Quali metodi per insegnare la letteratura?
Data: Luned́, 05 maggio 2008 ore 09:13:45 CEST
Argomento: Rassegna stampa


 

Quali metodi per insegnare la letteratura?
Intervista a Giuliano Ladolfi

Insegna Letteratura italiana contemporanea all'Università degli Studi di Milano

Quali sono le caratteristiche che deve possedere un buon libro di letteratura? Quali le qualità che esso dovrebbe avere? Ne parliamo con Giuliano Ladolfi, già docente di Materie letterarie nei licei, attualmente preside del Liceo Scientifico Statale "Antonelli" di Novara, nonché direttore della rivista letteraria "Atelier".


Professor Ladolfi, guardando i manuali di letteratura italiana (del biennio e del triennio) in uso nelle scuole secondarie, quali le sembrano i metodi critici più in voga?
Il manuale di letteratura italiana è uno strumento che ogni docente deve saper utilizzare in rapporto alla situazione concreta della classe, entro la quale deve operare, e in rapporto alla personale impostazione didattica. Senza radicalizzare il problema, direi che il fulcro della questione sta nella capacità dell'insegnante, il quale deve essere consapevole nel modo di porsi di fronte ad ogni questione posta dal testo. I metodi critici più seguiti sono improntati, in genere, ad un certo eclettismo che va dallo strutturalismo alla psicanalisi, dalla contestualizzazione storico-culturale alla valutazione estetica, in accostamenti che spesso non riescono a riferirsi a un'impostazione coerente e lineare. Il motivo va ricercato nei fatto che, in genere, non si riscontra più l'applicazione di modelli critici 'forti' (idealista, marxista, strutturalista, critica linguistica pura), mentre prevale l'attenzione, tutta postmoderna, per l'ermeneutica 'locale', per il contenuto e per la contestualizzazione. (Da www.treccani.it ) M.Allo

 

Che cosa pensa del massiccio ricorso alla narratologia, soprattutto nei manuali del primo anno del biennio? Non rischia, secondo lei, di scadere in un arido tecnicismo, allontanando gli studenti da un approccio più libero e spontaneo ai testi letterari?
Personalmente sono sempre sono stato convinto che l'uso esclusivo della narratologia conduca a un arido tecnicismo e produca tedio per la lettura. Ci sono voluti decenni perché anche Cesare Segre proclamasse ufficialmente i limiti di tale impostazione. Ma i manuali e gli insegnanti non ne hanno tratto ancora le debite conseguenze: i manuali per sfruttare schemi ripetitivamente ed universalmente applicabili; i docenti perché così formati per decenni nelle aule universitarie. Una volta rintracciato lo schema e applicato ad un gruppo di testi, il gioco diventa ripetitivo. Con questo non nego affatto la necessità di un approccio di tal genere: aiuta, ma non basta. Del resto, l'applicazione della narratologia ha già prodotto un risultato evidente: l'appiattimento di tutti i testi letterari su medesime analisi con la conseguenza che gli studenti non riescono né possono percepire la differenza tra scrittore e scrittore, tra epoca ed epoca, tra civiltà e civiltà. Non c'è dubbio che l'insegnante debba coltivare la passione letteraria dei suoi studenti e proprio dal loro amore per la lettura si misura la passione che egli sa instillare in loro. Ma gli studenti si appassionano quando trovano nei libri rappresentata l'umanità e i suoi problemi.

Quali correttivi apporterebbe ai manuali in uso?
Come impostazione generale, un buon manuale dovrebbe favorire l'acquisizione progressiva degli strumenti teorici e la percezione della loro complessità, senza separare gli elementi formali da quelli contenutistici, per aiutare gli alunni a raggiungere la consapevolezza che ogni scelta stilistica è funzionale all'espressione tematica. Per conseguire tale obiettivo occorre partire da un'impostazione critica 'forte', che conferisca unità e coerenza all'intero percorso sia tematico nelle antologie del biennio sia storico nelle letterature del triennio. Si rendono, pertanto, indispensabili sintesi efficaci nella parte teorica, di carattere interdisciplinare, che aiutino lo studente ad entrare nel fenomeno letterario come attraverso una porta privilegiata per comprendere un periodo storico, ossia un modo originale con il quale gli uomini nel percorso storico hanno interpretato l'esistenza, il mondo, l'uomo e i suoi problemi. Questo lavoro va affiancato da un'idonea scelta testuale, nella quale calare le operazioni didattiche di carattere filologico ed ermeneutico, senza dispersione nella trattazione di questioni specialistiche. Aggiungerei ad ogni capitolo una scelta di letture critiche coerenti e contestualizzate e una bibliografia ragionata.

Quali dovrebbero essere a suo parere le caratteristiche di un buon manuale di letteratura, se non del manuale 'perfetto'?
Il manuale 'perfetto' non esiste, ma neppure può esistere, perché il suo valore dipende dall'uso che ne fa il docente. Tuttavia si possono indicare alcune caratteristiche generali. Dovrebbe essere:
- chiaro nel linguaggio: pur mirando alla proprietà stilistica, mai deve indulgere al tecnicismo;
- coerente con l'impostazione generale: la trattazione delle diverse problematiche deve seguire un disegno critico ravvisabile;
- critico nella trattazione dei problemi: la posizione scelta dal compilatore non deve escludere, anzi deve entrare in dialogo, con altre interpretazioni;
- essenziale: non deve smarrirsi in questioni specialistiche di secondaria importanza che fanno perdere il senso generale del discorso;
- coraggioso nelle scelte, soprattutto in alcune parti, per esempio nella letteratura delle origini, nella trattazione dei 'minori', ecc.;
- originale e pertinente nella selezione dei testi: la quasi totalità dei libri presenta le stesse composizioni di Montale, Ungaretti, Saba, Quasimodo; se diverse sono le impostazioni critiche, diverse saranno anche le scelte antologiche;
- interdisciplinare, concetto che implica una sintesi concettuale e non l'affastellamento di studi di discipline diverse;
- completo con trattazione fino alla contemporaneità.

Un grosso problema nei manuali del triennio riguarda appunto la letteratura (e soprattutto la poesia) del secondo Novecento, che spesso nell'ultimo anno di scuola, incalzati dalle incombenze relative all'esame di stato, non si riesce a trattare. Che cosa bisognerebbe fare in questa direzione?
Mi è capitato troppo frequentemente di constatare come nel triennio delle scuole superiori la trattazione della letteratura giunga a Pirandello, all'Ungaretti di Allegria , al Montale di Ossi di seppia . Da anni continuo ripetere che dopo questi autori non è stata interrotta la produzione della poesia, del teatro e della narrativa. Ma molti insegnanti non se ne sono accorti. Trattare il Novecento non significa perdersi tra un'infinità di autori, cui dedicare una fugace etichetta, comporta invece una vera e propria scelta, anche coraggiosa, senza timore di sbagliare. Non dimentichiamo che la critica militante ha da tempo avanzato proposte per un canone.
V. anche Roberto Carnero, Dieci libri per cinquant'anni .
Non mancano gli strumenti critici con i quali approfondire poesia e narrativa e neppure visioni generali. Gli insegnanti, però, devono aggiornarsi. Ma il panorama si presenta assai diversificato: accanto a chi non conosce affatto il Novecento ho incontrato ottimi insegnanti che hanno seguito passo per passo l'evolversi della letteratura italiana e mondiale, dotati di una cultura veramente straordinaria, i quali con strumenti propri e con passione conducono gli allievi alle soglie della contemporaneità, il vero obiettivo di ogni disciplina di carattere storico. Se occorre compiere delle scelte, è assolutamente preferibile sacrificare Jacopone da Todi, Guittone d'Arezzo, Guido Cavalcanti, Vittorio Alfieri, per non parlare del petrarchismo cinquecentesco o del secondo romaticismo, e lasciare spazio, in poesia, a Mario Luzi, a Vittorio Sereni, a Giorgio Caproni, e, in prosa, a Italo Calvino, a Beppe Fenoglio, Carlo Emilio Gadda. Chi esce da una scuola superiore, deve possedere gli strumenti per estendere l'apprendimento personale per tutta la vita; pertanto è indispensabile condurlo alla soglia dell'autonomo apprendimento letterario. Non ci si può solo lamentare che non si legge la produzione contemporanea, quando non si dotano gli studenti degli strumenti necessari per comprenderla.

Come raggiungere questo obiettivo?
I manuali devono cambiare la scansione dei programmi ministeriali del triennio e procedere di pari passo con la trattazione della storia, secondo anche le indicazioni dei programmi Brocca. La trattazione della letteratura delle origini deve giungere nella classe terza a metà del Cinquecento. Se per motivi didattici risulta arduo, nulla vieta di anticipare, sempre in concomitanza con lo studio della storia, la parte della nascita della letteratura in volgare fino allo stilnovo nell'ultima parte del secondo anno. In quarta si dovrebbe concludere la parte del romanticismo, Manzoni e Leopardi compresi, e dedicare la quinta a metà Ottocento, partendo dal Naturalismo-Verismo, per giungere fino al Duemila.







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