni 100 docenti di  sostegno
 del 1999 a 196 ogni 100 nell'anno in corso,  ha  fatto  registrare  un
 abbassamento contenuto di circa il 7%.
 Ricordiamo che alcuni mesi fa in parlamento il  sottosegretario  Aprea
 aveva   avanzato  dei  dubbi  sulla  correttezza  delle  procedure  di
 accertamento delle situazioni di handicap, sospettando in  particolare
 una certa larghezza di giudizio da parte di alcune Asl.


 6. Per i disabili meno parita' nelle paritarie?

 La percentuale di alunni disabili nelle scuole paritarie e' tre  volte
 piu' bassa di quella nelle scuole statali.
 Un dato piuttosto sorprendente, se si considera che dal 2000,  con  la
 parita' scolastica sancita dalla 10 marzo 2000, n. 62, tutte le scuole
 che appartengono al  sistema  nazionale  integrato  d'istruzione  sono
 tenute ad offrire parita' di servizi a tutti gli studenti, compresi  i
 portatori di  handicap.  Infatti  la  legge  prevede  che  "Le  scuole
 paritarie,    svolgendo  un  servizio  pubblico,  accolgono  chiunque,
 accettandone il progetto educativo, richieda di  iscriversi,  compresi
 gli alunni e gli studenti con handicap".
 La condizione di parita' nei confronti degli alunni disabili  pertanto
 da quell'anno costituisce un impegno legale per  garantire  un'offerta
 di servizio alla pari per tutti, ma, dai dati pubblicati dal ministero
 dell'Istruzione    relativamente   all'anno  scolastico  2001-2002  (
 http://www.tuttoscuola.com/ts_news_92-5.doc    ),   risulta  che,  in
 rapporto alla totalita' degli alunni accolti nelle proprie scuole,  le
 istituzioni paritarie hanno una presenza di portatori di handicap pari
 allo 0,67%, contro l'1,81% delle scuole statali.
 Si tratta di un'incidenza di disabili rispetto all'intera  popolazione
 scolastica accolta, appunto tre volte inferiore a quella analoga delle
 scuole statali.
 A giustificazione del gap  registrato,  le  scuole  paritarie  possono
 forse addurre il fatto che, oltre a trovarsi da pochissimo tempo nella
 condizione di obbligata  parita'  nei  confronti  dell'accoglienza  di
 alunni disabili, dispongono  di  risorse  economiche  non  adeguate  a
 sostenere le spese per il personale docente di sostegno.
Non vi e' dubbio tuttavia che  questo  dell'inserimento  degli  alunni
 disabili  rappresenta  un  indicatore  di  effettiva  parita'  che  le
 istituzioni scolastiche paritarie, il piu' presto possibile,  dovranno
 cercare di conseguire in modo adeguato.

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 7. Anp - Apef, la strana coppia

 Un nuovo connubio nel panorama delle associazioni professionali  della
 scuola: l'Apef (Associazione  Professionale  Europea  Formazione),  ha
annunciato infatti un accordo di tipo  federativo  con  l'Associazione
 Nazionale Presidi. Quest'ultima, pur conservando la storica sigla ANP,
 ha cambiato la sua ragione sociale (gia' nel  Congresso  dello  scorso
 mese    di  dicembre)  per  assumere  la  denominazione  ufficiale  di
 "Associazione  dei  Dirigenti  e  delle  Alte  Professionalita'  della
 Scuola".  Le  funzioni  di  rappresentanza  sindacale  saranno  svolte
 dall'ANP ( www.anp.it ), mentre l'Apef si occupera'  dell'elaborazione
 professionale    riguardante    la   carriera   degli  insegnanti  (
 www.apefassociazione.it ).
 Dunque al prossimo rinnovo contrattuale per i docenti,  se  l'alleanza
 dovesse funzionare,  attorno  al  tavolo  di  negoziazione  potrebbero
 sedere anche questi due soggetti (l'Anp gia' partecipa a quello per  i
 dirigenti scolastici).
 Per ora l'iniziativa delle due organizzazioni  sembra  interessare  un
 limitato numero di docenti: quelli che hanno  ricevuto  l'incarico  di
 presidenza (circa 3500) e i collaboratori vicari (10.000), per i quali
 si apre una prospettiva non tanto  di  consolidamento  nella  funzione
 esercitata quanto di riconoscimento di crediti professionali  ai  fini
 della    carriera    come   dirigenti   scolastici.  Le  altre  "alte
 professionalita'" per  ora  sono  di  incerta  individuazione:  l'Apef
 sostiene che  esse  dovrebbero  essere  definite  su  base  normativa,
 evitando procedure di  tipo  elettivo-contrattuale  come  quelle  oggi
 previste per i docenti "funzione-obiettivo",  ai  quali,  in  effetti,
 l'iniziativa non sembra rivolta.
 L'operazione e' di portata potenzialmente  assai  rilevante:  in  Gran
 Bretagna, dove la carriera degli insegnanti si  articola  in  numerose
 figure professionali, si  calcola  che  circa  un  terzo  dei  docenti
 concluda la propria esperienza di  lavoro  come  capo  di  istituto  o
 avendo    occupato    una   delle   posizioni  intermedie  "ad  alta
 professionalita'" alle quali guarda l'iniziativa Anp-Apef.

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