QUAL E' L'ETIMOLOGIA DELLA PAROLA ''GRULLO''?
Data: Mercoledì, 30 aprile 2008 ore 00:05:00 CEST
Argomento: Rassegna stampa


Per ciò che concerne il significato di grullo occorre in primo luogo notare come, trattandosi di un termine usato come epiteto sia piuttosto difficile definire i contorni precisi del valore semantico; è possibile però individuare due nuclei principali di significato: ‘che, chi è tardo di mente, stupido, semplicione’ e ‘istupidito, rimbambito, stordito, specialmente per condizioni fisiche non buone’ (cito qui le definizioni del GRADIT). Nel primo valore come sostantivo è attestato in lingua secondo il GDLI già nel XVI secolo da Pietro Aretino mentre le attestazioni come aggettivo risalgono all’Ottocento (Francesco Domenico Guerrazzi, Giuseppe Giusti, Luigi Carlo Farini); la seconda accezione risale all’inizio del XVII secolo in Michelangelo Buonarroti il Giovane; sempre nel XVII secolo le prime attestazioni dell’uso ripetuto grullo grullo, che pare esclusivo di  questo particolare valore,  nel Malmantile di Lorenzo Lippi e nelle Rime giocose di Piero Salvetti, entrambi fiorentini. La voce sembra aver conosciuto una stagione favorevole in letteratura per tutto il XIX e l’inizio del XX secolo, tanto che GDLI, nelle varie accezioni, ne registra l’uso in autori toscani, ma anche del nord e del sud della penisola: da Svevo a Verga, da Oriani alla Deledda, da Bacchelli a Borgese.

Entrambi i significati sono tuttora presenti nei dizionari di lingua, ma il secondo appare in regresso dal momento che è glossato come di basso uso in GRADIT e non comune in PALAZZI-FOLENA; in ZINGARELLI 2004 è marcato come toscano e il Dizionario della lingua e della civiltà italiana contemporanea di Emidio De Felice e Aldo Duro già nel 1974  annota: “la voce, e i suoi derivati, sono comuni spec[ialmente] nel secondo sign[ificato] solo nell’uso fam[iliare] toscano”. Fra i vocabolari contemporanei soltanto il Devoto-Oli, ancora nell’edizione 2008, mette i due valori sullo stesso piano, come fanno i dizionari ottocenteschi dal Vocabolario italiano della lingua parlata di Giuseppe Rigutini e Pietro Fanfani (Firenze 1875), al Nòvo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze, (Firenze, Cellini, 1870-1897), che però li definisce entrambi propri dell’uso familiare, e così anche il Novo dizionario universale della lingua italiana, di Policarpo Petrocchi (Milano, Fratelli Treves, 1891). Il DISC (Dizionario Italiano Sabatini Coletti) di Francesco Sabatini e Vittorio Coletti fino dal 1997 riporta soltanto il primo significato.

Per ciò che riguarda invece l’uso del termine in Toscana abbiamo la possibilità di consultare in rete il corpus dell’Atlante Lessicale Toscano (ALT-Web) che raccoglie i dati relativi a inchieste dialettologiche svolte sul territorio regionale dal 1974 al 1986. Fra le domande sottoposte a parlanti toscani c’è anche la verifica del significato di grullo (domanda 434a del questionario); il valore riconducibile a ‘stupido’ è attestato in tutto il territorio regionale, anche se è dato come non tradizionale in Lunigiana, che si conferma anche in questo caso area linguisticamente non toscana; nel significato ‘che non sta bene, debole’ o anche ‘avvilito moralmente, triste’ è invece molto meno diffuso ed appare in località situate lungo la costa e in area senese (si tratta comunque di centri di dimensioni piuttosto ridotte e scarsamente urbanizzati) o nell’arco appenninico o ancora sulle pendici dell’Amiata. In questa seconda accezione nelle stesse aree, viene riferito anche ad animali ed in particolare a polli e pulcini.

Analogo riferimento agli animali è registrato da Petrocchi, che riporta esempi riferiti a un cane e a un canarino, da GDLI che registra l’uso di Francesco Redi in riferimento a un cane, e dal DELI (Dizionario etimologico della lingua italiana di Manlio Cortelazzo e Paolo Zolli, 1980) che lo attesta nelle Note al Malmantile (1688) riferito ad un uccello, e successivamente solo in Vincenzo Padula (cosentino 1819-1893) riferito a asini e in Palazzeschi alle pecore. Probabilmente si tratta dell’accezione più antica e poiché in alcuni casi nelle citate inchieste dell’Atlante Lessicale Toscano, si fa riferimento all’incapacità di reggersi in piedi, al vacillare dell’animale in questione, queste testimonianze possono forse rivelarsi utili alla ricostruzione dell’etimologia della voce, che è molto controversa. Una sintesi delle ipotesi finora presentate si può trovare in DELI, - al quale si rimanda -, sintesi che si  conclude con la citazione delle parole che Gerhard Rohlfs scriveva a proposito di grullo e voci connesse nel suo La terminologia pastorale di Bova (Calabria) (“Revue de Linguistique romane”, II 1926, p. 280): "bisogna ricordare che la spiegazione etimologica delle parole indicanti l'idea di 'stupido' è delle più difficili in quanto spesso si tratta di una creazione nuova in base di una voce onomatopeica od almeno di un incrocio avutosi sotto l'influenza di una parola onomatopeica che oggi soltanto colle più grandi difficoltà si può ricostruire nei suoi particolari".
A cura di Matilde Paoli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca






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