Lettera aperta al nuovo ministro dell'Istruzione
Data: Giovedì, 08 maggio 2008 ore 20:13:47 CEST
Argomento: Opinioni


Illustrissimo sig. Ministro
Lei mi scuserà se la disturbo ma con la mia ormai trentennale esperienza a scuola mi permetto segnalarle qualche provvedimento che dovrebbe prendere al più presto se vuole veramente risollevare l’istruzione dell’evidente degrado che tutte le rilevazioni hanno messo in luce, sia in termini di competenze e sia di saperi, di titoli acquisti e d’abbandoni, di finanziamenti e d’edilizia, non tralasciando però la memoria che la nostra scuola fino a qualche decennio addietro era fra le prime nel mondo. Cosa è accaduto allora non lo ripeto benché faccia male capire che il Ministero della pubblica(?) istruzione non sembra interessare molto ai sui colleghi politici e le liti sono per altri dicasteri, forse perché è ritenuto il meno prestigioso nonostante abbia garantito a lei e a tutta la nazione il mino indispensabile per sapersi esprime e capire un testo letterario e no.
Dalle mie parti si dice: incominciamo dal santo lunedì, incominciamo dalle università visto che lei ne ha pure il governo. Se vuole docenti preparati a scuola imponga piani di studi severissimi nel biennio di specializzazione in cui psicologia, didattica, legislazione scolastica, informatica siano le materie portanti senza tralasciare i contenuti più forti e professionalizzanti nel triennio. E’ impossibile pensare che un docente di lettere molte volte prenda sbandate imbarazzanti con la sintassi o che tentenni davanti alle figure retoriche. Come è altrettanto deludente che professionisti della cultura non sappiano ancora dove inizino i loro doveri e dove terminano i loro diritti insieme alla ignoranza alquanto incresciosa di psicologia dell’età evolutiva e di didattica persino elementare. In altri termini: faccia in modo di mettere sul mercato docenti preparati e soprattutto motivati dal sacrifico fatto per arrivare e dai possibili ritorni economici e di immagine sociale. Ma a questo punto deve fare un’altra cosa, ancora più indispensabile: garantire concorsi biennali sull’effettivo fabbisogno. Metta in mora gli Usp, minacci i presidi ma si faccia dire con esattezza di quante nuove cattedre c’è bisogno e poi nomini commissioni che siano all’altezza del loro compito di giudicante: è meglio non dare speranza che creare precariato permaloso il quale rischia alle lunghe di arenarsi sulle secche della demotivazione. Faccia in modo di mettere dietro le cattedre docenti-scienziati, non amici o animatori-badanti, ma Maestri che diano l’esempio, indicando la strada con autorevolezza ma ai quali però dovrebbe pure togliere molte di quelle incombenze burocratiche che se per un verso distolgono dai veri obiettivi dall’altro deprimono e creano l’ansia del ricorso e della denuncia. Anche da qui si affaccia tutta la problematica sul merito. Si è spiegata perché qualche decennio addietro di questa questione nessuno parlava? Forse per il semplice fatto che la scuola marciava alquanto bene e quando ancora le università rilasciavano diplomi credibili e quando ancora la scuola pubblica dava segnali di vivacità e volontà e quando ancora molta dell’attuale fardello burocratico era lontano e quando ancora progetti Pon, Por e impegni pomeridiani di questo genere bivaccavano solo nella mente di qualche astruso pensatore e quando ancora si rimandava a settembre e le famiglie dovevano sborsare soldi per le ripetizioni estive del figliolo. Potrà sembrare strano ma il fatto che oltre al danno finanziario ci fosse pure la beffa di rovinarsi le vacanze spronava i pargoli a studiare e impegnarsi, facendo scattare una certa forma di responsabilizzazione solidaristica nei confronti della famiglia. Non le suggerisco un ritorno indietro ma una ripresa delle severità, quella che poi la vita impone selezionando e discriminando. E per questo sarebbe più produttivo a mio parere togliere alcune materie soprattutto negli Istituti tecnici e snellire i programmi per dare più possibilità ai ragazzi di sfruttare i loro hobby ma senza dare alibi al non-studio e alla neghittosità. Che si voglia o no lo studio è sacrificio, impegno, dedizione come un lavoro fatto bene: prima si capisce meglio è, per cui è doveroso dare un premio ai più bravi ma è anche educativo punire i furbi, i bulli, i ruffiani. Stesso discorso potrebbe farsi per il personale della scuola, cosicché se proprio vuole valutare anche il lavoro dei docenti deve stare molto attenta a trovare formule adeguate. Leggo che si vuole investire di questo compito le presidenze e mi starebbe pure bene; ma vorrei pure che qualche altro valuti il loro operato e che li controlli a vista dal momento che i dirigenti avrebbero pure la facoltà di licenziare. Come saprà da molti anni ormai la vecchia figura dell’ispettore (un mito è stato Giorgio Gabrielli) è pressoché scomparsa: ebbene la rievochi e metta congrui posti a concorso per questo nobile fine, ma sempre con prove severe e il più possibile oggettive. Controllare l’operato del preside e quello della scuola, l’attività dei docenti e quello della segreteria non è atto formale ma sostanziale, corretto e legittimo, evitando però che il tutto finisca come l’ultimo concorso ordinario a preside, andato avanti e conclusosi con una sanatoria immorale. Per questo le suggerisco pure di non finanziare con nessuna formula le scuole private per il semplice fatto che poi tutti i soggetti politici, culturali, etnici e religiosi possono approfittarne, creando così tante piccole oasi di istruzione e di educazione autonome dove il confronto e la pluralità vengono lasciate all’esterno e all’interno delle quali qualcuno potrebbe magari liberare, come è successo con alcune mosche in costruzione, i maiali. E non solo, ma potrebbero pure acuirsi le conflittualità ideologiche, le competizioni confessionali, le intolleranze politiche che invece all’interno della stessa scuola pubblica non hanno motivo di nascere anche se qualche bubbone talvolta esplode. E’ infatti sicura lei che i musulmani, che sono sempre più  numerosi e fanno più figli, non approfittino delle agevolazioni fiscali e dei voucher per costruirsi scuole a loro immagine e somiglianza? E poi le aggiungo, come lei saprà, che furono proprio le scuole cattoliche a richiedere esami di stato severi perché sapevano il valore del loro insegnamento cosa che oggi nessuno chiede più, anzi si preferisce la più favorevole condizione di comodo. Per questo dovrebbe rinnovare l’esame di stato esattamente com’era prima del sessantotto: tutta la commissione esterna e per tutte le materie ma rilasciando un diploma che senza più respingere dia la certificazione delle competenze raggiunte secondo parametri che dovrà negoziare (prima o dopo) con i paesi comunitari. Un voto unico non dice nulla infatti sulla effettiva preparazione del ragazzo né ha senso costringere un diciottenne a ripetere il quinto anno pur lasciandogli sempre la facoltà di farlo.
Ecco, Ministro, nelle grandi linee quello che voglio suggerirle cosa che avrei fatto anche se al suo posto ci fosse stato uno del suo contropartito, visto che le differenze programmatiche sono marginali tranne la figura del tutor e l’incombenza, tanto ferale quanto inutile, del portfolio. Sulle ripresa delle tre I, tanto care al suo partito, resteranno sulla carta se non cura la formazione iniziale e in itinere dei professori; come pure le sconsiglierei di deprimere i curricula Umanistici che sono stati l’asse portante della nostra cultura e della nostra sapienza storica; e tralascerei pure quella quota localistica e regionalistica che, mi creda, servirebbe solo a disorientare i ragazzi che hanno invece bisogno di identità nazionale e cittadinanza europea. Il mito del Po è altrettanto caro come quello di Ciane e del Tevere ma per la Nazione intera non già per un gruppo.
Nella speranza di esserle stato utile o solo quanto è sufficiente per pensarci un po’ sopra, accolga gli auguri di buon lavoro
Suo
Pasquale Almirante 






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